Taccuino di Vittorio Gorresio di Vittorio Gorresio

Taccuino di Vittorio Gorresio Taccuino di Vittorio Gorresio Il tetto che scotta La gatta sul tetto che scotta è il titolo di una piacevole commedia che ebbe molto successo anni fa: ora, con qualche trasposizione, si potrebbe definire l'attualità politica come quella di un governo ridotto sotto il tetto che scotta. Il tetto — come non è difficile immaginare — è quello dei 50 mila miliardi di disavanzo entro i quali Spadolini si è impegnato a contenere per l'anno prossimo il deficit statale, e chi dovesse eccepire che comunque si tratta di una cifra non da poco, e quindi da non andarne soddisfatti e tanto meno orgogliosi, è invitato a considerare che se Spadolini riuscisse a stare sotto il tetto, la sua sarebbe già una bella vittoria, visti gli assalti che da ogni parte gli si muovono contro e lo hanno costretto a barricarsi in difensiva, a intanarsi in trincea. Ci sono i comunisti che si oppongono alla ventilata riduzione di certe spese da parte degli enti locali: ed è un atteggiamento non improprio, dato che i comunisti sono all'opposizione e fanno quindi il loro mestiere, che è appunto quello di mettere il governo alle corde, o nell'imbarazzo, o in difficoltà. Pare comunque (sono notizie del primo momento e pertanto in attesa di conferma o smentita) che a questo attacco dei comunisti il tetto che scotta potrà resistere, non sarà sfondato, grazie ad un fuoco di controbatteria che respingerà un emendamento dopo l'altro. Ma non per questo i perìcoli cessano, e se ne è avuta la dimostrazione nella seduta a Montecitorio di venerdì scorso 3 dicembre. E' stata una seduta che avrebbe meritato più risalto nelle cronache parlamentari, ma ormai purtroppo i nostri migliori resocontisti sono condannati al mestiere dei cronisti sportivi che riferiscono le zuffe, i drammi, gli incidenti sul terreno degli stadi dove la domenica (faccio per dire) si «gioca» al calcio. Che gioco e gioco: ci si picchia, e l'esempio è stato assunto a modello da alcuni legislatori di certi partiti, sicché siamo al momento di dover prendere in seria considerazione l'opportunità di sostituire alla presidenza della Camera l'onorevole Nilde Jotti con l'onorevole Concetto Lo Bello, arbitro di calcio sperimentato «in competizioni ad alto livello olimpico, mondiale, intercontinentale, europeo e nazionale», come si legge nelle sue note autobiografiche pubblicate dalla benemerita Editrice «La Navicella». Insomma, ricco di quelle professionalità che è diventato d'uso in- vocare sempre tanto, a me Lo Bello presidente della Camera appare veramente come dicono gli inglesi maestri dello sport «the righi man in the righi place», e cioè l'uomo giusto al posto giusto. Ma questa è solo una parentesi di spiegazione del fatto che in questi giorni il Parlamento ha fatto notizia solo in quanto vi hanno avuto luogo manifestazioni, come dire, agonistiche: pugilato, lotta libera, salto in alto, lancio del peso (libri mirati al volto dell'onorevole Jotti una prima volta, e una seconda alla faccia dell'onorevole Aglietta). Io però farei male il mio mestiere di osservatore politico se trascurassi di annotare che cosa d'altro, e di più politico, c'è sotto a queste effervescenze tifoidee che riducono i nostri legislatori a un livello che definire indecoroso è certamente dire poco. Tuttavia non mi sento tanto qualunquista da immaginare che gli eletti dal popolo concepiscano la loro funzione come uno spettacolo da offrire al pubblico per catturare i suoi voti, a favore per esempio dei più bravi nel salto dei banchi (un primato che sarà difficile togliere all'onorevole Roberto Cicciomessere). Io sono certo che tutto questo è solamente una diversione dal vero problema di fondo: ci si picchia a Montecitorio perché si vuol creare una situazione politica non più sostenibile per il governo Spadolini, e quindi costringerlo alle dimissioni, e quindi aprire una crisi che potrebbe non avere altra via d'uscita se non quella di un nuovo scioglimento anticipato del Parlamento. Che bella festa, che bella pensata: altro che P2. E' quanto di meglio si possa concepire ai fini della destabilizzazione del vigente sistema parlamentare. A questo punto non c'è più golpe che interessi; sarebbe del tutto superfluo. Lasciando perciò da parte le prestazioni ginnico-sportive di Montecitorio.c'è da ricordare che giovedì 3 dicembre il governo si è salvato di misura per uno scarto di soli 5 punti (238 sì e 233 no) nella votazione di fiducia a proposito degli stanziamenti per combattere la fame nel mondo. C'era una mozione dei radicali di dedicare, grande battaglia umanitaria, lo 0,70 per cento del reddito nazionale lordo: e questo avrebbe fatto saltare il famoso tetto che scotta per circa duemila miliardi. E' una cifra che può anche essere considerata modesta, contabilmente parlando, dato che siamo abituati a giocare con i miliardi come con le palle di neve che i bambini festosi si lanciano in faccia: ma questa volta non è soltanto un dato da registrare contabilmente. Come ho già detto per i comunisti, anche da parte dei radicali non mi stupisce che sia stato mosso un attacco al famoso tetto che scotta dei SO mila miliardi di disavanzo in bilancio. I radicali sono all'opposizione di tutto e non mi posso quindi stupire che siano pure, fra l'altro, oppositori di Spadolini. Ma alla mozione radicale avevano aderito anche politici di ben diversa estrazione e collocazione: il segretario del partito socialdemocratico Pietro Longo, tre vicesegretari di partiti della maggioranza come Ciriaco De Mita (de), Claudio Martelli (psi), Alfredo Biondi (pli) oltre ad alcuni altri eminentissimi dai nomi risonanti di Antonio Gava, Giulio Andreotti, Filippo M. Pandolfi; e certo alcuni ne ho dimenticati. Sono preso dal dubbio se tutte queste persone si sentissero mordere la coscienza dallo scrupolo che noi italiani facciamo troppo poco per lenire la fame nel Terzo Mondo, o non piuttosto avessero trovato l'occasione per tirare a palle, non di neve, ma infuocate, contro il governo Spa-* dolini. Tutto sommato, propendo per la seconda ipotesi; altrimenti, le autorevoli persone che ho nominato avrebbero piuttosto preteso di sapere come mai sia avvenuto che quintali di formaggio destinati come soccorso gratuito alle popolazioni terremotate del sud d'Italia siano attualmente messe in vendita nel Pakistan a 22 dollari al chilo, e cioè fra le 11 e le 13 mila lire. Dato che questo non è il modo migliore per combattere il flagello della fame nel mondo, mi aspetterei che i radicali si muovessero in difesa tanto dei pakistani quanto degli irpini, e sono certo che Spadolini li appoggerebbe del suo meglio.

Luoghi citati: Italia, Pakistan