Italicus: Malentacchi «regge» a un interrogatorio di tre ore di Vincenzo Tessandori

Italicus: Malentacchi «regge» a un interrogatorio di tre ore E' accusato di aver messo la bomba su! treno, 12 morti e 44 feriti Italicus: Malentacchi «regge» a un interrogatorio di tre ore Ha sempre risposto in modo tranquillo e preciso: i giudici non sono riusciti a metterlo in difficoltà - Oggi l'accusa tenterà ancora di scalfire la sua sicurezza DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE BOLOGNA — Domanda il pubblico ministero Luigi Persico a Pietro Malentacchi, «mancato maestro elementare e operaio disoccupato», accusato di aver confezionato e deposto la bomba che sull'/ialicus il 4 agosto '74 uccise 12 persone e ne feri 44: «Lei aveva iniziato la sua attività politica nel Fronte della gioventù, ma poi venne arrestato col proclama di un attentato nelle brache. Come lo spiega? Era passato dall'altra parte?». L'accusatore intende: «Era diventato un terrorista?». Malentacchi afferra al volo e tranquillo risponde: «No. Se avesse detto che stavo per passare dall'altra parte allora le avrei dato ragione. Ma non me ne hanno dato il tempo, mi hanno arrestato prima». Parla tranquillo, senza enfasi, cercando di convincere che le sue spiegazioni sono vere e spesso sembra riuscirci. E' seduto davanti alla corte, pare disponibile, sicuro di sé. Spiega i dettagli, non è travolto dalla situazione come qualche giorno fa è capitato al camerata Luciano Franci. costretto a invocare il lancio della spugna. Non si affida a mezze risposte, in tutta la mattinata dirà «non ricordo» soltanto a questa domanda: «Quando aveva saputo dell'attentato?». A certe contestazioni dell'accusa Franci rispondeva urlando; l'altra imputata. Margherita Luddi, si era aggrappata alle tesi più incredibili; nelle risposte di Malentacchi non si notano crepe vistose, soltanto un paio d'ombre, in tre ore d'interrogatorio. Racconta di essersi dimenticato in tasca quel proclama, che rivendicava un attentato non avvenuto, alla Camera di commercio di Arezzo, quando glielo aveva consegnato Franci, un attimo prima del loro arresto, nel pomeriggio del 22 gennaio '75. Per più di due ore, sostiene, lo tenne in tasca e poi alla terza perquisizione gli fu trovato. Non ebbe modo di disfarsene, sospetta invece la parte civile. E scivola una seconda volta quando, sostenuto di aver co¬ noscenze poco meno che superficiali di esplosivi, dice, forse volendo strafare: «Leggendo le perizie e il rinvio a giudizio, mai e poi mai in quelle condizioni se fossi saltato sul treno in corsa avrei portato i detonatori». Lui è definito buon conoscitore di ordigni, «per essere stato artificiere nella vita militare». Malentacchi conferma di aver seguito con profitto un corso per artificieri, ma avverte di non considerarsi un vero esperto. Non esclude che Franci per mitomania abbia parlato in carcere con il grande accusatore del gruppo, Aurelio Fian¬ chi™. Dice l'imputato: «E' uno che se anche è mitomane fa tutto con furbizia e viscidità per ottenere il fine che si è prefisso. Ha preso notizie e fatto un collage, ha ingrandito tutto ed è arrivato fino al treno Italicus. Sì, l'incontro di Franci con Fianchini è l'incontro di due fantasie morbose». Con attenzioni' parla del gruppo nero toscano, soprattutto degli aretini, di quelli che facevano parte del Fronte della gioventù, di quelli che frequentavano la sede del movimento sociale ad Arezzo, di Augusto Cauchi, latitante, il personaggio forse più in- quietante legato ai servizi segreti e già processato per una serie di attentati al tritolo rivendicati dal gruppo clandestino Ordine nero. Di qualcuno era amico, di qualche altro solo conoscente. A Cauchi, assicura Malentacchi, non era particolarmente legato. Appena gli chiedono se è vero che andò all'udienza per il suo divorzio risponde: «Si, è vero, ma per curiosità più che altro perché era uno dei primi che c'erano, insomma si trattava di una specie di avvenimento». Tuti lo conobbe in carcere, nel '75: «Mi avevano accusato di un attentato, ero curioso di vedere chi era l'altro imputato». Quando Fianchini, D'Alessandro e Franci evasero dal carcere di Arezzo, non li segui: perché «non mi convinceva quel progetto». E' indifferente a quanto ha dichiarato D'Alessandro il 3 ottobre '75: «Il Malentacchi oggi mi ha fatto sentire male letteralmente con le cose spaventose che ha detto. Ha parlato per un'ora di stragi, ammazzamenti, sangue e violenza, terrore con una serietà e un impegno da pazzo». Lui ribatte: «Per uno come lui che ha ucciso con 19 coltellate è difficile sostenere di essersi sentito male». Oggi l'accusa tenterà ancora di scalfire questa sicurezza. Silenzioso e soddisfatto Tuti ha ascoltato la deposizione, e la verità sul massacro del treno, ieri, dopo 17 udienze, è apparsa meno vicina. Vincenzo Tessandori

Luoghi citati: Arezzo, Bologna