Biografia di Franco Campa di Stefano Reggiani

Biografia di Franco Campa Fantacronache Biografia di Franco Campa L'onda delle biografie si gonfia in modo gigantesco, ormai è una mareggiata che batte la spiaggia dell'editoria. Non importa chi sìa, purché sia biografia. Italiani illustri e italiani dimenticati, attori e condottieri, nobildonne e letterati, musicisti e ballerini emergono da studi approfonditi negli archivi o più spesso da sapidi montaggi di ritagli. Perché escludere da questa benefica euforia la biografia di Franco Campa? Da un'attenta valutazione delle fonti, risulta l'importanza di Franco Campa tra gli italiani universalmente sconosciuti. Franco Campa nacque sesto di sette fratelli in un villaggio dell'entroterra savonese nel 1902. In casa sua mancava la corrente elettrica. «Si può dire che non venne alla luce, ma al buio», dichiarò la sua mamma nel 1950 a Oggi durante un'inchiesta sulle vecchie mamme nubili. Ma crebbe tuttavia robusto e imparò dalla maestra Rubini a leggere e ad amare D'Annunzio nella poesia «Settembre andiamo è tempo di migrare». Confidò nel 1956 la figlia della Rubini a Gente durante l'inchiesta sull'eredità spirituale delle vecchie maestre di campagna: «Ricordo che Franco Campa frequentava la nostra casa e passava intere giornate a sfogliare la collezione Ji7;'lllustrazione italiana. Già allora era di poche parole e a me, bambina, che lo stuzzicavo disse che o si legge o si bada alle donne, ma che era meglio leggere. Non si occupò di politica, invitato a commentare il discorso di Pascoli sulla grande proletaria che s'è mossa non volle aprir bocca né si immischiò nei preparativi della grande guerra». Racconta la signora Isabella Putra di Imperia in una lettera a Grazia: «Nel 1920 Franco Campa amoreggiava con me, ma era molto discreto, rientrava presto la sera e una volta che mi vide a braccetto con uno squadrista si rabbuiò e non mi rivolse la parola per alcuni giorni. Gli chiesi se era per antifascismo, ma lui disse che era per gelosia. Dopo il 22 non l'ho più rivisto». Dell'attività di Franco Campa all'ufficio pesi e misure di Porto Maurizio (che poi si sarebbe fuso con One- glia) restano solo i ricordi dell'amico Tonino Crescimbeni raccolti nelle annate 1934-36 della Voce del bocciqfilo: «Franco si comportò sempre in modo corretto e non era facile in quegli anni. Mai una parolaccia, mai una bestemmia, anche se la signorina Previdi dell'Ente massaie rurali una volta lo udì affermare che il Concordato era stato da parte della Chiesa un gesto avventato». D'altra parte su Famiglia Cristiana del 1962 nella serie «Com'erano verdi le nostre vallate» don Vincenzo Mussa scrive: «Sul rigore morale di Franco Campa non ci sono dubbi. Rimasto ferito sul confine francese agli inizi della guerra tornò a casa e non si occupò più degli avvenimenti cercando conforto nei colloqui con monsignor Vespignani allora in convalescenza a Diano Marina. Dopo la guerra seppe dimostrare con molta discrezione la sua simpatia per la Resistenza e per la cultura antifascista. Si sa benissimo che possedeva l'opera completa di Beppe Fenoglio, un autore che sentiva particolarmente congeniale». Nelle dispense sulla Storia d'Italia dell'editore Curcio si fa esplicito riferimento a Franco quando si parla di quegli italiani che «tacendo seppero parlare con le opere e la solidarietà». Richiesto nel 1956 di iscriversi alla democrazia cristiana di Sanremo (dove frattanto s'era trasferito come impiegato al casinò) Franco Campa rifiutò con gentilez¬ za, senza strascichi di risentimento. C'è ancora nella sua biblioteca un volume di ricordi su De Gasperi, scritto dalla figlia Maria Romana e pubblicato da Mondadori, in cui campeggia una dedica affettuosa della figlia dello statista: «A Franco Campa che restando nell'ombra dà forza a chi combatte nella luce». Nel '68 Franco Campa è impiegato fuori ruolo all'università di Torino. Non ci sono testimonianze dirette di quel periodo, salvo la dichiarazione di un leader storico degli studenti al registratore, fatta anni dopo: «Una volta che gli chiedemmo un parere sulla contestazione Franco si strinse nelle spalle in un modo mollo allusivo». Negli Anni Settanta Franco Campa fu a Milano come consulente in pensione dell'agenzia turistica Alpitour. Sulla rivista Gente viaggi del 1977 c'è una testimonianza su di lui di Vera Marcus, addetta alle pubbliche relazioni del Club de la Mediterranée: «Franco Campa era un signore distintissimo, fu lui a suggerire l'uso di bottoni ol posto di soldi nelle sedi del club. Ma parlava assai poco». Quasi ottantenne Franco Campa disse che sarebbe partito per un viaggio in Francia e da allora non s'è più visto. Secondo un esperto, Ugo Veltrone, su Vela e motori. Franco Campa sarebbe finito in mare con la discrezione di sempre (vedi articolo: «Il surf nella terza età»). Ma secondo una dichiarazione orale di Paolo De Vianis borsista a Pisa, il Campa sarebbe entrato nella clandestinità, il più vecchio clandestino d'Italia, per protesta contro il sistema pensionistico. Ma questa ipotesi urterebbe con l'assoluta dirittura morale del Campa, anche se non contrasterebbe con la sua innata discrezione. Comunque il Comune di Savona, contro l'opinione della maggioranza consiliare, avrebbe deciso di porre sulla casa natale del Nostro, prima che venga demolita per far posto a un villaggio turistico, questa targa: «A Franco Campa, cittadino esemplare, il Comune di Savona, lui sa perchè». »»»»^»»bK^^^* di Stefano Reggiani