Sedicimila di corsa a Manhattan

Sedicimila di corsa a Manhattan NELLA MARATONA FRA I GRATTACIELI, SONO STATI BATTUTI ALCUNI RECORD Sedicimila di corsa a Manhattan Ha vinto lo statunitense Alberto Salazar, fra le donne prima la neozelandese Allison Roe, quarta l'italiana Laura Fogli, di Cornacchie DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE NEW YORK — La più importante maratona del mondo dai tempi di Filippide. 491 avanti Cristo, è stata quella corsa ieri a New York da 16 mila pedoni e vinta da Alberto Salazar, statunitense ex cubano, in 2 ore 08'13". record del mondo. Fra le donne ha vinto Allison Roe neozelandese, in 2h 25'28". record del mondo, e quarta è arrivata Laura Fogli, italiana, 2h 34'48". Se segnati ieri l'altro, i tempi della Roe e anche della Fogli sarebbero apparsi incredibili, ma da ieri, dopo quel che è accaduto nella maratona di New York, tutto diventa credibile, in questo sport, in questo tipo di corsa, nella più drammatica avventura dell'uomo dentro se stesso. Filippide portò da Maratona ad Atene, per 42 chilometri e 195 metri, la notizia di una vittoria greca sui persiani, usò per l'annuncio l'ultimo fiato e se ne morì. Salazar e la Roe dopo la vittoria sono andati sul podio della televisione, hanno parlato e posato con addosso gli indumenti firmatissimi dalle ditte che li stipendiano, quindi si sono recati su un altro podio, dove li aspettava Edward Koch. sindaco di New York, il quale li ha incoronati di alloro. Il sindaco portava la cravatta con la mela, simbolo della città. a 6 x d a l a h i a l a n ù i a , o a o i i n però dentro la mela c'è adesso uno che corre. E sopra la giacca portava una giaccona a vento con scritto sulle spalle «Sindaco-, e immaginate Diego Novelli incravattato cosi, vestito cosi. Quattro milioni di spettatori per le strade della Grande New York, da Staten Island a Brooklyn attraverso il ponte di Giovanni da Verrazzano. e poi a Manhattan sino al Central Park, hanno portato un applauso speciale, insieme complessato e liberatorio. Decisamente i 16 mila — molti dei quali vestiti da magliette italiane, quelle della Robe di Kappa. il simbolo che sta anche sulle maglie della Juventus — sono apparsi, ai neviorchesi intanati nelle loro case, nelle loro auto, nelle loro comunità, nel loro progresso, simbolo e rimprovero insieme. Sa molto di riscatto dell'uomo, e per conto di un po' tutti, questo tipo di fatica, che la fisiologia sportiva dice essere insieme il più nobile e il più bestiale, per cosa dà e cosa chiede al corpo. Sotto ai 16 mila, di 62 Paesi, la metropolitana; sopra, decine di elicotteri; intorno, le case, i grattacieli, la gente. I 16 mila hanno come scavato un tunnel dentro 'a vita di tutti i giorni, la vita comoda, la vita mediata dalle macchine, dalle . I cose. Erano sommariamente vestiti, il freddo li aveva aggrediti sulla grande spianata della partenza, in un posto dove si congiungono alcune autostrade. Un freddo ideale per correre. Usciti per il via dagli indumenti di lana, dagli abiti «difensivi, improvvisati con fogli di plastica erano apparsi molto ma molto francescani. E non partivano per una camminata non competitiva, dovevano fare la maratona. Diciamo pure che sono sembrati penitenti, espiatori per conto di tutti. Grande fatica, grandissima corsa. I primati mondiali della maratona sono ufficiosi, essendo che si va per strada, dove è difficile conoscere le distanze giuste. Però questa di New York, alla sua dodicesima edizione, ha un percorso stramisurato. Il tempo di Salazar. solitario al trentesimo chilometro, dopo aver strapazzato la corsa, mette d'accordo gli australiani che come «mondiale» proponevano Clayton. 2h 08'33" nel 1969. e gli olandesi che negavano Clayton e proponevano Nijboer. 2h 09'01" l'anno scorso. Salazar viene dalla pista, è dell'Avana, profugo ma di quelli ricchi, ha fatto ingegneria a Eugene. Oregon, è fidanzato, sottrae la maratona alle regole del fachirismo e la sposta su quelle dell'atletismo. Kenny d'Irlanda. Gra¬ ham di Scozia. Gomez del Messico e Chebor del Kenya lo hanno contrastato all'inizio. Poi ha fatto tutto lui. mentre dietro di lui la corsa si spappolava e si ricomponeva. Al chilometro 30 l'italiano Magnani Massimo che pure due mesi fa aveva sconfitto Cierpinski. il tedesco orientale primo all'Olimpiade dell'anno scorso, ha patito una crisi, «di testa più che di gambe», ha perso posizioni, era decimo ed è finito quattordicesimo. Alle spalle di Salazar si sono spostati tipi che avevano risparmiato qualcosa di se stessi. Più indietro, ma non troppo indietro, una donna di 24 anni, questa Allison Roe che è pure bella, dolcissima, con gambe da ballerina, dove la fatica è denunciata appena da una geografia coloratissima delle vene, lasciava indietro 13 mila uomini e. prima a metà corsa, distruggeva Grete Waitz e il mito di Grete Waitz (2h25'41" l'anno scorso a New York, sino a ieri mattina record del mondo). Torturata da una periostite, la norvegese Waitz non prendeva mai la Roe e il suo codazzo, e si ritirava nel finale. Quarta arrivava Laura Fogli, italiana, di Comacchio. 22 anni, bella anche lei, maritata Rossetti, il marito, agricoltore, correva ed ora l'allena. La Fogli si è migliorata di colpo di oltre 10 minuti, ha segnato 2h34'54". mai in Italia qualcuno aveva sognato per una donna un tempo simile. La maratona di New York davvero marca profondissimamente il mondo dell'atletica e dello sport: si pensi che ieri c'era pure vento, e cielo pesante, grasso di pioggia che la meteorologia aveva annunciato colante a fine corsa, e che c'erano persino dei saliscendi, dei ponti. L'uomo con Salazar. primo l'anno scorso, ieri alla seconda maratona della sua vita, avanza assai, sistema questa specialità nella logica della preparazione, la sottrae al miracolismo, all'avventura, alla stregoneria. La donna, con la Roe, si avvicina all'uomo come in nessun'altra specialità dell'atletica: al punto che c'è chi prevede nella corsa lunghissima la donna presto migliore dell'uomo, per vantaggi di leggerezza, come accade nel nuoto. Mancavano dei grandissimi soltanto Cierpinski e Seko giapponese, altrimenti era un campionato del mondo. Ieri, subito dopo la gara, mentre arrivavano i primi dei «poveri diavoli», qualcuno sveniva, subito arrotolato in fogli di argento e portato via verso sommarie cliniche del riposo, organizzatori di tutto il mon¬ do hanno offerto un milione a Salazar perché corra di qua e di là. anche cross di pochi chilometri. Se non lo disfano con questi impegni e col denaro Salazar è l'uomo che abbatte il «grande muro», sotto le due ore. Ha dieci anni almeno di carriera. Ma più che un campione. New York ha ieri celebrato l'uomo, che ha trovato una sua nuova via dentro lo sport, dentro la fatica più antica e — si pensava — più esplorata. Davvero da ieri si sa qualcosa di più e di meglio sul bipede implume. E c'è pure la sensazione che questo fatto dei sedicimila penitenti fra i grattacieli non sia soltanto un fatto sportivo. Gian Paolo Orine zzano L'ordine d'arrivo MASCHILE — 1. Alberto Salazar (Usa) 2h 08*13"; 2. Toivola (Finlandia) 2h 10'52"02; 3. Johns (GB) 2h 10'52"74; 4. Brown (Usa) 2h 11'02"73; 5. Marczakb (Polonia) 2h 11'35"31; 6. Sandoval (Usa) 2h 12'12"50; 7. Gomez (Messico) 2h 12*47"; 8. Cadanillas 2h 13'10". FEMMINILE — 1. Allison Roe (Nuova Zelanda) 2h 25*28"; 2. Kristiansen (Norvegia) 2h 30'08"; 3, Shea (Usa) 2h 30*11"; 4. Fogli (Italia) 2h 34*48"; 5. Yerkes (Usa) 2h 35*34".