Il cervello delle macchine elettroniche nel Canavese nasce anche in parrocchia

Il cervello delle macchine elettroniche nel Canavese nasce anche in parrocchia Viaggio in un'economia che si sta emancipando dalla tutela dell'Olivetti Il cervello delle macchine elettroniche nel Canavese nasce anche in parrocchia DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE IVREA — Nel 77 Giovanni Cidda aveva già alle spalle 25 anni di Olivetti; negli ultimi tempi gli avevano affidato la sala prove nella quale venivano effettuati i test dei nuovi prodotti; aveva cosi assistito alla graduale sostituzione dei modelli meccanici con quelli elettronici da un punto di osservazione eccezionale per capire il processo di trasformazione in cui era drammaticamente impegnata l'azienda e anche per intuire quali nuove possibilità si aprivano con la nuova tecnologia. In quell'anno la Olivetti, che proprio in seguito alla conversione all'elettronica si trovava con un'eccedenza di personale, offrì ai dipendenti, che avevano maturato il minimo per la pensione, un pizzico di milioni aggiunti alle liquidazioni perché lasciassero anzitempo il posto di lavoro. Cidda fu di quelli che accettarono. Naturalmente non per rassegnarsi a fare il pensionato. Cominciò con un amico a produrre pannelli solari; poi, un giorno, una ditta chiese. insieme con i pannelli, anche l'apparecchiatura elettronica di controllo. Così Cidda si ritroi'ò per caso a lavorare alle cose che aveva imparato a conoscere alla Olivetti. Decise che quello era il suo campo. Si mise in proprio, aiutato all'inizio da un amico ingegnere, anch'egli ex olivettiano, che gli dava saltuariamente una mano nella contabilità, coinvolse la moglie e i tre figli studenti, cominciò ad assumere qualche ragazza. Naturalmente investi la liquidazione e fece dei debiti. Così è nata la Laem, a Orio Canavese, una decina di addetti, la sede nell'oratorio della parrocchia del paese (qualche volta anche il parroco dà una mano). La Laem monta le piastre che costituiscono il «cervello- delle macchine elettroniche; lavora per la Olivetti («Ma non solo per la Olivetti - dice Cidda - perché sarebbe troppo pericoloso in caso di riduzione delle commesse») fornendo parti per calcolatori, per terminali, per piccole apparecchiature di collaudo; produce antifurto per auto e per alloggi, centraline di controllo per impianti dì riscaldamento, parti di centraline per telecomunicazioni. «Costruivamo anche piastre di pilotaggio per videogiochi racconta Cidda - ma da tre mesi siamo stati costretti a smettere; colpa dei giapponesi che riescono a venderle in Italia a 320-350 mila lire l'una all'inarca quanto costano a noi i soli componenti». Su uno scaffale, infatti, alcune piastre sono rimaste a coprirsi malinconicamente di polvere. La storia di Cidda andava raccontata perché è esemplare; di piccole aziende come la sua ne sono nate a decine in questi ultimissimi anni nella verde campagna tra Ivrea e il lago di Candia; come la Ipr di Giglio Tos e Giolitti di Ivrea, due ex progettisti della Olivetti, il primo esperto elettronico, il secondo esperto di meccanica, che fa attività di progettazione di apparecchiature elettroniche; o come l'azienda messa su dal popolare Ciro Merli, per molti anni «Generale- del Carnevale eporediese, ex concessionario della Olivetti a Lecco; e ancora come la Mec Elettronica di Francesco Bonatto di Ivrea; come la Mce di Candia, come la Easy dell'ingegner Fiz di Romano Canavese, un altro ex olivettiano che si è specializzato nei rilevatori di quote per macchine utensili. Stanno nascendo aziende specializzate in settori specifici della lavorazione; come, ad esempio, la Telema di Pietro Gianotto, di San Giusto Canavese, che produce avvolgimenti per componenti; o come la Procoel di Luigi Marcati di Burolo, che opera nel campo del cablaggio (in parole semplici, monta ì fili che dalla piastra elettronica portano i segnali agli organi elettromeccanici della macchina). Alla frazione Tebio di Strambino, nell'ex lanificio Azzario chiuso e venduto a piccoli lotti (è diventato una sorta di «città artigiana») operano due fabbriche di circuiti stampati create da altri due ex olivettiani, Mussano e Pesando. Quante sono le aziende di questo tipo sorte negli ultimi anni? Decine, forse centinaia; nessuno finora ne ha ancora tentato il censimento completo. In una prima fase sono nate dalla disposta degli olivettiani; ma è già in corso una nuova disseminazione, quella dei tecnici che si sono fatti le ossa nelle fabbriche della prima ondata. Ora i «pionieri» guardano con un certo sospetto questa proliferazione, temono che la concorrenza diventi selvaggia, che la qualità della produzione venga svilita, parlano di qualche caso di «lavoro nero-, di economia sommersa. Sono preoccupazioni comprensibili; è un fatto, ad ogni modo, che la «piccola elettronica» sembra aver trovato nel Canavese un fertile terreno. Vittorio Ravizza