Morto Cartoccio, direttore della Biennale di Angelo Dragone

Morto Cartoccio, direttore della Biennale STRONCATO DA UN INFARTO DURANTE UN VIAGGIO IN BRASILE Morto Cartoccio, direttore della Biennale Aveva settantanni - Pugliese vissuto a Torino, critico d'arte dal 1934, nel '79 era stato chiamato a dirìgere il settore Arti visive della grande esposizione internazionale veneziana SAN PAOLO — Il professor Luigi Carluccio, critico d'arte, direttore della sezione Arti figurative della Biennale di Venezia, è morto d'infarto ieri a San Paolo. Aveva 70 anni. Secondo i medici il decesso è avvenuto all'alba. Il collasso ca;diaco ha sorpreso Carluccio nel sonno. Alloggiava all'albergo «Ca d'Oro-. Era giunto nella città brasiliana la settimana scorsa, ospite del prof. Walter Zanini, presidente della Biennale di San Paolo, per assistere alla cerimonia di chiusura di questa manifestazione. Carluccio aveva in programma una serie di conferenze su temi legati all'arte e aveva previsto il rientro in Italia per la prossima settimana. Il console generale d'Italia, Carlo Calia, ha avvertito i familiari di Carluccio, a Torino. dorè il critico risiedeva. Dopo gli accertamenti delle autorità mediche legali, le spoglie saranno trasferite in Italia. L'improvvisa scomparsa di Luigi Carluccio priva la cultura artistica di una delle figure di maggior spicco anche per il ruolo di protagonista ultimamente assunto in campo internazionale con l'incarico, due anni fa. di direttore del Settore Arti Figurative della Biennale di Venezia. Nato nel 1911 a Calmiera di Lecce, figlio di un insegnante che. vincitore di concorso, aveva dovuto trasferirsi a Torino. Carluccio aveva iniziato a interessarsi d'arte, come egli stesso amava ricordare, «in tempi eroici-. Compiuti gli studi classici, s'era laureato in Lettere, relatrice Anna Maria Brizio. discutendo una tesi su La decorazione dell'età barocca a Lecce, scelta in omaggio alla propria terra natale. Fin dal '28, diciassettenne, era stato tuttavia attirato dalle prime mostre d'arte moderna allora organizzate dalla Galleria Codebò di via Po: e serbava il ricordo delle mostre dei -Sei- alla Galleria Guglielmi di Piazza Castello, di Venturi .e dell'umoroso Spazzapan da poco giunto a Torino dall'Istria. Erano gli anni in cui Carluccio vagheggiava come un traguardo l'a¬ vere a disposizione una galleria d'arte e il poter scrivere di quegli argomenti verso i quali si sentiva portato. Scrisse le sue prime note d'arte nel '34 suW'Aiwenire d'Italia, uno dei pochi fogli non di regime, di cui con Rodolfo Arata curava la pagina torinese. E si trovò naturalmente dalla parte di Arturo Martini, con i più aperti ambienti culturali torinesi, nella polemica sorta in quegli anni per il monumento al Duca d'Aosta. In quello stesso periodo con Renzo Guasco. Luigi Barale. Raul D'Alberto e Mario Olivetti aveva anche fondato la rivista Arte Cattolica di cui era stato redattore. Erano però tempi difficili per un giovane, ben presto chiamato alle armi e sbalestrato da un fronte all'altro: in Abissinia. nel 1935-36. poi in Albania (1940-41) e in Russia, sul fronte del Don (1942-43) per trovarsi infine ..internato» in vari lager tedeschi, sicché fu nel eampo di concentramento di Witzendorf che curò la sua prima mostra d'arte, esponendovi disegni di un gruppo di italiani internati dì guerra, come Negri e Pancaldi. con i quali anche più tardi rimase particolarmente legato, e tanti altri da Camilli e Novelle a Guareschi. Rientrato a Torino, nel do¬ poguerra divenne critico d'arte, prima del Popolo Nuoi>o. poi alla Gazzetta de! Popolo, e contemporaneamente direttore artistico della Galleria La nuova Bussola» che tenne dal 1947 al 1955. «La Bussola, ricordò egli stesso con autentico senso di orgoglio in un'intervista ad Umberto Allemandi per Bolaffi-Arte, dopo essere stato chiamato alla Biennale veneziana, presa in stalo fallimentare diventò, in due anni, una galleria che a Parigi era conosciuta come una delle poche italiane, per non dire la sola, che interessasse veramente-. Dopo essere stato all'opposizione nei confronti del "Premio Torino» organizzato nel '47 per iniziativa di Spazzapan fiancheggiato dai più giovani Mastroianni ed Ettore Sott-Sass jr.. attraverso la gestione culturale della Bussola fin dal 1948-49. Carluccio aveva organizzato le due edizioni del Premio Saint-Vincent di Arti figurative, per curare poco dopo, dal 1951 al '62, le sei edizioni di Francia-Italia, affiancato da Vittorio Viale. Mario Becchis (che ne aveva avuto l'idea) e da Jacques Lassaigne. Attento agli sviluppi della cultura internazionale, era stato tempestivo nel presentare — spesso per primo in Italia — alla galleria • Galatea». che Mario Tazzoli aveva nel frattempo aperto a Torino, alcuni dei maggiori artisti della seconda metà del secolo, da Bacon a Giacometti. contribuendo anche alle grandi rassegne che sotto la direzione di Vittorio Viale si tennero nella nuova Galleria d'arte moderna di Torino. In questa stessa sede, fu ancora Carluccio a realizzare le prime memorabili manifestazioni patrocinate dall'Associazione Amici torinesi dell'Arte contemporanea: Le Muse inquietanti (1967). /( sacro e il profano nell'arte dei Simbolisti (1969). Il Cavaliere azzurro (1971). e nel '73 Combattimento per un'immagine attuata con la collaborazione di Daniela Palazzoli. Non meno attento fu però nei riguardi dei più significativi artisti torinesi, come Casorati e Spazzapan. di cui curò le mostre antologiche per la Galleria civica d'arte moderna e le monografie edite dalla Teca, ma non mancò di appoggiare i giovani. I suoi interessi lo portavano tuttavia a occuparsi con più penetrante spirito critico, non alieno talora da un senso di commossa partecipazione, dell'arte di alcuni spiriti solitari come Giacometti e Licini. sui quali ha lasciato pagine tra le più belle. Dotalo d'una forte personalità, non alieno da un certo gusto per la polemica, ebbe rapporti non sempre dei più facili con la stessa città in cui operava soprattutto dopo l'immatura scomparsa del figlio Neri, quando aggiunse qualche nota più aspra al suo comportamento. Ultimamente era critico del Giornale Nuoro e teneva una rubrica fotografica sul settimanale Panorama. L'alto incarico cui era stato chiamato alla Biennale nel '79 gli aveva offerto infine l'occasione per rituffarsi con l'impegno più appassionato nel lavoro ch'era stato la sua vocazione. E' caduto cosi, come se ancora una volta si fosse trovato in prima linea: a San Paolo, mentre stava per raggiungere New York e far quindi ritorno a Venezia, dove preparava quella che avrebbe dovuto essere la sua ultima -Biennale». Angelo Dragone diii ll di iti d'