Il profeta Bruno Walter al servizio del verbo di Mahler di Massimo Mila

Il profeta Bruno Walter al servizio del verbo di Mahler Tradotto il famoso saggio sul compositore austriaco Il profeta Bruno Walter al servizio del verbo di Mahler «. RICONOBBI aHoro chiaramente che il mio dovere era di servire la sua opera con tutte le mie forze». Cosi dice di Gustav Mahler il grande direttore Bruno Walter, che infatti ne fu infaticabile esecutore nei tempi in cui le azioni di Gustav Mahler erano bassissime, le accuse di elefantiasi e d'ipertrofia sinfonica all'ordine del giorno, e mai si sarebbe potuto prevedere l'ondata di ammirazione, quasi di passione che oggi circonda la sua opera. Oltre a servirlo dal podio con la bacchetta. Bruno Walter, cui non mancavano doti di scrittore, lo illustrò con la penna, scrivendo nel 1936, venticinquesimo anniversario della sua morte, un volumetto di ricordi e riflessioni, che oggi viene presentato in italiano in una confezione un po' complicata: c'è l'originale di Bruno Walter e c'è la prefazione che egli scrisse vent'anni dopo per l'edizione americana; c'è una scelta di lettere che si riferiscono a Mahler; c'è un articolo recente di Pierre Boulez intitolato E'attuale Mahler?, il tutto a cura di Georges Liébert, il quale ha pure fornito una preziosa messe di apparati, di note e di appendici che completano lo smilzo volumetto originario in un utilissimo «Mahler book». Le traduzioni sono scorrevoli e si leggono bene, ma sulla loro attendibilità non ci si saprebbe pronunciare, per via di alcuni strafalcioni catastrofici destinati a diventare proverbiali: per esempio, la forma di cànone in cui è trattata la marcia funebre della I Sinfonia diventa lo •strisciare spettrale del cannone», e i tre canti per contralto (in tedesco: Alto) nel Lied von der Eròe diventano «i tre canti antichi». I ricordi di Bruno Walter rivelano l'uomo e l'artista Mahler. Nel suo romanticismo sentimentale (Walter era l'uomo che non temeva di scrivere d'una cantante: .Non aveva soltanto una gola, ma anche un'anima»). Bruno Walter mette in luce coraggiosamente le ra- gioni, non propriamente musicali, del fascino enorme esercitato dalla musica di Mahler: il suo coinvolgimento nel dolore universale, la sua tendenza a cercare la soluzione di problemi insolubili, a scavare i «quesiti sul senso della nostra esistenza* e a farsi perciò compagno di strada dell'uomo moderno. Su questi fatti Walter reca testimonianze sensazionali: per esempio che la citata marcia funebre della I Sinfonia Mahler la considerava «un'accusa scottante contro il creatore». Sulla viva presenza della natura nella musica di Mahler valga l'episodio della visita che Bruno Walter gli fa nella sua villeggiatura di Steinbach. Vedendo che, appena sbarcato dal lago di Attersee, Walter si attardava a contemplare l'affascinante paesaggio alpino, Mahler, che aveva scritto allora il preludio della III Sinfonia intitolato «Quello che mi racconta la montagna», gli fa con impazienza: «Lasci perdere, l'ho già messo tutto nella musica». In una preziosissima lettera del compositore si rivela che la «trivialità» tanto rimproverata dai critici nelle sue scelte tematiche non era un difetto di gusto, ma una scelta deliberata e consapevole, a proposito della quale il suo umorismo esercitava una caustica autoironia. Artisticamente Bruno Walter era un conservatore, diciamo pure un reazio¬ nario, come Toscanini e Furtwangler, e come tutti i conservatori ammirava l'audacia compositiva e la novità nel passato (in questo caso in Mahler) detestandole nel presente. La prefazione americana del 1956 è un patetico documento di difesa contro la marea montante del modernismo che oggi tende ad annettersi Mahler facendone il precursore di tutto ciò che Bruno Walter non può soffrire: «l'atonalità, il sistema dodecafonico, lo svuotamento di ogni spiritualità e lo sperimentalismo». Sicché elargisce a Mahler il dubbio elogio di essere un «ardito epigone» (proprio il temine squalificativo con cui Mahler era bollato quand'era incompreso), ed afferma che «nonostante le sue ardite novità, appartiene comunque ad un'epoca sana» (?) e «conserva ancoro la sua forza vitale nella nostra epoca malata». Il curioso è che su per giù alle stesse conclusioni arriva, dalla sponda opposta, Pierre Boulez. «E' attuale Mahler?» egli si chiede. E l'enfasi cade sul punto interrogativo. «Significherebbe forzare le cose e far dire loro più di quanto non possano» collegare l'opera di Mahler a una corrente «progressista» che porterebbe direttamente e senza difficoltà alla Scuola di Vienna. «C'è troppa nostalgia, troppo attaccamento al passato per farne un rivoluzionario che ha innescato un irreversibile processo di rinnovamento radicale». In realtà Mahler è attuale, anzi eterno, non tanto per ragioni di linguaggio musicale, quanto per quella partecipazione fraterna alla crisi dell'uomo moderno, che Bruno Walter rileva cosi bene col candore del suo idealismo sentimentale. Sono cose che probabilmente anche Boulez pensa (o sente), ma lui si farebbe fucilare piuttosto di dirle, e proprio per questa reticenza a qualcuno il gelido Boulez può riuscire più simpatico dell'affettuoso Bruno Walter. Massimo Mila Bruno Walter: Gustav Mahler, Introduzione di Pierre Boulez, Editori Riuniti, 210 pagine, 6500 lire. Mahler dirige: schizzi caricaturali di Otto Bohler

Luoghi citati: Vienna