«Palazzo Nuovo (o maledetto?) non ha solo il problema-droga»

«Palazzo Nuovo (o maledetto?) non ha solo il problema-droga» «Palazzo Nuovo (o maledetto?) non ha solo il problema-droga» Un consigliere di amministrazione dell'Università indica le possibili soluzioni alla presunta «incontrollabilità» dell'Ateneo Bruno Boniolo, del consiglio di amministrazione della nostra Università, ci scrive: «Ho letto con sorpresa e notevole indignazione l'articolo di sabato 17-10-'81 e intitolato Palazzo Nuovo, rifugio di drogati, non perché la presenza di alcuni drogati nel Palazzo sia contestabile, ma per due motivi di fondo: a) il taglio scandalistico dell'articolo, la terminologia usata, l'uso delle fotografie propongono al pubblico un'immagine della vita delle Facoltà umanistiche profondamente deformata; b) manca un'analisi delle cause che generano lincontrollabilità del Palazzo e scaturisce dalle affermazioni attribuite al Rettore l'insolubilità delproblema. Un discorso assai lungo andrebbe fatto per illustrare le molteplici attività che si svolgono nel Palazzo e se da una parte degli studenti esso viene vissuto come 'tempio della paranoia, freddo, irreale, invivibile" bisognerebbe ricercarne le ragioni in modo diverso. L'articolo invece associa pesantemente la realtà della droga, fenomeno di ben altra portata, dimensione e diffusione, alle Facoltà umanistiche riproponendo una continuità logica fra il Palazzo che le ospita e fénamrni "deteriori" (il '68, il '77, oggi la droga, domani chissà), riecheggiando, spero involontariamente, certe campagne di stampa francesi sull'Università di Vincennes; rischia di disincentivare l'iscrizione alle Facoltà umanistiche sulla base di ragioni tutte psicologiche; dimentica sotto le cupe e vitree immagini del Palazzo Maledetto i problemi reali di questa Università, paralizzata, fra l'altro, da parec¬ chi mesi da ben altre vicende. Quanto all'incontrollabilità del Palazzo essa ha origini precise e lontane, due in particolare: a) la disposizione data fin dall'inizio alle Facoltà che, forse per motivi di "dignità reciproca", furono giustapposte su più piani e non sovrapposte, destinando a ciascuna uno o più piani; b) la mancanza di elementari forme di sicurezza, quali le scale antiincendio, che impediscono qualsiasi chiusura dei piani alti dell'edificio. Le scale normali, peraltro insufficienti, sono infatti l'unica via di fuga in caso di incendio. Tali fatti ricadono su tutto il personale docente e non docente che vive nel Palazzo in condizioni di scarsa sicurezza e sugli studenti. Se questo è vero allora alcune soluzioni, di effetto non immediato, ma praticabili, esistono. Il decentramento di alcune Facoltà o gruppi di discipline, già previsto dal piano edilizio, la ristrutturazione edilizia interna derivante dalla costituzione dei dipartimenti e favorita dalla modularità del Palazzo stesso, l'adozione di opportune e indispensabili misure di sicurezza (la loro assenza sì è uno scandalo), lo spostamento di tutte le aule di lezione, compresi i lettorati, ai piani inferiori, l'accorpamento di alcune biblioteche può consentire di disincentivare drasticamente in larga parte del Palazzo o comunque limitare le presenze indesiderate mantenendo nel contempo aperti spazi di agibilità culturale e politica indispensabili alla vita dell'Università. Ne potrebbe anche derivare un utilizzo più razionale e meno rischioso del personale di sorveglianza-.

Persone citate: Bruno Boniolo