Voce nella tempesta di Giuseppe Prezzolini

Voce nella tempesta LE LETTERE DI CROCE A PREZZOLIMI Voce nella tempesta 23 settembre 1911. La Voce e Prezzolini sono nel mezzo della tempesta. Parecchi articoli apparsi fin dall'esule sulla rivista fiorentina, ostili all'impresa di Tripoli per ragioni di opportunità politica o di realismo economico, hanno sollevato polemiche e attacchi dalla stampa non solo nazionalista, provocando gravi fratture interne agli stessi «vociarli» Benedetto Croce, assai vicino al direttore, lo sostiene e incoraggia nel momento difficile, si impegna in un energico appoggia «Mio care Prezzolini... voi nefe dei pochissimi Ira i giovani che abbiano inteso e sentito che il dovere consiste nell'operosità civile. Ma laddove io mi sono ristretto nel campo della scienza e della cultura, dove è più age vote scorgere le vie da percorrere, voi avete affrontalo le tempeste della vita pratica, dove non solo gli ostacoli sono maggiori, ma maggiori le incertezze subiettive». Della Voce, il filosofo napoletano ha seguito la più remota genesi. Nel giugno 1908 aveva plaudito all'idea di un "giornale letterario rispondente alle nuove tendenze spirituali d'Italia», non troppo chiuso in una "cerchia filosofica». Ha suggerito il titolo. Cultura italiana. che non verrà accolto (ma resterà il titolo di successivi libri di Prezzolini); si è impegnato nella ricerca dei collaboratori: ha meditato il programma, approvandolo ma non rinunciando ad ammonire i responsabili della nascente testata a "temperare il tono», a "evitare parole troppo forti (bordello, eiaculazione ecc.)». cosi frequenti nel linguaggio acceso di Papini e non solo di Papini. Sottoscrive trecento lire l'anno in favore dell'iniziativa editoriale, difende apertamente la rivista dai malumori suscitati {«la gente si ribella, non ai vostri errori, ma alle verità che voi dite... », ha scritto a Prezzolini alla fine di maggio del 1909); invita alla prudenza, alla rinuncia a punte polemiche "aspre e non necessarie: Croce legge con attenzione ogni articolo che appare nella rivista, comunica le proprie impressioni al direttore, è prodigo di consigli, suggerimenti, proposte. Prezzolini appare, ai suoi occhi, il disinteressato divulgatore dello storicismo, il "commesso viaggiatore dell'idealismo militante» come lui stesso amava definirsi. In quello stesso 1909 ha pubblicato, dal fedele Ricciardi di Napoli, un volumetto a tutto tondo su Croce, che si inquadra in una collana dal titolo orgoglioso. «I contemporanei», "con bibliografia, ritratto e autografo»; centoventi pagine schiette, terse, tutte di getto, senza un aggettivo in più, senza una sbavatura retorica, volte a inquadrare Croce, non ancora cinquantenne, fra i classici pacificati e distesi del pensiero nazionale. Sono gli stessi mesi in cui Prezzolini. grande editore e scopritore di talenti, si batte per fare acquistare i libri di Croce dal fiorentino Gabinetto Vieusseux (che lo aveva tenuto lontano, come l'aveva tenuto lontano la terza pagina del Corriere albertiniano). Croce diventa, per qualche tempo, una specie di suprema cassazione della Voce. Quando Soffici, Papini e Slataper propongono di trasformare il periodico in un giornale puramente letterario, lo studioso di Napoli esprime intera la sua contrarieti, invitando Prezzolini — che si rivolge a lui da "affezionato discepolo», come ricorderà molti anni dopo — ad insistere sugli "aspetti pratici: senza tralasciare "articoli critici e filosofici». "La Voce è una rivista di idee e di fatti e deve restare così», come pure deve restare il direttore, che "l'ha creata e portata a una forma così bella ed efficace, e ogni giorno la va perfezionando: "Voi dovete restare direttore: ribadisce ancora net luglio 1911 il collaboratore e amico napoletano, allorché Giovanni Amendola minaccia di rompere con la Voce non condividendo la linea troppo morbida seguita dai «vociarti» dopo l'aggressione patita da Soffici e Meilai Jo Rosso ad opera di un gruppo di futuristi. Egualmente, la rivista deve mantenere la propria natura e fisionomia; né puramente letteraria, né spiccatamente politica, come la vorrebbe Gaetano Salvemini, nei mesi di infuocate polemiche del 1911. •■// Salvemini renderebbe la Voce un giornale di battaglia politica: e sarebbe una rovina», è il pensiero di Croce, che ribadisce il 20 ottobre a Prezzolini: "lo non credo che la Voce possa diventare un organo propriamente politico, per tutte le ra¬ gppvsxnaVcsddcmntddpcC gioni che voi avete detto, anche per questo: che la migliore lesta politica della redazione, il Salvemini, è ancora un curioso miscuglio di mazzinianismo e marxi^ro. Sicché non vede chiaro, ne? sente limpidamente». Di 11 a poco Salvemini darà vita alVUnità. Croce e Prezzolini. Un incontro lontano, che risale al 1903, alla contemporanea nascita della Critica e del Leonardo; un rapporto serrato, ricco di chiaroscuri di sfumature, di confluenze ma anche di ammiccanti distinzioni per l'intera età gioì it nana, fino alle divisioni nette provocate da interventismo e fascismo. E" un legame che rivive in tutte le silimature nelle lettere di Croce a Prezzolini che un'edizione speciale a cura del dipartimento della pubblica educazione della Repubblica c Cantone del Ticino si accinge a rendere note al più vasto pubblico italiano e internazionale: testimonianza preziosa, autentico affresco della tormentata realtà culturale italiana nel primo quindicennio del secolo. Le ho in mano in bozze, perché la fiducia degli amici ticinesi, a me legati da tanti anni di collaborazione culturale, ha voluto che ne fossi il prefatore. Tratte dall'archivio Prezzolini. acquistato di recente dal governo del Cantori Ticino, curate con assoluto rigore e metodo crìtico da Ottavio Besomi c Augusta Lopez-Bernasocchi, le oltre 28D lettere spaziano dal 1904 al 1939. Ma con una distribuzione cronologica emblematica e rivelatrice: duecentocinquanta sono infatti «concentrate» in poco più di un decennio, dal 1904 al 1913. e appena una trentina distribuite nei ventiquattro anni successivi, fino al 1939. Molta acqua è da allora passata sotto i ponti della penisola, molti dei giovanili entusiasmi si sono sopiti, molte delle iniziali attese sono state deluse od infrante. La Critica e il Leonardo avviano all'inizio del Novecento una contemporanea, comune azione di rottura nei confronti della cultura positivista, ma da sponde diverse. Una diversità che Croce non manca di mettere in luce nelle lettere: nei giu¬ dizi, nei commenti, nei richiami, nelle precisazioni. Si pensi, per fare un esempio, alla polemica su Giovanni Gentile, che Croce tenacemente difende dagli attacchi dei redattori del Leonardo. "Quanto al Gentile, io lo considero un ingegno forte e seno: dalle discussioni con lui ho sempre imparato ed imparo. fc" ' uomo di molta dottrina; scrittore limpido, vivace, semplice: non so quali altri scrittori di cose filosofiche possano stargli a pari, m Italia», replica a Prezzolini, in polemica, soprattutto, con Papini. In quella stessa lettera, datata 31 gennaio 1907. Croce difende la Critica da uno sgarbato attacco apparso in una «nota» del Leonardo, e traccia le differenze di fondo fra le due testate, fra le due esperienze respiranti in climi diversi. "Ella sa che io ho una fede fortissima nella ricerca del vero, che costituisce per me la serietà della vita. E questa ricerca importa metodo, disciplina, continuità storica». Il Leonardo invece sostituisce alla fede nella verità la manifestazione del temperam.>ito individuale, ignorando il metodo: atteggiamento artistico, non filosofico. Anzi, per usare le parole di Croce, "non è filo sofico. ma non è neppure vera mente artistico; è qualche cosa di mezzo tra arte e filosofia. Se fosse un'arte, l'accetterei come tale. Ma essendo un miscuglio di arte e di filosofia sono co stretto a combatterlo». La prima e vera frattura fra Croce e Prezzolini sarà sull'in tervendsmo, sulla guerra e su Giolito. Croce è contro l'inter vento, diffida della guerra, ri spetta Giolitti. "lo credo che il Gioititi, scrive a Prezzolini il 16 maggio 1913, avesse il dovere di far sentire la sua voce e la sua forza, poiché egli rappresenta la maggioranza del parlamento, ossia di un potere legalmente costituito». Il clima, nella relazione di Croce con Prezzolini, si deteriora. Nelle lettere sempre più rare il "gentilissimo» o "carissimo Prezzolini» dei tempi lontani si attenua in un più pacato e distaccalo "caro Prezzolini: 11 ventennio fascista, poi, farà il resto. Solo la filosofia riunirà ancora i due attivissimi protagonisti del carteggio degli Anni Dieci, oltre le divisioni politiche. Nell'ultima lettera di questa raccolta, che è del 24 luglio 1939. quando la guerra devastatrice incombe alle porte dell'Europa, Croce ringrazia Prezzolini per l'invio del secondo volume del Dizionario bibliografico degli scrittori italiani: "I due volumi mi riescono molto utili»: annota don Benedetto. Non c'è più il consenso, ma rimane il culto del mestiere, che riunisce i due «artigiani» ormai al tramonto. Giovanni Spadolini Giuseppe Prezzolini

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