Il governo chiude il caso Sir Gli impianti di Rovelli all'Eni di Stefano Lepri
Il governo chiude il caso Sir Gli impianti di Rovelli all'Eni Per decisione prima del Cipi e poi del Consiglio dei ministri Il governo chiude il caso Sir Gli impianti di Rovelli all'Eni All'ente di Stato dovrebbero anche andare i due stabilimenti della Montedison a Brìndisi e a Priolo, ma soltanto dopo «una valutazione economica» come ha chiesto e ottenuto il ministro del Bilancio La Malfa ROMA — E' finita la storia della Sir. Fra non molto scomparirà anche la sigla di quello che fu l'impero industriale di Nino Rovelli, uno dei protagonisti della vita economica degli Anni 70. Lascia un «buco» di 1900 miliardi. Ieri il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto-legge con il quale si permette «il trasferimento degli impianti del gruppo Sir a società controllate dall'Eni-. Come aveva deliberato qualche ora prima il Cipi (comitato interministeriale per la politica industriale) presto le società con il marchio Sir, la Sir-Consorzio industriale e la Sir-finanziaria, saranno messe in liquidazione. E' il piano cui ha dato gli ultimi ritocchi il ministro delle Partecipazioni Statali Gianni De Michelis. Pochissimi impianti saranno chiusi, altri venduti; la gran parte, come è noto, passerà all'Enoxy, il nuovo grup¬ po internazionale metà Eni. metà Occidental Petroleum. Ma all'Eni o all'Enoxy, ormai appare scontato, toccherano in tutto o in parte anche altri due grossi pezzi della disastrata industria chimica di base: quella che dal petrolio produce i costituenti per plastiche, fertilizzanti, vernici, ecc. Sono due pezzi che ora portano l'etichetta Montedison. gli impianti per la produzione di etilene di Brindisi (semidistrutto da un incidente) e di Priolo (già Eni per il 50%) in Sicilia. Infatti i ministri del Cipi hanno scritto, nella delibera di ieri mattina, che uno di loro, il titolare dell'industria, dovrà preparare -entro il 31 gennaio prossimo- un nuovo documento sulla chimica comprendente -le eventuali misure di intervento ai fini del coordinamento dei centri di produzione». In seguito il ministro dell'Industria dovrà «precisare quantitativamente il quadro strategico e programmatico dell'intera industria chimica e, eventualmente, proporre al Cipi modifiche e integrazioni ai documenti governativi di indirizzo-. Questa procedura non è altro che il modo per risolvere i contrasti della settimana scorsa fra i ministri; contrasti che si collegano alla ripartizione dei ruoli nella chimica fra Eni e Montedison. Pare dunque che la Montedison. il «polo privato» della chimica, in qualche maniera verrà liberata del peso dei due impianti poco redditizi di cui si vuole disfare. Un comitato tecnico nominato dal Cipi dovrà esaminare la faccenda nelle prossime settimane. Questi impianti dovrebbero essere trasferiti al «polo pubblico», cioè all'Eni, che finora ha mostrato di non gradirli molto; e sull'ente di Stato scaricheranno un problema di riduzione dei posti di lavoro. Secondo la Montedison. comunque, a Brindisi non è impossibile fare progetti per creare altri posti di lavoro. Il passaggio di Brindisi e Priolo all'Eni è stato sostenuto, nella riunione del Cipi. dai ministri dell'industria Giovanni Marcora e del Mezzo- giorno Claudio Signorile. Prima che la cosa sia formalmente decisa ci sarà una - valutazione economica-, cosi dice la delibera, da parte del ministero del Bilancio: questo ha chiesto e ottenuto il ministro Giorgio La Malfa, dubbioso. La questione dei due impianti per l'etilene era il punto meno chiaro della cosiddetta «pace chimica» che era stata conclusa mesi fa da Eni e Montedison. Il sindacato dei lavoratori chimici, la Fulc. aveva chiesto maggiori informazioni al vertice della Montedison. ma sostiene di non averne ottenute. Qualche giorno fa è venuta la minaccia di licenziamenti a Brindisi, contro cui il coordinamento dei delegati sindacali Montedison propone a tutta la categoria uno sciopero nazionale. L'assemblea dei delegati Fulc. a Roma la settimana prossima, dovrà prendere dunque una decisione molto delicata, proprio mentre si discutono i confini fra industria pubblica e industria privata. La chiusura del caso Sir comporta: il trasferimento all'Eni di 21 società già di Rovelli e di 58 impianti di altre 18 società: la liquidazione di 111 società di cui 38 estere: la vendita di 55 società e 7 impianti. Fatti tutti i conti, il crack di Rovelli lascia un «buco», un deficit patrimoniale (differenza fra attivo, cioè valore degli impianti ecc.. e passivo, cioè debiti e cosi via) di 1900 miliardi di lire; il «buco» sarà ripartito fra la Cassa depositi e prestiti (cioè lo Stato) e i creditori della Sir. che verranno rimborsati per non più del 60%. Stefano Lepri
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