Al tavolo di Bonn di Frane Barbieri

Al tavolo di Bonn Domani Breznev dal Cancelliere Schmidt Al tavolo di Bonn DAL NOSTRO INVIATO SPECIALI BONN — Se fosse ancora in tempo. Breznev preferirebbe con ogni probabilità rinviare la visita a Bonn. Per certi versi un rinvio converrebbe anche a Schmidt. Quando l'incontro fu annunciato all'inizio dell'anno sembrava che il capo sovietico dovesse presentarsi in modo sommesso, riconoscente al Cancelliere tedesco perche questi, ricevendolo, faceva dimenticare l'aggressione dell'Afghanistan e spezzava l'isolamento in cui Mosca si era trovata a causa di quel colpo mancino. Poi Kabul, nella geografia diplomatica, era diventata lontana anche prima che Breznev approdasse sul Reno e fino a tre giorni fa sembrava che l'ospite, recuperato lo svantaggio, si presentasse da Schmidt fortemente avvantaggiato. Sembrava addirittura che il capo del Cremlino dominasse di più gli umori dei tedeschi dello stesso Cancelliere e che la visita dovesse servire a quest'ultimo per un eventuale recupero del suo ruolo, scosso dall'improvvisa ondata di contestazione pacifista. Ora. la clamorosa carta giocata da Reagan sconvolge di nuovo il quadro: alla vigilia dell'incontro tanto atteso e preparato troviamo Breznev che, invece di dominare la scena con le proposte che teneva nella manica, deve rispondere alle proposte molto più spinte avanzate dal presidente americano, tanto spinte da costringere Breznev a dare la risposta meno popolare per la sensibilità dei tedeschi, cioè quella negativa. E troviamo Schmidt che, preparatosi a raccogliere qualche cenno di buone intenzioni da Breznev per diventarne poi interprete presso Reagan. si trova da un giorno all'altro nella condizione di affrontare un Breznev diventato duro su suggerimento di Reagan, diventato morbido. Ancora lunedi scorso, nell'intervista al Times, il Cancelliere aveva diretto tutte le sue frecce polemiche contro la Casa Bianca, ponendo le speranze nelle aperture che gli sembrava di percepire fra le righe dell'intervista di Breznev allo Spiegel. Di colpo tutto e cambiato: i promemoria preparati per gli incontri a due non valgono più. l'ordine del giorno approntato per i colloqui si vede sconvolto, cambia per molti aspetti anche l'atmosfera confezionata per la visita. Poiché non gli era riuscito di scongiurare le manifestazioni contro Haig. Schmidt ora dovrebbe auspicare che tali manifestazioni si facessero nei confronti di Breznev per chiedergli la stessa cosa che si chiedeva ad Haig: fuori i missili dall'Europa. Tuttavia il Cancelliere i l'ultimo statista in grado di farlo e non solo per obblighi di ospitalità. E' vero che Schmidt può dichiararsi soddisfatto perche Reagan. adottando l'eopzione zero., in fondo ha fatto propri i suggerimenti tedeschi. Ma, è vero solo fino ad un certo punto. Il momento in cui il presidente americano si è impossessato dell'eopzione zero» e il modo in cui l'ha lanciala non potrà, almeno come primo effetto, che esasperare la posizione negativa di Breznev. E a Schmidt non conviene affatto di essere il primo testimone di una Mini le esasperazione. Un .ip prò fon dimento, anche se puramente polemico, del fossato fra Mosca e Washington diventa pur sempre per Bonn, nuovo solco fra le due Germanie. Si tratta di una circostanza che sta radicata nel subcosciente, e neppure tanto nel subcosciente, della politica tedesca. Nell'attivismo diplomatico di Bonn s'incrociano sempre due motivi: l'ambizione di svolgere il ruolo della prima potenza europea e la necessità di svolgere quel ruolo nel sen¬ sstnlsdtmcdgSBdae so di mediazione fra Est e Ovest. Tenere aperto il dialogo intereuropeo significa per Bonn non solo affermare la propria leadership sul Continente e non solo allontanare il pericolo di diventare teatro dell'urto più terrificante nel caso di guerra, ma significa anche tenere socchiuse le porte sul muro che divide la Germania. Di conseguenza, quando si dice che Schmidt domani di fronte a Breznev rappresenterà l'Occidente, si coglie solo uno degli aspetti dell'incontro. Schmid! aspira al ruolo di mediatore, come ha confermato anche ieri, non solo perche esprime una tendenza concordata dell'Occidente, ma perché sullo sfondo dell'impegno internazionale di Bonn sta sempre il miraggio della riunificazione tedesca. Si può aggiungere, come motivo a parte, anche l'ambizione, o se vogliamo la velleità, dei socialdemocratici tedeschi di riscattare il socialismo sovietico dalle sue involuzioni staliniane. Già Adenauer aveva stupito il mondo recandosi in visita a Mosca, ma poi tutti i Cancri lieri tedeschi, il democristiano Kiesinger, prima ancora dei socialdemocratici Brandt e Schmidt, hanno cercalo regolarmente di togliere l'Urss dall'isolamento in cui di volta in volta finiva con il cacciarsi. Nessuno in fondo aveva più comprensione dei tedeschi per il complesso di accerchiamento di cui soffrono i sovietici, cercando la sicurezza delle proprie frontiere con il loro spostamento sempre più lontano dall'Urss. Complesso di colpa? Debito storico? Destini e economie troppo intrecciali? Tutto insieme, ma oltre tutto la reciproca convinzione che in Europa ci sono due potenze che contano e possono determinare le sorti del Continente, la Germania e la Russia, appunto. Schmidt e Breznev s'incontrano ambedue non troppo contenti che Reagan li abbia anticipati proprio sul terreno europeo: avrebbero preferito imporgli una proposta invece che subirla. Frane Barbieri