Alcuni docenti ammettono «Non sappiamo dare i voti»

Alcuni docenti ammettono «Non sappiamo dare i voti» Non sempre un bravo insegnante è anche un buon giudice Alcuni docenti ammettono «Non sappiamo dare i voti» Al D'Azeglio un corso di «docimologia» per insegnare ai prof, come si giudica un allievo - Il dramma al momento di decidere: 5 o 6? Alcuni insegnanti delle medie superiori stanno accusando una crisi di identità: hanno scoperto di non saper più dare i voti, di non essere capaci di valutare gli allievi. E allora qualcuno parla della necessità di un corso di .docimologia». Che cos'è? Il vocabolo è talmente nuovo da non apparire nemmeno fra gli «aggiornamenti» dell'enciclopedia Treccani. Figura, invece, nell'ultimissima edizione dello Zingarelli dove si legge che la «docimologia» è la parte della pedagogia che 'Studia scientificamente i metodi d'esame e i criteri di valutazione'. Può essere la risposta, insomma, ai dubbi degli insegnanti che temono di non sapere più dare giudizi documentati. L'idea del confronto-dibattito è di un gruppo di docenti del D'Azeglio. Con questa iniziativa intendono aprire le manifestazioni per il centenario di fondazione dell'istituto. Prima lezione domani, ore 15,30, nell'aula magna di via Parini; poi, appuntamenti settimanali fino al 25 febbraio. Animatrice, la prof. Vienna Anita Buonfiglio, ordinaria di lettere, latino e greco. • Si tratta di un corso di aggiornamento — spiega — che verrà svolto con la guida di specialisti in docimologia o semplici studiosi. Intendiamo rillettere scientificamente sul problema valutazione, venire a conoscenza delle moderne tecniche applicabili ad ogni materia, mettere a punto proposte di valutazione sperimentale, socializzare le esperienze dei singoli. Chiunque voglia partecipare sarà il benvenuto». L'esigenza è nata non soltanto dal disagio degli insegnanti, che ogni giorno devono giudicare i ragazzi, ma anche sulla spinta delle proteste dei giovani che a fine anno vedono disparità di voti a parità di preparazione fra compagni, o perfino bocciature, quando invece attendevano la promozione. E' poco consolante, ad esempio, dire che agli esami di maturità c'è soltanto il 10 per cento di respinti e che quindi .è andata bene». Provate a fare il ragionamento a quelli che dovranno ripetere: nessuno accetta la sconfitta. Il discorso si fa più pesante per le classi intermedie perché il numero dei rimandati a settembre è in aumento e quasi tutti sono certi di essere «vittime». Chi ha torto, chi ha ragione? I professori vogliono fare l'autocritica e scoprire se sono stati loro a sbagliare oppure se sono i ragazzi che non si rendono conto della scarsa preparazione. •Nel 1977 — spiega la prof. Buonfiglio — la scuola elementare e quella media hanno avuto un modo nuovo di valutare con la scheda e con i giudizi sostitutivi della pagella e del voto. Per le superiori, salvo isole sperimentali, i sistemi di valutazione sono rimasti quelli di cinquant'anni la. Il "bravo" studente ha il suo 8 o // suo 10 a seconda se il professore è di manica "larga" o "stretta". Il "cattivo"ha Usuo 2 o 4. Ma chi e perché è buono o cattivo? Noi insegnanti avvertiamo acutamente il disagio dei giovani e delle famiglie di fronte a certi nostri atteggiamenti di valutazione non sempre coerenti, oggettivi e credibili'. •Spesso un ottimo docente é un pessimo giudice. Insegnare bene può essere più tacile che valutare bene. E sono i professori sensìbili, quelli per cui dare il voto è cosa ardua-. Alcuni, consapevoli di non avere a disposizione strumenti validi, preferiscono scegliere la strada del bel voto sempre e comunque, che equivale a non giudicare. Altri, invece, valutano in modo fiscale e ossessivo qualunque risposta, qualunque compito, perfino gli atteggiamenti, diventando più giudici che educatori. • Nell'uno e nell'altro caso si generano insoddisfazioni, tensioni e un inadeguato senso di se stessi. La gente, tuttavia, conosce soltanto i problemi degli studenti e non sa nulla dei drammi dei professori'. Fa autocritica la prof. Buonfiglio: •Prima di tutto, noi, non avendo una solida preparazione pedagogica di base procediamo per lo più con l'intuito ed il buon senso, laddove invece occorrono strumenti di osservazione e di giudizio. In secondo luogo, avendo la scolarizzazione di massa fatto maturare in strati sempre più vasti di opinione una maggiore coscienza dei problemi educativi, noi docenti ci sentiamo incalzati da tutte le parti. Ed è proprio sul terreno della valutazione, quello che in definitiva tocca gli utenti della scuola, che ci giochiamo la nostra professionalità'. Docenti dunque a scuola da domani non per insegnare, ma per imparare come e quando dire ad un alunno se è preparato oppure no. Maria Valabrega

Persone citate: Anita Buonfiglio, Buonfiglio, D'azeglio, Maria Valabrega

Luoghi citati: Vienna