Uomini e veleni del Po nucleare

Uomini e veleni del Po nucleare LETTERE DALL'ITALIA: LA CENTRALE DI CAORSO E DINTORNI Uomini e veleni del Po nucleare Una fortezza protegge il reattore - Sorge tra i campi di granturco e il fiume, che scorre larghissimo e lento - L'acqua nasconde ancora l'aratro del neolitico, archibugi di avventurieri e fuggiaschi, ma scarichi tenebrosi hanno fatto sparire animali e pesci - Un manuale per istruire la gente su come comportarsi in caso di allarme radioattivo - Che libri leggono i tecnici caorsini DAL PO — Chi ricorda le bottigliette di gassosa con la pallina, refrigerio universale? L'anno scorso ne è stata venduta una, alla fiera di Sant'Antonino, a Piacenza, a un presso storico: cinquantamila lire! Il mercato antiquario ha senso soltanto cosi: insensato, demente... Ma se ne può ammirare una anche al museo etnografico del Po, a Monticelli d'Ongina, che ti viene aperto se telefoni a chi ne ha le chiavi, e raccoglie tutto, ogni maceria martire, ogni lacrima rerum... Sono le ex scuderie imbiancate della Rocca Pallavicino a ospitarlo, e un sonnambulo malinconico come me trova chincaglieria di suo gusto, del nulla impregnato d'uomo, filamenti di vita sepolta... L'avranno tirata su dal fondo del fiume, la bottiglietta? E anche quella macchina per scrivere « Mignon Aeg*, Berlino, centenaria, scaraventata in acqua da un contadino che non ne soffriva il ticchettio nel suo orecchio analfabeta? E là, due superbe e immani corna di cervo preistorico! Quel cervo lottava per l'esistensa tra le foreste sterminate di pioppi e di ontani che isolavano il formidabile fiume, quando era la via del¬ l'ambra che dal Baltico arrivava fino all'Adriatico, e prima che sulle sue rive supplicassero le sacerdotesse del culto lunare, in memoria del figlio di Elios precipitato col carro paterno nel Po. Le sue sorelle, per il dolore, diventarono ontani e pioppi, e resine profumate le loro lacrime. E' la solita Italia dei morti e delle memorie, già museo di miti quando le Muse ancora non erano uscite dalla vulva della Memoria. Mummiette Un'epopea dello sforso, della lotta per sopravvivere, pasiensa e furberia, arte della trappola, mai tregua dalle forse naturali e dalla pena, questo racconta di storia umana il Po: da ogni attresso, da ciascun oggetto di quelli che un gruppo di intelligenti rogassi di Monticelli ha catturato e collocato lì, il sogno può risuscitarne un frammento. Oh la cesta dei bachi! La pompa dei possi neri! e il magatòn (anatra di legno da richiamo —, la sisula (paletta!, il cribè e il cusòt dei cavatori di ghiaia, la barbota (barca fluviale), lo sdass (setaccio), la sfùrcula (scalmo), il bartavel (nassa di fi¬ lo)! Qualche mummietta acquatica ti fissa da un sepolcro di vetro: un luccio, un persico, uno storione... Tristi gli uccelli impagliati, la loro specie non sbatte più le ali sul pelo dell'acqua: tarabusini, cormorani... Ancora, della gens ailée del fiume, sopravvive il martin pescatore, l'alcionide che compare nei due solstisi e in novembre, quando tramontano le Pleiadi, metamorfosi della Luna: sarà l'ultimo a morire, o fingerà di morire, perché la Luna è la Morte. Spariti, quasi tutti, i mestieri e i commerci ambulanti del Po; e anche le osterie lungo le rive hanno preso la via dell'ombra. L'uomo del Po, sciolto dalle catene della terra e dall'abbraccio tenace del fiume, vive negli stessi luoghi come uno sradicato, in un esilio sensa nostalgie. A Monticelli d'Òngina, l'ospedale civile controlla incessantemente il sangue delle formiche selesionate che lavorano nel recinto della centrale nucleare di Caorso. Sorge tra i campi di granturco e il fiume, a messa strada tra Monticelli e Caorso, la misteriosa centrale, grande tempio bianco consacrato a Plutone, con la sua torre sensa campa- na, la leggera torre di raffreddamento, e il suo dio interrato, dentro un santuario sotterraneo vigilato da cento porte e da preti e sacrestani che. a seconda delle porte che varcano, devono indossare certi speciali abiti di rito, per proteggersi dalle sue malefiche emanasioni, e uscendo di là spassolarsi dalla testa ai piedi con un apparecchio detto Geiger, rivelatore della presensa dei segni del dio. L'escresione micidiale del reattore, le scorie radioattive, i bianchi monatti dell'Enel lo seppelliscono nel Cimitero della centrale, che proprio come le antiche chiese è insieme santuario e sepolcreto, asilo di vivi e casa della morte. La centrale, quando l'ho vista, non era in funsione. Lo sarà tra poco. Dal 31 dicembre al giugno 1980 ha provato e riprovato, sotto l'occhio non certo disattento né poco scrupoloso dei controllori del Cnen; la licensa di pieno esercizio partirebbe dal dicembre 1981, se non ci saranno altri intoppi. Si ha un bel ripetere che è quasi innocuo: di quel dio nascosto là sotto si ha paura. Si crede di conoscerlo, eppure... Il filo bianco che uscirà dalla torre sarà piuttosto esile, ma che cosa diffonderà sui campi, che cosa introdurrà nelle case, nelle ossa? — Come vivete qui, con la centrale a due passi? — — Non l'avremmo voluta: ma ce l'hanno appioppata. — Al di là della sbarra, si entra in uno dei tanti universi blindati del mondo contemporaneo. Ogni movimento è spiato e. direi, pesato, annotato, considerato. La notte è vigilata, dicono, da una sessantina di uomini armati. Anche dalla parte del fiume si vigila contro possibili sbarchi di aggressori notturni. Forse questo apparato è ancora insufficiente, e i trucchi e i controlli aumenteranno ancora, più astuti delle nasse finite al museo del Po. E' questa che chiamano l'Energia Pulita, l'Energia a Basso Costo? Forse l'eufemismo, applicato al nucleare, non serve tanto a persuadere, quanto ad esorcissare. Un 'oscura ispìrasione ha guidato la scelta del luogo. Il Po, a Caorso, è larghissimo, lento e sublime. So bene che la sua pancia trabocca di veleni, che appena sotto il Monviso il Po comincia ad avere spasmi e a far smorfie, eppure i tratti del volto di questo cadavere fluviale sono di un grande principe ancora. La sponda lombarda è in quel punto deserta: là non c'è che il pianto eterno delle sorelle di Fetonte: l'emiliana invece brulica di gente, di città grandi e di borghi ben popolari. Gli asfalti non riposano: ruote ruote ruote; e poi la strada ferrata, seminata di piccole stazioni. Vicinissima a Caorso, un'altra centrale, l'idroelettrica di Isola Serafini, con la sua diga, un altro pezzo stravolto di Po. — Qui, nel bacino, il pesce non è male—. E'l'ultima favola... L'ottimismo dei pescatori (ormai tutti dilettanti) è a prova di tutto. Ma non vedo che reti piene di pioggia. Può darsi che ogni tanto tirino su un pesce già dentro il barattolo, pronto per il museo di Monticelli. Come l'Arca E' in preparazione il manuale per istruire la gente su come dovrà comportarsi — restando, s'intende, calmissima — in caso di allarme radioattivo. Forse non sarà letto che molto svogliatamente, o per niente; non si vuole troppo sapere. Certamente la prima disposizione sarà di sprangarsi dentro casa e di non toccare gli orti: se non sbaglio, queste sono misure da antiche pestilenze... Però i signori dell'Energia hanno profuso molto denaro a Caorso, per vincere le resistenze, e adesso questo modesto borghetto padano ha faccia di arricchito (la solita cascata di villini), è il più prospero dei comuni della zona. Ma non si salta di colpo nel presente nucleare senza rinunciare a sorridere, a essere come si era. Imparo strane cose. Secondo i bravi vigilatoti del Cnen, le centrali sarebbero al riparo sia dalle inondazioni che dalle scosse sismiche, fino a intensità di grado superiori a quelle storicamente prevedibili. Una salita oltre gli argini gli girerebbe intorno, il terremoto potrebbe distruggere borghi e città vicini, sensa irritare il loro dio sepolto, la caduta di un aereo non farebbe che il solletico ai loro blocchi di cemento. Vere fortezze... Ansi, paradossalmente. Arche di Noè! I loro recinti stregati potrebbero ospitare coppie umane e animali in fuga; anche i cervi preistorici, se ancora vagassero lungo le rive del Po... E perché non i mestieri perduti? L'arrotino, il votacessì... Tutti sull'Arca! Farfalle, coleotteri, martinpescatori, persici, storioni! E qualche intellettuale antinucleare coi suoi libri, costretto a confessare sempre più l'assurdità del mondo e di tutto. Che cosa leggono i tecnici caorsini? Ho fatto una piccola inchiesta. Le loro letture sono quelle di qualsiasi treno o camera da letto. Gli autori preferiti sono Cassola, Bussati. Gervaso, Bocchelli, Mann, Bevilacqua, Pasolini, Moravia, Montanelli, Hemingway, Pearl Buck, Bukovski. Qualcuno, sul filo dell'eresia, legge Ivan Illich. Non manca qualche pazzo che legge i semiologi: questi, bisognerebbe licensiarli! Evidentemente, non è sentito il bisogno di compensi intellettuali e consolazioni straordinarie per un tipo di lavoro consideralo, nonostante l'insidia e i controlli permanenti, ordinario. Ma letture gravi di pensiero, che recidessero sottilmente i legami coll'universo blindato nucleare, potrebbero introdurre elementi di sovversione interiore probabilmente intollerabili. II castigo Il Po è in via di essere consegnato tutto all'Ente elettrico di Stato. Da Trino Vercellese al colosso a nafta di Porto Tolte sul Delta, il percorso dell'unico planetario fiume italiano è punteggiato di insediamenti attuali o previsti di centrali: nucleari, termiche, idriche, a carbone. Senza più le barbote a remi, né i barconi a motore con la grande ruota a pale, né i venditori di anguille, né i fosfori degli uccelli notturni, né i mulini da pane, né le schiene piagate dei barcaioli, il Po, quantunque mai tanto popolato sulle sue rive, è un deserto per cavalieri conquistatori venuti di lontano, portatori di un culto ignoto e di una potenza maledetta. L'acqua che nasconde ancora l'aratro del neolitico e le carcasse dei pri¬ mi bufali da tiro, i coltelli dei palafitticoli e gli archibugi degli avventurieri fuggiaschi, è degradata a elemento refrigeratore di una massa di uranio contaminato, a trasportatrice verso l'Adriatico, non di ambra o di seta, ma di scarichi tenebrosi. La Lombardia ha centrali termiche a Ostiglia, a Sermide. Una a carbone è prevista, nell'Oltrepò pavese, a Bastida Pancarana. Il Veneto indica Legnago per un'altra, molto più potente, Caorso. Nel Mantovano la roulette nucleare si è già più volte fermata sulla congiunzione dell'Oglio col Po (San Matteo delle Chiaviche, Torre dell'Oglio) o non lontano di lì (Bossolo, San Benedetto Po). Comuni e sindaci sono, in genere, contrari; di recente hanno raggiunto l'unanimità del rifiuto; ma c'è un avversario che ignorano, un avversario molto più forte dell'Enel, del ministero dell'Industria, dell'imprenditoria pubblica e privata, delle furie del petrolio, del sindacato, dei partiti, che io vedo, e che vorrebbe più centrali ancora di quante non ne vogliano i predatori del Po. Quel che vedo opporsi più formidabilmente ai sussulti di anguilla moribonda degli antinucleari e degli ecologisti padani, è il Po. E' il Po a consegnarsi, grande animale passivo, testardo e disperato, a questo sfruttamento mortale. Castiga cosi l'uomo, il suo uomo padano, che l'ha fatalmente abbandonato, rinunciando al tremendo privilegio di vivere col suo fiume e del suo fiume, faticando sempre, che ne ha fatto sparire gli animali, terrificato i pesci, insozzato le acque. E' bastato che di poco scendesse la pena umana, per determinare la volontà del fiume di lasciarsi morire. Le campane lungo le rive suoneranno a morto e si dirà per chi? Il Po attira le centrali, le industrie di ogni specie, e sa bene che sono bubboni di morte. — Ancora! ancora! — non sono gli uomini a dirlo; è la voce tragica e suicida, sublime sempre, del fiume. Guido Cerone Iti