Simenon, l'ultimo enigma

Simenon, l'ultimo enigma INTERVISTA COL PADRE DI MAIGRET: «UN'INCHIESTA SUL MIO PASSATO» Simenon, l'ultimo enigma Con «Mémoires intimes» ha sorpreso ancora una volta - Le ha dedicate alla figlia Marie-Jo, che si è uccisa tre anni fa con un colpo di pistola - «Ho messo nel volume le sue lettere, le sue canzoni, le sue poesie: ho voluto riunirmi con lei» - «Chiuso nei miei ricordi, piangevo mentre scrivevo» - «I grandi uomini non mi impressionano» - «I miei trucchi sono una finta» • «Il nuovo "romanzo popolare'? Una parola che mi agghiaccia» - «Non sopporto più la vista dei miei libri» - «Attendo la morte: non mi spaventa» A 78 anni Georges Simenon si riluffa in se slesso scrivendo olire 700 pagine. Era dal 1972 che lo scrittore usava quasi esclusivamente il magnetofono per i suoi Dettati. Adesso le Memorie intime, enorme composizione dedicata alla figlia Marie-Jo, uccisasi tre anni fa con un colpo di pistola, offrono infine la chiave migliore dell'enigma Simenon. Di volta in volta parigino della Place des Vosges. marinaio ambulante sui canali europei, agricoltore nell'Arizona, patriarca maniaco in Svizzera, collezionista di pipe, donne e case: ma chi è in verità Simenon? I ricercatori, biografi ed esegeti, che si accaniscono nel tentativo di penetrare il suo «mistero*, nascosto dal puzzle di un'opera vasta quasi un continente, hanno perso di vista ciò che fa di lui un maestro ingegnoso del trasformismo. Possiede insomma la preziosa innocenza dei creatori. E se per alcune ore. la pipa in bocca, sorseggiando tazze di ti freddo, ci ha recitato nella sua piccola casa rosa di Losanna la commedia del pensionato affabile, non lasciamoci ingannare. Questo suo ultimo traveslimen lo, l'aria bonacciona. la presenza attiva di Teresa, che lo accompagna da venl'anni, finiscono per diventare i segnali che traggono in inganno coloro che non hanno saputo leggere, nei suoi 21 Dictces. il messaggio dell'uomo deciso a scrutare l'universo dalla sua finestra. Ecco dunque Simenon così come si i rivelato in questa intervista. Lei é diventato un cremila, chiuso in questo appartamento. Eppure, con le «Mémoires». ha sorpreso ancora una volta. — I giornalisti vengono a ve dermi. Si siedono dinanzi a me. come lei. E chiacchieriamo. Faccio vedere le mie pipe che sono qui sul caminetto. Ciascuna corrisponde a un momento della giornata. Non ne ho altre qui. Quelle che mi mandano un po' da ogni parte le chiudo in casse che vanno nel deposito dei mobili. I giornalisti vogliono anche toccare il cedro che sii. nel mio giardino. Allora usciamo. Poi quasi tutti scrivono cose incredibili su di me. Parlano di un Simenon che io detesto. Ho cominciato le Mémoires. per mia figlia, il 16 febbraio 1980. Scrivevo otto ore al giorno, seduto a quel piccolo scrittoio. Chiuso nei miei ricordi, nei miei appunti. La sera, per le gambe piegale cosi a lungo, riuscivo appena a camminare. Toccava a Teresa trascinarmi fino al letto. Era duro, molto duro. Piangevo mentre scrivevo. Le ultime pagine, prima della notte, erano quasi illeggibili. La mia scrittura taceva, come me. A novembre, per battere a macchina il manoscritto, ho dovuto microfilmarlo, quindi si proiettavano su uno schermo le pagine ingrandite, e ci sono voluti quattro mesi per dattilografarle. Il libro è una lunga lettera indirizzata ai suoi quattro figli. Le celebrità e i grandi avvenimenti sono assentì. — Ho sempre ammirato Montaigne che durante l'assedio della sua città. Bordeaux, si interessava unicamente della malattia della pietra. Ne soffro, e lo dico. Avevo scritto Pedigree nel 1941 perché un dottore mi aveva dato soltanto dicci anni di vita. Queste Mémoires intimes sono il «Pedigree» di mia figlia, di sua madre e dei suoi tre fratelli. I grandi uomini non mi impressionano affatto. Ho detto più volte che cercavo «l'uomo nudo: Al di sopra delle classi e delle nazioni. Questa regola vale anche per me. Mettendo nel mio ultimo libro le lettere, le canzoni e le poesie di Murie-Jo ho voluto riunirmi con mia figlia. Ho trovalo, due anni dopo la sua morte, il tono della confidenza, senza cercarlo. Parlo all'orecchio dei miei figli. Sono riuniti attorno a me. tutti piccoli; crescono, soffrono, si allontanano. E' per assomigliare a loro che mi sono deciso ad uscire dal mio silenzio. Eppure ne ho incontrato di glorie! Da Foch, al quale, da ragazzo, avevo rivolto una sola domanda sibillina per la Gazate de Liège: «Andrà a Varsavia?*. Mi aveva risposto: «SI». Ero saltato sul suo treno speciale, alla stazione di Bruxelles. Fu il mio primo scoop. Fini sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo. Foch avrebbe firmalo la Piccola Intesa... Dietro, c'era Danzica. Avevo vissuto nello stesso albergo di Hitler, a Berlino, proprio prima dell'incendio del Reichstag... Ho ritrovalo per Paris-Soir una parie dei gioielli di Slavisky... Ho intervistato Trotski sull'Isola dei Principi, nel Mare di Mannara. Sembrava un contabile... E non ho mai dimenticalo gli occhi di tigre di Mustafa Kemal. un tipo incredibile, beveva due litri di raki al giorno. I suoi amici erano un po' di tutto: frequentava Chapiin. Miller. Guilry. Pagnol. Renoir e Raimu. — lo li amavo. Miller e Chapiin si sono conoscimi a casa mia. Bene. Ma non ho mai cercalo, come Rubinstein. di far collezione di nomi. Ho avuto il mio periodo mondano, i miei anni di inviato speciale, la mia parte di America. Ogni volta era la curiosità a spingermi. Per esempio, sino al mio arrivo a Parigi, nel 1922. avevo vagato per Montparnasse e la causa era la mia prima moglie, che faceva la pittrice. Ho conosciuto i veri Montparnos. Kisling. Vlaminck. Foujiia e Zadkine. Ho persino visto Soutine menire dipingeva il suo Boeuf icor che. Aveva appeso mezzo bue. frollalo nel suo studio. Le larve delle mosche cadevano per terra. F che puzza! Gli ho compralo una tela. Ma l'avanguardia, i surrealisti, la scrittura automatica, ciò non mi diceva nulla. In più. a quel tempo, ero soltanto un povero fabbricante, pieno di vergogna, di piccoli racconti «galanti» per Frou-Frou, ParisPlaìsirs. Sourire. Scrivevo fino a sette storielle al giorno, con pseudonimi come Perry oppure Gom Gul. E lei vorrebbe vedermi abbordare Brrton o Aragon al caffé? Ero legalo a Desnos e Youki. che avevo conosciuto a Paris-Soir. da Merle. Anche con Man Ray. al quale avevo commissionato la copertina per un Maigret. Un crime en Holland. stampalo da Fayard. Splendida! L'ho poi ritrovato a Hollywood durante la guerra. Nel 1934. tuttavìa, lei è diventato un autore per Gallimard. E Gide la copre di fiori. — Gallimard aveva detto a Florcnt Fels che voleva vedermi. Tutti lo chiamavano Gasion. Mangiava assieme ai suoi autori oppure li portava al bordello. Gli ho detto: «Non vi chiamerò mai "Gaston" né pranzeremo mai assieme. Chiudiamoci piuttosto nel vostro ufficio con il mio avvocato e il vostro segretario». Il contrailo fu firmalo. Non ho mai avuto problemi con lui. Fu Malraux a suggerire la copertina dei miei romanzi per Gallimard. Gide era rimasto entusiasmato da Le Coup de lune Anche lui volle conoscermi, e Gallimard mi invilo ad uno dei suoi famosi garden-partv del venerdì. Tutta la crema dei grandi intellettuali di Parigi, con Benda in testa, era presen¬ te. Gide mi prese da parte, i Quando ha creato il suo personaggio? - // mio personaggio, volete dire Maigret? - No. il personaggio che è lei. Tutu si creano un personaggio. ■ Ebbene, non io. Le giuro che non un sono mai crealo un personaggio*. Lo incuriosivo. Non gli era mai riuscito di scrivere un solo vero romanzo. Ai suoi occhi ero il romanziere puro, il fenomeno. Voleva che gli rivelassi il mio segreto. Più tardi ho aperto un album di sue fotografie. Posa in maniera incredibile. Con cappelli romantici, un berretto basco o un casco coloniale, gioca con le mani, lo sguardo penetrante. Il grande scrittore, che tipo! lei non ha ricette, ma trucchi: gli appunti sul retro di buste gialle, le matite ben appuntite... — Ho composto i miei romanzi come un artigiano che rifa sempre la slessa sedia. Prima ho imparato a scrivere presto, su qualsiasi argomento, fornendo un articolo ogni giorno per la Gazeite de Liège. I piccoli racconti da quattro soldi mi hanno dimostralo tutto ciò che non si doveva fare. Il pathos, la sensibilità affettata, il lirismo facile... cose che non troverete mai fra i miei scritti. Non sopporto nemmeno il grande lirismo, quello di Giono per esempio. Non é nella mia natura. Eppure egli era mollo simpatico. Deve sapere che ho letto molto fino a 28 anni. I russi. Gogol. Molti romanzi mi hanno lasciato un'impressione indelebile: Le Club des suicidés di Stevenson, oppure Au coeur des tenèbres di Conrad. E Faulkner. il più grande degli americani. Ma non volevo essere influenzato dalle mie letture. Era la vita a nutrirmi, come quella che nutriva Cen- drars. Ho visto da vicino la miseria, le spelonche del mondo intero. Ho visto i ricchi e ho partecipato alle loro orge. I miei trucchi, come li chiama lei. sono una finta. Nicolle. l'allievo di Pasteur, quello che ha scoperto il vaccino antitifico, aveva scritto un trattato assai geniale sulla fisiologia dell'invenzione. E' introvabile, ma le consiglio di leggerlo. Da giovane sentii una volta Duvernois dire una cosa molto commovente: «Quando non si può più fare l'amore, non si può più scrivere, lo faccio del Duvernois». E aveva sessanl'anni. II Festival di Reims le ha appena assegnato un riconoscimento. Cosa pensa dell'attuale « polare, il romanzo popolare poliziesco? — Polar. una parola che mi agghiaccia. Non ho mai fatto distinzioni fra i Maigret che scrivevo per il mio diletto e i miei romanzi «duri». Scrivere un romanzo poliziesco é abbastanza facile. Hanno una «torre di lancio», l'intrigo, un morto, dei sospetti. Anche se un capitolo dovesse risultare debole, la lettura continua fino all'ultima pagina. I giovani romanzieri americani a volte mi lanciano en passoni una slrizzatina d'occhio, un piccolo buongiorno da lontano, cose che mi fanno piacere. Per esempio mettono il no¬ gdsc me di Lucas. l'aiutante di Maigret. nelle loro storie. D'altronde ciò che McBain scrive con il suo ciclo di Cardia e Meyer Meyer assomiglia parecchio a ciò che facevo una volta. Dopo i primi Maigret. Xavier Guichard. un grande poliziotto che aveva arrestato Bonnot. mi invitò al Quai des Orfévres. Non conoscevo che i commissariati di quartiere. Più lardi, nel 1937. feci un'inchiesta giornalistica per Paris-Soir. • Police secours ou les Nouveaux Mystéres de Paris». Volevo tracciare una mappa degli omicidi e delle violenze di ogni quartiere. Trascorrevo le notti con gli agenti, in attesa delle chiamate. Grazie alla mia automobile, un modello gran sport molto veloce, spesso giungevo sul posto prima dei poliziotti. Ha detto la sua ultima parola con le «Mémoires intimes?» — Ho finito il mio ultimo •dettato». Destinée. con questa frase: «Non concepisco che mi sia possibile vivere tacendo*. A Memorie compiute, spero infine di essere in pace con me stesso. Ho cercalo di capire, senza trinciare giudizi. Avete trascorso alcune ore con noi e io mi sono lascialo andare ad una confessione sconclusionata di ricordi, di ciò che é la vera, forse, ragion d'essere dei vecchi. Per abitudine, noi passeg¬ giamo almeno due ore. Poi guardo le notizie alla televisione. Leggo il giornale. Tutte le mie faccende le sbriga la mia segretaria in città. Firmo non meno di cinque contratti alla settimana. Cinque produttori, in dieci giorni, si battono ora per avere i diritti di La Chambre bleue. un romanzo di cui si è parlato poco. Altri quattro si disputano Les Fantómes du chapelier. che dovrebbe essere realizzato da Chabrol. con Aznavour. Mi scrivono dal Giappone, dalla Russia. Studenti, sconosciuti. Qui non tengo nulla. Neppure una copia dei miei libri. Non ne sopporterei più la vista. Ho regalato i miei vestili, i miei cappelli, gli accessori, ad una compagnia teatrale di Losanna. I miei quadri sono al magazzino. L'Università di Liegi ospita il Centro Georges Simenon. Vi conservano la mia corrispondenza, i miei documenti, tulli i libri scritti su di me. quasi tutte le tesi, tutte le traduzioni dei miei libri, moltissimi film. Nessun foglio deve uscire dal Centro. Si può consultare unicamente sul posto. Attendo la morte. Certo, é un momento piuttosto spiacevole da subire, ma non mi spaventa in modo particolare. Raphael Sotin (op) righi M «l« Monde» « |*r l'Itili» di .liMimp» I osanna. Georges Simenon con una delle sue celebri pipe (Foto «La Stampa» - V ■■> Liprandi) Marie-Jo, la figlia di Georges Simenon (Da «Grazia»)