Marx di Malaparte così crepuscolare con Maranzana-Giraldi

Marx di Malaparte così crepuscolare con Maranzana-Giraldi «Das Rapita!» in scena all'Adua Marx di Malaparte così crepuscolare con Maranzana-Giraldi TORINO — Ho fatto bene, nella sua fervida ostinazione. Mario Mammana a riproporre, con l'appoggio del Teatro Stabile Friuli-Venezia Giulia, a trentadue anni dalla prima parigina. Das Kapllal di Cure-io Malaparte. da mercoledì i a I e n o o a, ei sera all'Adua, regia di Franco Giraldi. Ha fatto bene perché (a parte la coincidenza di una ancora incerta .renaissance, malapartianal questa commedia, scritta e mesta in scena a Parigi in clima di guerra fredda, putì essere valutata oggi con ben diverso, sereno equilibrio, e non risulta affatto inferiore, anzi si staglia semmai qualche gradino più su di altre incursioni sulla scena da parte di scrittori italiani, in quegli stessi anni E'. Das (Capital, commedia di idee e d'atmosfera, in cui la parola non vibra da sé sola, ma si innerva, per ttrette scansioni nel dibattito morale e politico: e appena, a tratti, si ammanta di crepuscolari risonanze, venate di patetismo. Le idee sono quelle di un Marx trentaduenne (siamo nel ltSll. forzato all'esilio a Londra, costretto ad una difficile convivenza con altri emigrati (i francesi, che il colpo di Staio di Luigi Napoleone riscalda fuori di misura), visitato da inquieti, aristocratici terroristi, come Ittalianittimo Felice Orsini, e tallonato soprattutto da un famulo-antagonista, un certo Godson, un figlio di dio appunto, un cristiano in odor di fede mistica e visionaria. L'atmosfera patetica è quella di un Marx alle prese con le ttrettezze della vita, con la morte precoce dei figlioletti, le sofferenze della pur indomita moglie: un pensatore incerto ancora dell'esito rivoluzionario della propria visione del mondo, eppure non disposto per nulla a rinunciarvi, a scendere a patti con l'odiato capitale. La regia di Franco Giraldi (uomo di cinema fine e appartato, sempre più tentato dalla prosai tiene in egual conto i valori di parola e di atmosfera: alla prima dà pacato rilievo, concedendole un nitido ma sobrio spazio di risonanza; la seconda non lascia mai stingere nel melodrammatico o nel romanzesco (cui ci ha purtroppo avvezzi la tivù, con tante sue biografie sceneggiate), coadiuvato in questo dalla scenografia di Sergio D'Otmo, uno siamone nudo. alto, grigiastro, tolcato a raggiera da lunghe atti, che ha qualcosa di una cavea, uno spoglio anfiteatro aperto alle bufere del secolo. Anche l'interpretazione degli attori si attaglia, con ben dosati trapassi, ai due regittri espressivi appena citati. Maranzana. corpulento e barbuto com'è e somigliante com'è al suo personaggio, evita accortamente qualunque coloritura ad effetto, lo .porge, con una naturalezza quotidiana, si lascia appena andare a cauti abbandoni di commozione e stanchezza. Margherita Cucinati è una moglie Jenny di nativa, aristocratica eleganza e di indomita fierezza. La Sonni colorisce con bell'impeto la generosa, vitale sarta rivoluzionaria Bertaud. Ma il jolly della serata, l'asso pigliatutto, è quel Godson attonito e scattante, frenetico e delirante, dispettoso, a tratti, con punte di sulfureo satanismo, che Vittorio Franceschi incide nell'aria a colpi di rabide occhiate, di gesti stralunati, di beffarde nasalità. Alla prima l'Adua era gremito, molti giovani, moifi applausi, g. d. b.

Luoghi citati: Londra, Parigi, Torino, Venezia Giulia