Con Ronconi Medea è in un lager uccide per riconquistare la libertà

Con Ronconi Medea è in un lager uccide per riconquistare la libertà Il regista allo Stabile di Zurigo dopo due anni di assenza dal teatro Con Ronconi Medea è in un lager uccide per riconquistare la libertà ZURIGO — A due anni circa dal suo abbandono della prosa (gennaio 1979. Reggio Emilia. L'uccellino azzurro di Maeterlinck). Luca Ronconi e i or nato alla regia, purtroppo non in Italia, allestendo la Medea di Euripide per lo Schonspielhaus di Zurigo, uno dei più prestigiosi e meglio organizzali teatri stabili svizzeri. Abbiamo assistilo l'altra sera alla prima e vogliamo dirvi subilo che siamo rimasti ammirati dalla essenzialità, l'intensità, la cupa suggestione dello spettacolo. Scartando le più facili, quasi canoniche interpretazioni di questo celebre mito e della sua eroina (Medea perfida maga, moglie ingiustamente tradita, protofemminisla ribelle). Ronconi l'ha riletto co me il dramma di una segrega zione. di una prigionia più che nel corpo, nell'anima, e del tentativo di sottrattisi ad ogni costo, dapprima altra verso una serie di ben calcola le •finzioni di sé-, poi a prezzo del delitto più atroce, e perciò più liberatorio, paradossalmente, la soppressione del fi- La Corinto di Euripide diventa, dunque, un grigio universo concentrazionario. la gliaio in alto, di lato, da una griglia di ferro, dietro la quale guata un popolo di spie, ben protette sotto i loro spessi abiti marrone, i feltri marrone in capo, la canna d'avorio. Le ancelle di Medea stanno di qua della griglia, i timidi grembiuli azzurri delle recluse, le lampade in mano, il secchio della pulizia, un piccolo libro di lettura. Anche Medea (una straordinaria Annie Mutue Dermoni é come una profuga po vera, una sfollata d'altri .secoli la gonna lunga scura, appena ravvivata da un velo celestino. Come una sorvegliala speciale, vive in una reggia: ma è poco più che il simulacro di un palazzo, quattro basamenti di marmo bianco, spezzati quel tanto da lasciar intravedere il loro -umile» supporto ligneo: e. in allo, due torsi cretacei, un tronco di madre, un bimbo al seno. Eppure questa regina - non regina, questa madre decapitata, questa sposa senza consorte al fianco è dominata da una volontà incrollabile, quella di sfuggire all'isolamento, per acquisire, di nuovo, se stessa, la pienezza del suo • femminile-: ed è disposta, per questo, a «recitare- in ogni ruolo, a fingersi, spietatamente, -altra- da quella che veramente e. Con Creonte (Peter Arens). che le si fa incontro seguito da un drappello di notabili in mantelle di felpa nera, bordale d'ermellino (un re. dunque, capitano d'industria) e le impone di lasciare il Paese, Medea è ragionativa e scettica, le mani sul corsetto, poi straziata e implorante. Col marito Giasone (Matthias Habich), che la raggiunge nella tenuta bianca dello schermidore, il tono pacalo dell'eroe già compromesso e strumentalizzalo dal regime. Medea gioca alla seduzione sfrontata, quasi giovanetta guerriera, ansante, in una rissa sensua'e di mani e gomiti e salti sulle gambe. Con Egeo (Viktor Gouzin). il re d'Atene sterile ma potente (il solo personaggio in costume classico, alto sui coturni, avvolto in un gran drappo bianco: ma dietro a lui. come dietro al malato illustre, un'altra torma di non sai se frati o medici. In bianche tonache monacali e camici bianchi): Medea sarà melodrammaticamente supplice, quasi filiale. E con Giasone, di nuovo, s'atteggerà a docile e comprensiva, come chi ha sbagliato e lo ammetta, mentre prepara con le sue mani il manto d'oro, con cut avvelenare la rivale. Intanto un trasparente velario giallastro è calato tra lei e noi. come a suggerire che ormai Medea -recita- da sola, abbandonata com'è persino dalle serve recluse che le si scagliano contro una ad una. supplicandola di non uccidere. Ila già ucciso, invece, e la griglia alta e metallica, spostandosi, ora la blocca, proprio 11. in proscenio, come In una cella: e 11 lei assapora. una luce di perversione negli occhi, il racconto sbigottito del nunzio (Ingold Wildenauer). un servo scappato da un banchetto di sangue con la camicia sbottonata, il cappottone sulle spalle... Poi. di scatto, si getta fuori, verso un fiotto di luce che sbuca da una finestrina, a sgozzare i due figli, un urlo appena che si moltiplica r smorza in altre urla: un messaggio terribile pori .ito a staffetta. Quando Giasone sconvolto sopraggiunge, l'abito della festa scomposto. Medea è come una bianca farfalla uscita dalla crisalide: ridente, luminosa, corre in tondo, liberala da quel delitto che l'ha restituita a se stessa. C'è. si. un'altra Medea, un manichino sanguigno, su una macchina semovente, dominata da una sfinge alsia. laggiù, sullo sfondo: ma ia vera Medea è quella che alza il velarlo, è quella che esce dal suo incubo di non-appartenenza. Siamo noi. semmai, quel Giasone che. seduto a terra, la blonda zazzera scomposta, smozzica parole di un cordoglio insensato, nel più puro grottesco piccolo-borghese: siamo noi a non comprendere, a non accettare la delittuosa, sacrilega evidenza del mistero. Guido Davico Bonino Annie Makie Dermon protagonista di < Medisi >

Persone citate: Corinto, Guido Davico Bonino Annie, Ingold Wildenauer, Luca Ronconi, Maeterlinck, Matthias Habich, Peter Arens, Viktor Gouzin

Luoghi citati: Atene, Italia, Medea, Reggio Emilia, Zurigo