Il «tifone» Haig sui Caraibi di Ennio Caretto

Il «tifone» Haig sui Caraibi OSSERVATORIO Il «tifone» Haig sui Caraibi Dimostrandosi una volta tanto più realista del re, il segretario di Stato Haig ha chiesto al ministro della Difesa Weinbergcr di preparare un piano per un intervento armato nel Salvador, e contro Cuba e il Nicaragua. Il piano, a cui Weinberger si e premurato di manifestare ostilità, verrà discusso in questi giorni alla Casa Bianca, insieme con un pacchetto di iniziative diplomatiche ed economiche in Centro America. Riferisce il Ne*- York Times. che ne ha scoperto l'esistenza, che Reagan e il suo «Richelieut. il capo di gabinetto Mecse. sono piuttosto scettici, ma non si sentono di escludere a priori *opzioni militari* nel caso la crisi salvadoregna si aggravi irrimediabilmente. Haig aveva anticipato il proprio irrigidimento in un'intervista a Nev.'sweek la scorsa settimana. «// confronto governo-guerriglieri è in un'impasse — aveva detto — e reconomia è in dissesto... Temo eccessi dall'estrema destra e dall'estrema sinistra... Per questo ho ordinato un riesame della situazione*. L'altro ieri un suo collaboratore, McFerlain. e andato oltre: ha identificato in Cuba, -che agisce in Centro America per conto della Russia, la fonte dei problemi* nel Salvador. Riferendosi a misure recenti, quale il più rigido controllo delle multinazionali che dalla Giamaica e Panama esportano a L'Avana. McFerlain ha detto che sono solo palliativi. Le richieste di Haig riguarderebbero: 1) il blocco aereo e navale del Nicaragua, attraverso cui passano le forniture ai guerriglieri salvadoregni; 2) un blocco analogo di Cuba, che e il loro punto di partenza, nazioni selettive di disturbo*, o addirittura un'invasione da parte di forze armate Usa e latino-americane, 3) la stesura di un accordo su queste e altre iniziative con lea¬ der di Paesi amici come il Venezuela e la Colombia. Riferisce il New York Times che «non si conosce la risposta dei Paesi latino-americani contattati*. Esplicita invece la reazione dell'Avana: Fidel Castro ha messo le sue truppe all'erta e ha denunciato in pubblico il pericolo di un attacco yankee all'isola. Le obiezioni di Weinberger e della Casa Bianca a un intervento militare non nascono tanto da un dissenso sulla valutazione della crisi e le responsabilità cubane e nicaraguegne. Sebbene Castro lo smentisca, sono convinti che L'Avana e Managua abbiano inviato a El Salvador non solo armi ma anche guerriglieri. Il loro timore è che un'operazione bellica in Centro America spinga l'Urss a una rappresaglia dove la presenza Usa e incerta, ad esempio nel Golfo Persico o a Berlino Ovest. Non vogliono che da locale il conflitto si faccia internazionale. Taciuto ma presente è inoltre lo spettro del Vietnam, dietro cui si agita una crescente folla pacifista, non diversa da quella europea. Come accennato, tuttavia, Reagan e Meese esitano a bocciare completamente «l'opzione delle armi». Il loro obiettivo e stabilizzare la situazione a El Salvador, risanarne l'economia e indurre il presidente Duartc a indire libere elezioni. Ma il ministro della Difesa salvadoregno Guillermo Garcia. in visita in questi giorni a Washington, ha ammonito che esso si rivelerà irrealizzabile senza una prova di forza della superpotenza. Gli aiuti economici e diplomatici, ha affermato, saranno neutralizzati dai guerriglieri col terrorismo e il ricorso a Paesi come la Francia. Il dilemma di Washington c dunque difficile e forte è la tentazione di una scelta violenta, dopo mesi e mesi di polemiche. Ennio Caretto Haig: un piano contro Salvador, Cuba e Nicaragua