Quel decreto contro la cultura di Luigi Salvatorelli
Quel decreto contro la cultura Quel decreto contro la cultura L'8 ottobre 1931 la «Gazzetta Ufficiale» pubblicò un decreto-legge in data 28 agosto, intitolato «Disposizioni sull'istruzione superiore». L'articolo 18 del decreto stabiliva: / professori di ruolo e i professori incaricati sono tenuti a prestare giuramento secondo la formula seguente: -Giuro di essere fedele al re, ai suoi reali successori, al regime fascista, di osservare lealmente lo Statuto e le altre leggi dello Stato, di esercitare l'ufficio di insegnante e adempiere tutti i doveri accademici col proposito di formare cittadini operosi, probi e devoti alla patria e al regime fascista. Giuro che non appartengo né apparterrò ad associazioni o partiti, la cui attività non si concila coi doveri del mio ufficio». Fino a qualche anno prima — e cioè anche dopo la venuta del fascismo al governo — i professori universitari non erano sottoposti (a differenza degli altri impiegati e funzionari dello Stato)a nessun giuramento: giusto rispetto a quella piena libertà di pensiero e di coscienza che sola permette di adempiere ai compiti dell'alta cultura. Il regime aveva in mano il noto provvedimento «fascistissimo». che permetteva di dispensare gli impiegati dello Stato la cui condotta risultasse incompatibile con le direttive politiche generali del governo; ma per ciò occorreva, appunto, equiparare i professori universitari agli altri impiegati. Ciò era stato fatto sottoponendoli (1927) al giuramento di fedeltà al re, allo Statuto, alle altre leggi dello Stato. Ma non bastava Il decreto andava in vigore dal 1" novembre: e durante quel mese il giuramento venne richiesto a tutti e singoli i professori indicati nell'articolo. Risultato: circa milleduecento professori giurati, e dodici non giurati, e cioè: Ernesto Buonaiuti (Roma), di storia del cristianesimo; Mario Carrara (Torino), di antropologia criminale; Gaetano De Sanctis (Roma), di storia antica; Antonio De Viti de Marco (Roma), di scienza delle finanze; Giorgio Errerà (Pavia), di chimica; Giorgio Levi della Vida (Roma), di lingue semitiche comparate; Piero Martinetti (Milano), di filosofia; Bartolo Nigrisoli (Bologna), di chirurgia; Francesco Ruffini (Torino), di diritto ecclesiastico; Edoardo Ruffini-Avondo (Perugia), di storia del diritto; Lionello Venturi (Torino), di storia dell'arte; Vito Volterra (Roma), di fisica matematica. Si trovava assente dall'Italia Giuseppe Antonio Borgese (Milano, estetica) — particolarmente osteggiato come «rinunciatario» —e non gli fu immediatamente richiesto il giuramento. Quando la richiesta avvenne, anch'egli rifiutò, e fu il tredicesimo. Vittorio Emanuele Orlando chiese il collocamento a riposo prima che il giuramento gli fosse richiesto. Da -Storia d'Italia nel periodo fascistaGiovanni Mira. Einaudi. di Luigi Salvatorelli e
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