Com'è viva questa natura morta

Com'è viva questa natura morta SE et è consentito un piccolo imprestito da Evelyn Waugh. diremmo che il mercante d'arte Philippe Doverlo sono due: Philippe Doverlo appunto e Paolo Baldacctl.« coppia sembra assortita in vista d'uno di quegli elementari effetti di contrasto che hanno presiedu.. alla combinazione di celebri e archetipe coppi» della letteratura e del teatro: il grasso e il magro, il piccolo e lo spilungone, il chiaro e lo scuro. Chiaro, anzi roseo, biondo, atticciato. Philippe Doverlo ha la faccia d'un immutato compagno di scuola, un'aria fanciullesca che potrebbe fare anche pensare a un candidato vicario inglese, se il candore non fosse subito smentito dalla malizia degli sguardi e dalla puntura delle battute. Poi ci sono le mise: il taglio delle giacche, il disegno dei panciotti, i colori delle camicie, dei papillon, delle scarpe compongono una figura che abbiamo visto in qualche illustrazione fin de siede un viaggiatore, un archeologo, uno scienziato, un eccentrico filantropo? Certo è che Doverlo, nonostante sia nato in Francia da famiglia alsaziano-lombarda. è il personaggio d'un romanzo inglese, tra Dickens e Wodehouse. uno di quei personaggi che ci hanno fornito (iti ultimi modelli d'incarnazione metropolitana degli spiriti folletti. Venuto a Milano per studiare alla Bocconi, scoperse casualmente la sua vocazione quando per uno scatoletta raccolta nel dimenticatoio di casa si sentì offrire da un antiquario una cifra insperata. L'occasione era buona anche per capire che i tempi dell'antiquariato si stavano contraereo ne diventavano oggetto anche le cose appena patinate da un oblio recente e c'erano da aprire molti cassetti nei quali la gente aveva dimenticato di guardare. Per farlo con profitto l'antiquario, il mercante d'arte deve entrare nel gioco sempre più accelerato dei revival e -speculare- nel tempo quale gusto di ieri diventerà il gusto di domani. Altro Giorgio Morand Dal '600 napoletano a Morandi Da allora in poi non si contano le mostre e le ricerche in Europa e in America che hanno gettato luce e messo ordine nella storia del genere rivelando sconosciute personalità d'autori, fino ad arrivare alla grande esposizione di due anni fa a Mùnster. dove, con tedesca Grundhchkeit. si delincava una vera e propria sistematica della natura morta europea illuminandone i significati spesso riposti e I complessi rapporti con la storia della cultura e della civiltà. In Italia, nel '64, a Napoli, ci fu la prima e memorabile mostra della natura morta italiana, da Vincenzo Campi a Morandi. e già nel '68 l'esposizione Natura in posa allestita a Bergamo da Lorenzellt dimostrava l'interesse per non dire l'infatuatone del mercato. Perché dunque ancora una mostra sulla natura morta? Daverio e Baldacci ci hanno spiegato che riunendo una cinquantina di opere tra antiche e moderne il loro intento è stato quello di avvicinare alla pittura antica chi si occupa di pittura moderna, essendo la natura morta il genere almeno apparentemente più libero da condizionamenti culturali e letterari. Sia come sia. resta il fatto che con questa mostra Daverio e Baldacci ci hanno offerto l'occasione di ammirare accostati lanche se in un'impaginazione non troppo chiara) un gruppo di capolavori come è ormai raro vederne nelle esposizioni private, dalla ricca selezione di napoletani del '600 in cui spiccano un Luca Forte, un inatteso Giacomo Becco, un prezioso vaso di fiori firmato da Giuseppe Recco e la grande cucina di Gioran Battista Ruoppolo. alle anatre inquietanti di un mirabile De Chirico del 2S-29. dai fiori flamboyant in stupende comici della Calli al Sciorini, al De Pisis. al Licini. dall'eccezionale Magami al Cagnaccio, ai Broglio, al piccolo Morandi e ai contemporanei, dove si distinguono due proposte provocanti (nella miglior tradizione della galleria!: l'amorevole iperrealtà degli encausti di Elena Schiavi e la toccante, musicale variazione chardiniana di Gian Corazzi, un pittore la cui rentrée dopo un più che ventennale nascondimento non poteva esseic più timida e felice insieme. Della mostra va segnalato infine il lussuoso catalogo, che ha per la parte antica le precise attribuzioni di Carlo Volpe e le schede dense di filologia dovute allo stesso Volpe e a Daniele Ut nati Mario Spagnol i: «Natura Mona», pan. (1920) Com'è viva questa natura morta elemento importante di •speculazione- è lo spazio geografico e culturale. Quando c'è la qualità — dice Doverlo — si possono anche vendere ai finanzieri di Zurigo i quadri e gli oggetti che compravano i farmacisti della Brianza. Lui. almeno, c'è riuscito, diventando uno dei protagonisti della rivalutazione internazionale di recenti periodi dell'arte italiana, dal Liberty e dal Simbolismo al Novecento e al Secondo Futurismo. Basti ricordare la fortunata riproposta sul mercato italiano ed estero del vetro veneziano del Novecento, riproposta nata dall'acquisto nel 1971 dei vecchi fondi di magazzino della vetreria Paoli. Nel 1976 Doverlo, che intanto aveva messo su bottega nell'attuale sede "H ria Montenapoleone. incontrò casualmente Baldacci e lo fece socio. Paolo Baldacci è alto, nero di baffi e capelli; i suoi vestiti hanno un sobrio taglio classico. Figlio di due noti giornalisti, siciliano il padre, lombarda la madre, pareva avviato a una tranquilla professione intellettuale; difatti, quando incontrò Doverlo, lui archeologo vero ed epigrafista, era professore di storia romana all'Università di Milano. Ma la patina accademica mostrava l'incrinatura, e accanto al professore c'era già il marchant amateur, che comprava, scambiava, rivendeva quadri e opere d'arte moderni. Baldacci trovò in Doverio due qualità che lui non possedeva e che furono decisive nel fargli abbandonare la scuola per il mercato: la capacità di trattare con la gente e quella di dare il prezzo giusto anche a un oggetto sconosciuto. Nella combinazione, lui rappresenta invece il momento della riflessione, della verifica appunto -storica- di un'intuizione e di un entusiasmo. Se siamo in qualche modo riusciti ad illustrare le caratteristiche della galleria Daverio. il lettore resterà come noi forse un po' sorpreso nel vedere che la mostra d'apertura di stagione è dedicata alla natura morta italiana. L'argomento non si potrebbe infatti definire nuovo o peregrino. A dare il via a un rinnovato interesse negli studi e nel mercato per questo genere di pittura furono, come molti ricordano, la mostra del 1952 all'Orangerie e il libro di Charles Sterling che ne segui.

Luoghi citati: America, Bergamo, Europa, Francia, Italia, Milano, Napoli, Zurigo