Viaggio tra i libri di Luigi Einaudi

Viaggio tra i libri di Luigi Einaudi COL CATALOGO DELLA SUA BIBLIOTECA Viaggio tra i libri di Luigi Einaudi La Fondazione Luigi Einaudi di Torino, nel ventesimo anniversario della morte del grande statista, presenta questa sera alle 18, in Palazzo d'Azeglio, il .Catalogo della biblioteca di Luigi Einaudi - Opere economiche e politiche dei secoli XVI-XIX.. Parleranno: Federico Caffè. Carlo M. Cipolla, Walter A. Eltis. Riccardo Faucci e Luigi Firpo. Presiederà Antonio d'Aroma. Tantissimi anni fa — poco meno di una trentina — assistei a una cerimonia «culturale» che lasciò una profonda traccia nella mia memoria (anche se una traccia con una punta di errore, come adesso ho scoperto). Era uno dei primi Anni Cinquanta, anzi dei primissimi: quella Roma degasperiana ed einaudiana discreta, sommessa, contenuta nella sua espansione edilizia, ancora con qualche vibrazione giolittiana. del «mondo d'ieri», dell' «Italia di ieri». Netta separazione fra pubblico e privato; uno scandalo che era sempre uno scandalo; la Costituzione fresca d'inchiostro, e sentita ancora con una nota di religiosa devozione; un'amministrazione efficiente e autorevole, pur nella povertà dei mezzi che la semi-distruzione dell'Italia aveva aggravato, e la ricostruzione non ancora del tutto riparato; una classe politica più omogenea di quella attuale, dove i superstiti dell'emigrazione antifascista o della lotta in casa contro la dittatura tenevano il campo, dominavano i partiti, meno presenti e più rattenuti di ora... Ma non indulgiamo all'elegia. La Nuova Antologia, la più vecchia rivista italiana, conferiva annualmente un premio: non ricordo di quanto e per quale disciplina. La dirigeva allora Mario Ferrara, un galantuomo antifascista che proveniva dalla sponda repubblicanoradicale, che apparteneva alla cordata del Mondo di Mario Pannunzio, che teneva lezioni di democrazia militante, non senza slanci oratori e impeti risorgimentali, sulla prima pagina del Corriere di Guglielmo Emanuel, un vecchio redattore di Albertini. Galantuomo e gentiluomo. Ferrala guidava la rassegna, allora già mensile (il quindicinale era finito nel '45), con mano lieve, quasi distaccata, senza esclusivismi, senza intolleranze: «braccio secolare» di tutto Antonio Baldini, impigrito nell'indulgenza, con una smorfia di sorriso anche amara. La sede della rivista era in una palazzina vicino al grande edificio del collegio romano, dove funzionava ancora, male, la Biblioteca nazionale «Vittorio Emanuele II», voluta e inaugurata da Ruggero Bonghi nell'estremo autunno della destra storica, quasi un secolo prima. Al conferimento di quel premio interveniva sempre Luigi Einaudi. Presidente della Repubblica altrettanto discreto, guardingo, prudente, ma su tutto vigilante, con altissimo senso della propria carica pari solo a una vena di rattenuto pudore. * ★ Per ringraziarlo della sua partecipazione il «mecenate» della rivista, che era allora un industriale da poco scomparso e gran protettore di cultura. Guido Zerilli Marimò, gli fece dono — in una di quelle occasioni — di quattro vecchi volumi della Nuova Antologia, che Einaudi accarezzò per lungo tempo, con quella gioia che solo i bibliofili non riescono a nascondere, quando abbiano' raggiunto un traguardo lungamente ambito, vinto una battaglia cui magari si era già rinunciato per le troppe difficoltà da superare. Avevo sempre creduto — e l'ho anche scritto nel mio libro sul Mondo di Gioititi — che Zerilli Marimò avesse regalato a Einaudi la prima annata della rivista, uscita a Firenze nel gennaio 1866. Guardando adesso i due bellissimi volumi Catalogo della biblioteca di Luigi Einaudi — Opere economiche e politiche dei secoli XVI-XIX. a cura di Dora Franceschi Spinazzola, che la Fondazione Luigi Einaudi pubblica in questi giorni, grazie alla fedeltà devota del figlio Mario e di Luigi Firpo, un'opera monumentale in due grandi volumi che escono sotto gli auspici della Banca d'Italia, mi accorgo che l'annata 1866 non è stata mai posseduta da Einaudi, che la sua collezione della rivista continuatrice di Vieusseux parte dal 1875. Con ogni probabilità l'omaggio di quell'anno remoto equivale all'annata 1871. il primo anno di Roma capitale e forse scelto per questo dal donatore, anno che appare scompagnato e isolato nell'arco che va dal 1866 al 1875. Intendiamoci : pur con quella lacuna bibliografica, che io avevo immaginato colmata tanti anni fa attraverso il sorriso del Presidente, Einaudi era uomo che di quel mondo di valori illuministico ed enciclopedico, rispecchiantesi nelle due edizioni dell'Antologia, si poteva considerare un «contemporaneo», al di là di tutti i limiti dell'anagrafe. Nella sezione dei «periodici», curata con mano perfetta al pari delle altre (manoscritti, opere a stampa ecc. ), compare l'intera collezione dell''Antologia di Vieusseux, il Giornale di scienze lettere ed arti di Firenze che da solo, nell'ambito del suo dodicennio (1821-1833), è perfino più raro dei centosedici anni della Nuova Antologia, coi suoi 2140 fascicoli (e adesso, da qualche anno, libri o libroni). ★ * Ma non basta. Molte delle riviste, che condizionarono l'Antologia e ne prepararono il successo, sono comprese nella straordinaria raccolta di periodici che da Dogliani è venuta ad abitare, grazie alla Fondazione Einaudi, nel congeniale Palazzo d'Azeglio di Torino. C'è il Caffè di Alessandro e Pietro Verri, di Cesare Beccaria, di Paolo Frisi: dal giugno 1764 all'intero maggio 1765, tutto il pubblicato. C'è la Frusta letteraria di Aristarco Scannabue. che occupa press'a poco gli stessi anni e introduce nel mondo di Einaudi l'eroe gobettiano Giuseppe Baretti, destinato a donare il titolo all'ultima rivista dell'arcangelo della Rivoltatone liberale. C'è il Conciliatore, il foglio scientifico-letterario di Silvio Pellico, coi suoi 118 numeri in carta azzurra, progenitore «direttissimo», questa volta, delVAntologia, tutto il pubblicato. E ci sono le riviste gemelle dell'Antologia, e redatte o compilate o finanziate dallo stesso Vieusseux. a cominciare dal Giornale agrario toscano, che non è però completo e si accavalla con gli atti, fiorentinissimi, dell'«Accademia dei georgofili» (un nome che a Einaudi piaceva molto), posseduti completi dal 1818 al 1864 e poi dal 1909 in avanti. La passione delle «riviste» è tipica del grande raccoglitore di libri, che voglia fare a meno delle biblioteche pubbliche e in qualche modo surrogarle, in chiave autobiografica. Tale fu certamente Luigi Einaudi: collezionista su misura, sulla sua misura umana e intellettuale, e mai al servizio di un collezionismo antiquariale. decorativo, arrogante e sterile. Portato all'omogeneità degli interessi, e degli argomenti; e mai alla rapsodia dell'eclettismo curioso, insaziabile e quindi impotente. Due amori fondamentali: il suo Piemonte, sul tronco risorgimentale; la sua '«economia», l'economia politica, «in tutte le sue specificazioni ed implicazioni politiche e sociali», come ricorda Firpo. Ogni pezzo raccolto con cura: attraverso centinaia e migliaia di cataloghi compulsati per oltre settantanni. Ma mai fine a se stesso, tutti strumenti di lavoro: anche una prima edizione di Smith, anche un autografo di Ricardo. Biblioteca come momento fondamentale della sua vita, del suo stesso «modello» di studioso. Einaudi ne era così consapevole che nell'ultimo numero de La riforma sociale del marzo-aprile 1935, l'ultimo sopravvissuto alla censura fascista, egli aveva avviato, con ricchezza di particolari, il Viaggio tra i miei libri che non fu mai completato (ma di cui l'unico frammento superstite è giustamente ristampato in apertura di quest'opera). Per gli amici di Einaudi, rimane il desiderio di conoscere anche i volumi stampati nel Novecento, nel secolo, cioè, in cui egli impresse il segno più netto. Il limite del secolo decimonono per il catalogo si presta a più di un'osservazione: troppe pubblicazioni sono a cavallo fra i due secoli, e non a caso hanno posto problemi non piccoli ai curatori (c'è un solo scritto di Luigi Albertini. ed è un estratto della Biblioteca dell'economista del 1896. l'economista mancato al posto del grande giornalista). Per noi. vecchi gobettiani. sarebbe molto importante sapere quanti volumi di Piero Gobetti editore furono posseduti da Einaudi: oltre Le lotte del lavoro da lui stesso redatte. E stampate negli stessi giorni del delitto Matteotti. Giovanni Spadolini

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