Come il principe di Biscari partì per le crociate nelle stanze del suo palazzo di Giampaolo Dossena

Come il principe di Biscari partì per le crociate nelle stanze del suo palazzo Anna Moncada erede della storica famiglia ci parla del suo romanzo Come il principe di Biscari partì per le crociate nelle stanze del suo palazzo CATANIA — Sta uscendo dalla Longanesi un divertente romanzo di Annalisa Moncada, L'anno venturo di là del mare (pagine 172, lire 8500). Siamo venuti a parlarne con l'autrice perché il romanzo si svolge in casa sua. Annalisa Moncada di Paterno Castello vive infatti a palazzo Biscari: quell'arcipelago di costruzioni che tiene tutto l'isolato, un ettaro di superficie, tra via Porticello e via Vecchia Dogana, dietro il Duomo, sul mare. E' un complesso architettonico famoso, di cui parlano tutte le guide di Catania e tutte le monografie sul barocco siciliano. «£' il palazzo più grande di Catania» dice Annalisa Moncada. « Bisogna arrivare a Palermo per trovarne di altrettanto grandi. Per questo a Catania e a Palermo, non altrove, si racconta il vecchio aneddoto del principe siciliano che sarebbe dovuto andare in Terra Santa, per un voto. ma preferi compiere il pellegrinaggio in casa, aggirandosi nel palazzo per un numero di miglia pari a quelle che avrebbe dovuto percorrere realmente dalla Sicilia a Gerusalemme. Solo in palazzi sterminati e complicati come questo l'aneddoto ha senso». Questo aneddoto è un classico nella storia dei labirinti. Se ne è parlato recentemente nella mostraconvegno sui labirinti che s'è tenuta a Milano. • E' un classico della tradizione orale siciliana. Ai labirinti io non ho mai pensato. Sono vissuta a Padova e ho visitato tante volte il labirinto di Villa Pisani, a Stra, ma mi è sembrato un gioco infantile». Il protagonista del romanzo si chiama Monpilieri (ma c'è il nome di una piccola località sull'Etna: Mompilieri). Evidentemente, vivendo in palazzo Biscari, è un principe di Biscari. E di un antenato di questo Monpilieri lei dice che >doveva amare i giocattoli perché li descriveva minutamente». Il lettore non può far a meno di pensare che lei alluda a Ignazio Paterno Castello, quinto principe di Biscari (1719-1786). L'anno scorso Sellerie» ne ha ripubblicato il Ragionamento sopra gli antichi trastulli de' bambini con una prefazione di Lidia Storoni. «£' una coincidenza che non deve trarre in inganno. Il mio personaggio è totalmente di fantasia, l'ho inventato io da cima a fondo. Le date sembrano precise, ma siamo alla fine di un Settecento molto sfumato. A me della realtà non importa niente. Se mi togliete la gioia di inventare cosa divento? Un Ambrogio Fogar?». Monpilieri ha peripezie molto romanzesche. Come ha fatto a inventarsele? «Ho sempre avuto molta fantasia. Da bambina inventavo fiabe. A sei anni ho cominciato a scriverne. Scrivevo lunghe lettere a mio padre. Mio marito deve essersi deciso a sposarmi per liberarsi dalle mie lettere. Gliene ho scritte un paio al giorno per tre anni». Anche i suoi due primi romanzi, pubblicati da piccoli editori di Roma e di Palermo, erano di pura fantasia? «Oh già. E siccome il protagonista era una donna, i miei amici han voluto vederci riferimenti autobiografici. Invece non è vero niente. Il povero Brancati si raccontava storie di personaggi riconoscibili, e quando tornava a Catania 10 bastonavano a sangue. Lo maciullavano di botte». Resta, come elemento riconoscibile, il palazzo. *Mi ci sono aggirata per trentanni. Poi ho cominciato a scriverne. Ho riscritto il romanzo cinque volte, aggiungendo e tagliando. Adesso sono 170 pagine, ma a un certo momento erano 340». Prendiamo una frase che mi sembra importante. Questa, della ragazza che 11 principe vuol coinvolgere nella finzione del suo viaggio. «JVo, 'cellenza», dice la ragazza, 'Siete voi che sognate: io sveglia sono. Però, se mi dite che devo sognare, voi siete il padrone, e vi ubbidisco». Quando l'ha scritta? 'L'ho aggiunta sulle bozze. Quel giorno stavo nel mio studio e ho sentito una voce di donna in cortile. Io vivo da trent'anni in Sicilia. Amo molto questa gente. Credo di essere la prima persona non siciliana che scrive un romanzo interamente siciliano». Il romanzo è molto siciliano ma anche molto visionario. Certi arrivi di suonatori e di zingari sono apparizioni da Cent'anni di solitudine. 'Amo Garda Marquez ma non credo di dovergli nulla. Se volessi essere qualcuno di diverso da quel che sono, vorrei essere Saul Bellow. Nei suoi libri trovo un umorismo che non so se è proprio quello die ha voluto metterci lui, ma mi dà un conforto straordinario, per vedere la vita». Mentre parliamo, passeggiamo anche noi per il palazzo. Ci sono sale e scaloni da antologia, pagine memorabili di storia dell'architettura, e ci sono ali abbandonate, sgabuzzini diroccati. A ogni punto di questa precisa topografia è ancorata una tappa del viaggio descritto nel romanzo. Tutto è riconoscibile. La realtà vince la fantasia, la riporta fra noi. Camminiamo come se leggessimo il libro, parliamo del libro come se abitassimo nelle sue pagine. Questa visita guidata è qualcosa di più che turismo letterario, è una prova dì nervi allucinante. «Su questa scaletta che porta a quella terrazza una mattina all'alba ero assorta in altri pensieri e non ho più capito dov'ero. A volte anche a me succede di per¬ dere l'orientamento. Di colpo mi fu chiaro che in questo punto il mio Monpilieri si sarebbe reso conto di essere arrivato a Gerusalemme». Il suo romanzo ha un finale che non racconteremo per non togliere il gusto della sorpresa ai lettori. Si può dire che è un «lieto fine»? •Io adoro gli happy ends/ Lo Zammarano che accompagna Monpilieri, avevo deciso di farlo morire, ma poi l'ho salvato, per non guastare l'allegria». Entriamo in un altro dei sette cortili. C'è qualcosa che non va. Una Land Rover targata Gran Bretagna, con scritte in arabo sulle fiancate. Sono arrivati in sogno dalla Palestina per restituire la visita? «Nonmi dica sciocchezze. E' la macchina di Viki Alliata». La Vittoria Alliata di Harem? Non è di Palermo? Cosa ci fa, qui? « Ci vive. Quelle due finestre con le tapparelle sono le sue». So che il mondo è piccolo e la Sicilia è un'isola. Immagino che le principesse si conoscano tutte tra di loro e si affittino fette di palazzi scambievolmente. Ma permetterà, signora, che abbia avuto un attimo di smarrimento. 'Perché?! E' una coinddema così banale! Così reale.' Pensi che bello se la Land Rover di Viki in un cortile di palazzo Biscari lei se la fosse inventata! Ci vuole fantasia!». Giampaolo Dossena «Il mondo come labirinto», incisione su rame del 1683