Luciano, un Bonaparte ambizioso come Napoleone

Luciano, un Bonaparte ambizioso come Napoleone Biografie Luciano, un Bonaparte ambizioso come Napoleone FRA tutti i numerosi fratelli e sorelle che componevano la famiglia di Napoleone, il più capace, il più «Bonaparte», è stato certamente il terzogenito Luciano. A differenza dell'imbelle Giuseppe, dell'ipocondriaco Luigi, dell'eterno vagheggino Girolamo (senza parlare delle sorelle, tra cui menzioneremo, per bellezza e fedeltà fraterna, la sola Paolina, eternata dal Canova), Luciano aveva un senso politico e un'ambizione di potere non inferiori a quelli del grande fratello, senza averne le doti militari, ma possedendo più di lui la capacità di dominare e manovrare sia le camarille che le assemblee, con un'abilità di compromesso, un'eloquenza tribunizia, un pragmatismo che gli consentivano di mutare di ideologia continuando a restare se stesso. Con gli altri fratelli del futuro imperatore aveva in comune solo le doti negative: una sete insaziabile di guadagni, leciti o no, la convinzione di poter vantare diritti dinastici, quasi fossero ereditari, e non conquistati dalla spada del vincitore di Marengo e di Austerlitz. Di sei anni più giovane di lui, coinvolto nelle vicende familiari legate a quelle della Corsica natale, dimostra una straordinaria precocità nel far politica, partendo dal più acceso giacobinismo, adattato via via alle fasi successive della rivoluzione, fino a raggiungere l'illuminato costituzionalismo repubblicano che gli permetterà di accostarsi all'ideologo Sieyès, all'ex terrorista Fouché, al maestro d'ogni diavoleria politica Talleyrand. nel preparare la caduta del Direttorio e l'avvento al potere di Napoleone retour d'Egypte. Inutile ricostruire le fasi preliminari e quelle drammaticamente conclusive del 18 e 19 Brumaio, le giornate in cui nacque il Consolato, germe della futura dittatura imperiale, e della parte decisiva che Luciano ebbe in quella svolta finale del processo rivoluzionario. Lo fa con grande precisione e esatta valutazione dei compiti svolti dai fratelli Bonaparte in quelle giornate Antonello Pietro- marchi, storico e diplomatico, nel suo recente libro su Luciano. Ancor più che un saggio storico, alimentato da documenti inediti, su un argomento cosi noto e esaminato sotto ogni angolatura dagli storici di ogni tendenza politica o storiografica, si tratta di una biografia esatta e riassuntiva, quasi didascalica, senza cedimenti a introspezioni psicologiche e a colorite narrazioni di drammatici contrasti familiari. Con stile asciutto, fino ad apparire dimesso, ma nutrito di un apparato bibliografico esauriente, viene delineato il passaggio, quasi inevitabile, dall'amicizia all'inimicizia, con contrastanti risvolti, tra due fratelli troppo simili nei propositi e nelle ambizioni e troppo diversi nelle manifestazioni caratteriali. Non si può accusare d'ingratitudine Napoleone di fronte a Luciano: di lui, alleato prezioso il 19 Brumaio, farà prima il suo ministro dell'Interno, poi l'ambasciatore in Spagna, missione delicata perché volta a scatenare un conflitto ispano-portoghese per bloccare il predominio britannico sui porti lusitani. Missione che Luciano seppe trasformare in assai lucrosa e profittevole per la sete di ricchezza e la passione di collezionista d'opere d'arte, grazie alla stretta intesa con Manuel Godoy, favorito dell'orrenda e lussuriosa regina, maestro impareggiabile nel trasformare in denaro, acquisito senza scrupoli, ogni atto politico, compreso un affrettato trattato di pace col Portogallo. Luciano tornerà in Francia, carico di quattrini e di quadri d'autore, ma non sarà la sua corrotta e insoddisfacente missione diplomatica a condurre alla rottura col fratello, ormai avviato alla monarchia. Vedovo, con due bambine, di Christine Boyer, sposata giovanissimo, s'innamora, con passionalità corsa, di Alexandria de Blechamps, una stupenda signora, vedova anch'essa, d'origine borghese, una delle donne più belle e di più discussa fama tra quelle emerse nella Parigi del Direttorio e del Consolato, come Théresia Tallien e la stessa Giuseppina Beauharnais, ormai moglie del Primo 'Console, sposandola all'insaputa della famiglia. Napoleone rifiuterà di riconoscere il matrimonio del fratello con una, cosi la definisce, «donna galante-. »La mia almeno è giovane e bella», ribatte Luciano, ricordando al fratello che ormai vede i matrimoni familiari sotto specie di politica dinastica. Dopo una simile scenata, la rottura è inevitabile e Luciano lascerà la Francia per Roma, dov'è bene accolto da Pio VII, memore della sua opera per la conclusione del Concordato con la Francia. Luciano resterà fedele all'amata, fino a rinunziare, anni dopo, al trono di Spagna, offertogli dal fratello in cambio di un divorzio. Incomincia cosi la vita romana di Luciano, in una Roma papale, descritta nelle migliori pagine di questo libro. L'ex giacobino ascende ai fastigi della nobiltà romana e cosi com'era stato avido nell'accumulare l'ingente patrimonio, ora è prodigo negli acquisti immobiliari e di opere d'arte, che più tardi, impoverito, gli permetteranno di far fronte ai debiti. L'arida e selvaggia campagna di Canino e Musignano non basta ad assorbire l'energia di quell'uomo, cosi simile al fratello che sta conquistando l'Europa. Inquieto, pensa di emigrare in America, ma è fermato da navi inglesi e costretto a un lungo, se pur piacevole esilio in Inghilterra. Ma abbiamo premura di giungere ai giorni della caduta dell'impero napoleonico, quando si rivelerà veramente l'animo del fratello minore, tornato amico. Dopo la fuga dall'Elba, sarà accanto a Napoleone, dimenticando il passato e forse sperando che sia giunto il momento di attuare il sistema monarchico-consolare che rappresenta il suo ideale costituzionale. Guido Yrtom Antonello Pietromarchi: Luciano Bonaparte principe romano, Città Armoniosa, 373 pagine, 15.000 lire. I cinque fratelli Bonaparte in una stampa dell'epoca: (da sin.) Giuseppe, Luciano, Napoleone, Luigi e Jerome