La battaglia per le poltrone di Mario Pirani

La battaglia per le poltrone Paradossi dell'economia La battaglia per le poltrone Tutte le compagnie aeree del mondo perdono un fiume di miliardi. Le cause sono chiare: il carburante è sempre più caro, le tariffe sono troppo alte per invogliare un pubblico più numeroso, i voli internazionali, gestiti da società in concorrenza tra loro sulle stesse linee, registrano circa la metà di posti vuoti provocando nuove ineluttabili perdite finanziarie. E' stato calcolato che sull'Atlantico del Nord vola ogni giorno l'equivalente di 57 jumbo-jet privi di passeggeri. Oltre al deficit di bilancio vi è lo spreco assurdo di energia (ogni volo brucia il carburante necessario ad una famiglia media per tutta la vita). Basterebbe un accordo fra grandi società europee e statunitensi che limiti e razionalizzi i voli, per riportare l'equilibrio in un settore così vitale, ma la filosofia della «deregolamentazione» che fa parte del vangelo economico dell'amministrazione Reagan, in nome di una libera concorrenza svincolata da ogni costrizione, sta provocando risultati assurdi e catastrofici per tutti. * * Dal 1974 al 1980 le perdite della sezione industriale dell'lri ammontano a 7153 miliardi mentre i debiti al 31 dicembre dell'anno scorso avevano raggiunto la cifra di 24.528 miliardi e al prossimo Capodanno il record sarà certamente superato. Oggi però l'attenzione è concentrata sul rinnovo degli organi dirigenti venuti a scadenza. Carità di patria vorrebbe la ricerca di che I ricerca di un nuovo pre- ptsidente fosse ispirata all'ambizione di trovare una personalità tecnicamente ineccepibile, autorevole e libera da condizionamenti politici e clientelari, in grado, cioè, di operare quei drastici indispensabili interventi per riportare l'Istituto ad un minimo di coerenza economica. Ma le preoccupazioni sono di tutt'altra natura. I partiti più si «rinnovano» più restano se stessi e la de, rifondata alle recenti assise dell'Eur, non smentisce le sue vocazioni primigenie. E dunque la preoccupazione basilare non è che all'In predomini una filosofia industriale, ma che resti saldamente nelle mani del partito. La «querelle» è, se mai, sui nomi, sulle correnti di appartenenza, sui rapporti di forza in Piazza del Gesù. I più addentro alle segrete cose danno come vincitore Ettore Bernabei, fanfaniano di ferro, la cui carriera è nota: direttore di un quotidiano cattolico fiorentino, quindi potente «padrone» della Rai-tv, infine piazzato, non certo in base a competenze professionali, alla testa dell'Italstat (la branca dell'In che dovrebbe occuparsi dell'edilizia). Vi è poi in seconda battuta l'ipotesi della riconferma dell'avvocato Sette, già fedelissimo di Moro, che ha negli ultimi tre anni retto la sconnessa baracca con onestà d'intenti ma senza risultati tangibili e senza potersi liberare dai vincoli politici che ne dettano l'azione. L'handicap di Sette consiste nel fatto che la riconferma non può superare i tre anni e, al termine, la de si ritroverebbe nella necessità di dare un'altra incerta battaglia per conservare la poltrona (un nuovo presi dente può invece aspirare ad una permanenza di sei anni). Infine la de tiene di riserva la carta del solito personaggio politico in disuso: questa volta si tratterebbe di Ferrari Aggradi, che verrebbe affiancato dall'avvocato Franco Viezzoli come direttore generale. Viezzoli, attualmente alla Finmeccanica, era stato allontanato dalla direzione dell'Iri, assieme a Medugno e a Calabria, tutti e tre accusati di aver favorito l'ascesa e le vergognose fortune di Camillo Crociani. Non sarà, insomma, smentito neppure questa volta il principio secondo cui la classe politica italiana resta divisa tra chi vuole distruggere le imprese industriali e chi vuole «occu- parie». In fondo, poi, il risultato è lo stesso. '* * All'interno del governo fervono i contrasti attorno al salvataggio della Sir. Il «partito» Eni si scontra con il «partito» Montedison in un ennesimo girone di quella guerra chimica che da quindici anni sconvolge ogni responsabile criterio di incentivazione industriale con uno sperpero senza eguali della ricchezza nazionale. Il progetto di cui ora si discute comporta un finanziamento complessivo di 3500 miliardi per salvare 5500 posti di lavoro in Sardegna: un costo di circa 640 milioni per addetto, il più alto in assoluto in Italia. Senza considerare che per assicurare una qualche garanzia d'impiego ai rimanenti 6100 ex dipendenti Sir sarà necessario escogitare altre iniziative altrettanto dispendiose quanto queste ultime, patrocinate alla nuova insegna Enoxi derivante dall'accordo tra l'Eni e l'americana Occidental. Si prosegue cosi, con costi sempre più assurdi, nella politica dei salvataggi industriali senza tener in alcun conto l'alternativa di una Agenzia del lavoro che assorba, paghi, ricicli e, infine, collochi in nuove attività produttive la manodopera che, invece, si vuol mantenere inchiodata con oneri dieci volte superiori nelle vecchie e fallimentari strutture. Senza, per di più, considerare che l'Enoxi, ex Sir, dovrà condurre una lotta accanita per strappare qualche quota di mercato alle altre imprese chimiche italiane, aggravando a spese dell'erario lo stato di crisi in cui queste già versano. Mario Pirani

Persone citate: Camillo Crociani, Ettore Bernabei, Franco Viezzoli, Medugno, Moro, Senza, Viezzoli

Luoghi citati: Calabria, Italia, Sardegna