L'ARTE ITALIANA NON VA ESPORTATA

L'ARTE ITALIANA NON VA ESPORTATA I guerrieri all'estero? Potreste distruggerli L'ARTE ITALIANA NON VA ESPORTATA Che l'arte e i suoi prodotti siano stati adoperati (o. come si dice oggi, strumentalizzati) a scopi di propaganda non è cosa nuova, anzi, è un fatto accaduto in tutti i tempi, per (ini tra i più svariati. Un esempio assai notevole e quello di Lorenzo il Magnifico, che si serviva di artisti e di opere della cittì a lui assoggettata per propagandare nei maggiori centri italiani il primato della cultura fiorentina. Si trattò dunque di una sorta di acculturazione, condotta in modi assai sottili e acuti, i cui diversi momenti sono l'invio di Leonardo a Milano, del Vcrrocchio a Venezia, di Biagio di Armonio presso i Manfredi a Faenza, e di cui resta da investigare l'episodio più impegnativo, relativo a Roma. Qui infatti l'impresa di decorare a fondo la nuova Cappella Pontificia (che dal suo costruttore Sisto IV si chiama oggi Sistina) era stata affidata dal Papa all'umbro Pietro Perugino: e questi, assieme a altri umbri suoi allievi o amici, aveva già condotto a fondo la parete più importante (quella con l'altare pontificio) e la volta (l'una e l'altra poi distrutte e rifatte da Michelangelo) iniziando anche gli affreschi delle due pareti laterali. Ma a questo punto, contro ogni previsione, fa la sua comparsa un gruppo di pittori fiorentini (Botticclli, il Ghirlandaio. Cosimo Rosselli. Biagio di Antonio), la cui partecipazione all'impresa risponde a motivi non ancora chiari: fu Si sto IV a volerli, o lo stesso Perugino:' Oppure (come e più probabile), c'è da leggere in questo episodio il riflesso delle manovre diplomatiche e dei disegni del Magnifico Lorenzo.-1 Ma sia nel Quattrocento che ai nostri giorni quando un'azione di propaganda culturale è un fatto serio e autentico, essa si basa su opere e persone del tempo presente: quella fondata sul passato e falsa e inautentica, tipica dei Paesi che cercano di imporsi non già per quel che sono ma per ciò che furono (o che furono le società vissute sul loro stesso territorio, ma che con esse hanno rapporti nulli o inesistenti). L'idea di propagandare l'Italia con il suo patrimonio artistico ereditato da altri tempi è stata una delle più nefaste invenzioni del fascismo, portata avanti senza tener conto dei gravissimi rischi cui vanno incontro le opere d'arte (specie quelle pittoriche o archeologiche), e proseguita con imperterrita sfrontatezza nel dopoguerra. Eppure, già nel I9J0. quando non si esitò ad inviare a Londra (per la Mostra d'Arte Italiana alla Burlington House) cose come la Crocttimone di Masaccio, la Tempesta di Giorgionc. la Flagellazione di Piero della Francesca e cento e cento altri capolavori, una violenta bufera nella Manica pct poco non fece affondare la nave che trasportava i più scelti tesori dei musei e delle collezioni d'Italia. Ma che importa-* Ecco, nel 19)5. enormi pale su tavola e capolavori tra i più celebri spediti a Parigi per una colossale mostra a fini propagandistici, ed ceco nel 1938 il Ritratto Italiano (una rassegna allestita a Belgrado con cose del Pisancllo. Pollaiolo. Pier della Francesca. Tiziano ecc.). Ma l'episodio più grave e meno noto resta quello di New York nel 194). quando (con la guerra europea già in atto) non si esitò a spedire la Natala di Ventre del Botticclli. la Madonna della seggiola di Raffaello, il marmoreo Tondo Pitti di Michelangelo, la Costanza buonarellt del Bernini e molti altri pezzi di simile calibro, affidandoli al mercante Eugenio Ventura e a Cesare Brandi. L'ideologia fascista giustificava un tale aberrante uso delle opere d'arte: bisognava dimostrare al mondo l'ininterrotto •primato italiano: che risaliva a Roma e ai suoi ineluttabili destini» (la mostra di Belgrado iniziava la rassegna con marmi e bronzi di età romana), bisognava che l'arte fosse la prova della •perennità della razza». Nessuna scusa c'è invece per le innumerevoli mostre che. dal 1945 ad oggi, hanno esposto il patrimonio artistico nazionale a rischi e anche a danni assai seri: fra tutte ricordo quella del Medioevo italiano allestita a Parigi nel 1952. per la quale furono mobilitati dipinti e marmi che solo menti irresponsabili possono aver pensato di imballare e spedire lontano — o piuttosto menti di funzionari e di intellettuali che¬ lasptanagreBd1OqstodfadtbsdvtthgCsmtptatdtccfgvzacudep la prospettiva di un viaggio spesato a Parigi deve aver portalo a climi di estasi. Ma sui criteri con cui vengono considerate le opere d'arte, anche quelle somme, molto significativa è l'attuale vicenda relativa agli incomparabili Bronzi di Riacc e alla proposta di inviarli a Los Angeles nel 1984. in occasione dei Giuochi Olimpici che si terranno in quella città. Tale proposta e stata avanzata dagli organizzatori delle Olimpiadi e. manco a dirlo, è stata subito accolta con favore dal presidente dcll'Enit. aw. Gabriele Moretti, le cui dichiarazioni sono state riportate da La Stampa del 29 ottobre, assieme a quelle dell'assessore regionale per il turismo della Calabria. Franco Covello. ^ £ Mentre il primo ha affermato che <u bronzi di Riace appartengono al mondo; il secondo ha sostenuto che «i due famosi guerrieri sono il simbolo della Calabria, ma vorremmo che fos sera il simbolo dell'Italia nel mondo. Vorremmo farli dwen tare viaggiatori, messaggeri di pace. Penseremmo anche di portarli a New York». Davanti ad affermazioni del genere c'è sol tanto da dire che se due opere di tale estrema rarità tappar tengono al mondo», il dovere di chi le ha in custodia è quello di conservarle per gli altri e per il futuro. E" inammissibile che programmi, come quello di far di ventare viaggiatori i due preziosissimi capolavori, vengano avanzati senza tenere in nessun conto gli avvertimenti d un'autorità come il soprintcn dente Francesco Nicosia. chi ebbe in cura le due statue a Firenze ila Repubblica. 1 ottobre): secondo lui esse soffrono di cancro del bronzo, e se non si interviene la loro stessa esistenza potrebbe volgere all'ir reparabile. E invece si sente di re che la sala in cui sono conservati i due inestimabili cimeli serve a concerti di orchestrine pop ; di sfilate di moda, che il i. -Juion,imento è stato mal programmato, che la moquette è inadatta. Ma rosa importa/ L'intercs ne è dare il via ad una truffa ideologica (come sarebbe trasformare in «simbolo dell'Italia nel mondo» due opere gre che), in vista di lanciare le due somme testimonianze figurati ve del mondo antico verso un'esistenza errabonda e no madc — con relativo codazzo spesato di funzionari e simili Ma il pensiero dcll'aw. Motel ti si è fatto più esplicito in una lettera a la Repubblica del 18 novembre: vi si legge che l'È lìit è un ente che «professional ■rute deve "esportare" all'estero i nostri richtam, nazionali e regionali». Sapevamo che i richiami engono effettuati con titaniferi cdèpliants. e che il richiamo non coincide con ciò su cui si vuole attirare l'attenzione. Oggi apprendiamo che il richiamo è identico alla cosa richiamata, anche se il senso comune avverte che ogni visitatore della deprecabile mostra a Los Angeles e New York (ipotesi da combattere con ogni mezzo) sarebbe un turista di meno: a che scopo andare in Italia per vctlcrc cose che già si sono viste a casa propria-1 Che le bellezze italiane restino qui. e che loro godimento diretto non avvenga altrove. Ma poiché l'aw. Moretti cita, come tsempio positivo, l'invio della michelangiolesca Pietà a New York, bisogna dire che tale prestito fu un errore colossale sotto ogni aspetto, anche perche distrusse l'aurea mitica, l'alone di sacralità magica che sino allora aveva circondato l'immagine più celebre del massimo tempio del Cattolicesimo. Nel caravaascr raglio in cui venne esposto il marmo, c'era, a breve distanza, un ambiente in cui (assieme a capi di biancheria intima) era no esposti marquisettes (cioè reggipetti a capezzolo nudo), mutande col cappuccio e persi no un dildo: nessuna mcravi glia che. dissacrata da tali vicinanze, la sublime immagine non sia poi riuscita, tornata in sede, a fermare la mano del folle che la sfregiò a martel late. E quanto alla Mostra dei Gonzaga, ora al Victoria and Albert Muscum di Londra (che viene anch'essa citata come esempio positivo) lungi dallo stupire gli inglesi, essa li fa ridere, come cosa pacchiana, di inaudita volgarità, che rammenta le imprese delle Pro loco, e cui. per essere davvero completa, manca solo l'osteria con piatti di cucina tipica. Su tale mostra l'aw. Moretti può chiedere ampi ragguagli alla soprintendente ai Beni Artistici e Storici di Mantova, signora Ilaria Tocsca Bertelli: ne sentirà a non finire. E anche per la mostra gonzaghesca. c'è da restare indignati che si sia fatto correre il rischio di un viaggio ad un'opera come la colossale tela del Rubens: si era progettato di esporla assieme alle due tele che un tempo la fiancheggiavano, ma i musei di Nancy e di Anversa si sono ben guardati dal concederne il prestito. Come al solito è l'Italia che manda allo sbaraglio i suoi tesori: con quale contro- pmha? Federico Zeri