«I militari uccidono l'Argentina»

«I militari uccidono l'Argentina» Parla un giornalista di Buenos Aires, «scomparso» per tre anni e ora emigrato in Israele «I militari uccidono l'Argentina» «Durante la mia prigionia — racconta Jacob Timerman — avevo tre tentazioni: il suicidio, la follia e la degradazione» - «Mi ha salvato il pensiero che il mondo nel quale credevo era più forte di quello dei miei aguzzini» - «Il Paese è una colonia economica dell'Unione Sovietica» - «L'industria nazionale è stata distrutta» NOSTRO SERVIZIO PARTICOLARE PARIGI — Da quando l'Argentina è retta da un regime militare, sono «scomparsi» un centinaio di giornalisti. Per quasi tre anni, 30 mesi per l'esattezza, è scomparso anche Jacob Timerman, 58 anni, ex direttore del quotidiano La Opinion, uno dei migliori giornali, un tempo, dell'America Latina; riapparso nell'ottobre del 1979, è stato espulso dal suo Paese e privato della cittadinanza argentina. Emigrato in Israele, ha raccontato in un libro le sofferenze inflittegli dai suoi torturatori. Le sue memorie di .scomparso» sono una testimonianza lucida e commovente sull'inferno clandestino nel quale le dittature sudamericane gettano i loro oppositori. «Avevo tre tentazioni — dice Timerman, di passaggio a Parigi —: il suicidio, la follia o la degradazione. Vale a dire la complicità con i miei torturatori. Mi ha salvato il pensiero che il mondo nel quale credevo era più forte di quello dei miei aguzzini. Non potevo ammettere che la condizione umana fosse la criminalità, e tuttavia, è un fatto: in certe condizioni l'uomo è un criminale'. — Che cosa pensa delle reazioni internazionali alle «scomparse» in America Latina? «Mi stupisco che l'Argentina faccia ancora parte della comunità civile. I governi di tutto il mondo hanno accettato con troppa facilità le spiegazioni date dal governo argentino sulla repressione. Oppure non hanno chiesto nessuna spiegazione. La tendenza generale dei governi è quella di sentirsi soddisfatti da risposte vaghe, a proposito di fatti molto concreti. Quello di Buenos Aires si è giustificato dicendo che la "sporca guerra" che combatte è stata imposta dai terroristi, come Sta- Un giustificava il massacro dei contadini con il fatto che l'Unione Sovietica era accerchiata». — E come spiega che le reazioni siano state tanto tardive, mentre sono state immediate contro il regime di Pinochet? «Perché i partiti comunisti non erano coinvolti in Argentina come invece erano in Cile. L'Argentina è una colonia economica dell'Unione Sovietica. Il 60 per cento della valuta arriva dal blocco comunista. L'Urss si è servita con molta intelligenza di una situazione del genere. All'inizio non ha chiesto niente, poi ha sollecitato una propria partecipazione alla costruzione delle centrali idroelettriche: prima vendendo le turbine, poi impegnandosi nell'intera costruzione. Infine ha proposto lo scambio di missioni diplomatiche. Oggi invia uranio arricchito alle centrali nucleari argentine. Con gli Stati Uniti le relazioni sono diverse. Si fondano soprattutto sui prestiti concessi dagli americani. Pensiamo ai voti argentini all'Onu: nell'80 per cento dei casi sono ostili agli Stati Uniti. Il governo militare fa molte dichiarazioni anticomuniste, ma non ci sono prove del suo anticomunismo. Quando l'Afghanistan fu invaso, e nonostante il boicottaggio deciso da Carter, il Paese ha aumentato le vendite di grano ai sovietici. L'Argentina è il Paese latino-americano, dopo Cuba, che ha le migliori relazioni con Mosca. Guardiamo l'elenco dei martiri del pc argentino: non sono stati uccisi perché comunisti, ma perché erano difensori di prigionieri politici o appartenevano a un'organizzazione e , a i per la difesa dei diritti umani». — Sembra che oggi gli argentini abbiano preso coscienza degli orrori della repressione. «Ne hanno preso coscienza perché sono in piena crisi economica. Qual è stata la politica economica seguita dalla giunta? Quella di Martinez de Hoz, ex membro del consiglio di amministrazione della Chase Manhattan Bank di New York. Si sono aperte le porte ai prodotti stranieri per obbligare l'industria argentina a entrare nel gioco della concorrenza internazionale. Poiché questi prodotti erano meno cari di quelli argentini, hanno inondato il mercato. Il Paese ha dovuto ricorrere a crediti intemazionali per fi¬ nanziare i propri consumi. Risultato: l'industria nazionale è stata distrutta e il debito estero è oggi di 25 miliardi di dollari. Questo debito è all'80 ■per cento con privati e soprattutto con la Chase Manhattan Bank». — Qualunque sia la situazione in cui si trova un Paese, non è sempre un errore affidarsi ai militari? «I militari hanno distrutto l'Argentina, hanno provocato un caos più grande di quello che c'era al tempo di Isabelita Perón. Comincia sempre allo stesso modo: l'esercito si dice preoccupato per le divisioni dei partiti, poi lo turba l'insicurezza delle strade di notte, poi la povertà dei bambini e il loro accattonaggio. Dove non ci sono nemici stranieri, ha bisogno di trovare nemici interni. La soluzione sarebbe una cura d'austerità e il ritorno dei militari nelle caserme. Ma gli argentini non sono pronti ad affrontare l'austerità. Come dice Borges, sono incapaci di essere dei cittadini». — Nel suo libro, lei dice di essere stato perseguitato perché ebreo. La repressione in Argentina ha un carattere antisemita? «Su trentamila scomparsi, la metà dei quali sono ricomparsi cadaveri, ci sono quasi mille e duecento ebrei. Le vittime cattoliche sono molto più numerose. Non è un problema di numero, ma di discriminazione. — Lei mette sotto accusa il silenzio delle comunità ebraiche non solo argentine, ma di tutto il mondo... «La comunità ebraica argentina ha avuto paura e continua ad averne. L'indispone che un ebreo come me si pronunci contro il regime argentino. Mi si fa notare alle volte che l'antisemitismo è più violento in Francia, dove ci sono stati attentati contro gli ebrei. Secondo me il pericolo non è costituito dalla quantità di bombe, ma dalla quantità di silenzio. L'antisemitismo in Argentina si misura con il silenzio degli ebrei argentini. L'olocausto non è cominciato a Auschwitz, ma quando i dirigenti ebrei tedeschi hanno detto di tacere perché Hitler non sarebbe durato. L'errore è credere che si possa sopravvivere pacificamente all'antisemitismo. Come non notare che i dirigenti della comunità ebraica americana sono venuti tutti a Parigi dopo l'attentato di Rue Copernic, ma non sono mai andati in Argentina? E che Begin ha fatto una dichiarazione su Rue Copernic ma non ha detto nulla sugli ebrei argentini?». Intervista a cura di Charles Vanhecke Copyright ni a- Monde» e per l'Italia •! a Stampai) Buenos Aires. Un posto di blocco alla periferia della capitale argentina alla ricerca di armi nascoste dai «ribelli» (Grazia Neri)

Persone citate: Begin, Borges, Charles Vanhecke, Grazia Neri, Hitler, Jacob Timerman, Martinez, Pinochet, Timerman