Mosca perde un vecchio amico di Fabio Galvano
Mosca perde un vecchio amico Mosca perde un vecchio amico DAL NOSTRO CORRISPONDENTE MOSCA — L'ordine di Lenin (1964) e il Premio Lenin per la pace (1980) non sono valsi al presidente finlandese Kekkonen più delle consuete quattro righe della Tass: le sue dimissioni, tempestivamente registrate dall'agenzia ufficiale sovietica, non hanno suscitato commenti «a caldo*, salvo una successiva laconica Tass che parla di «buon vicinato e amicizia con l'Urss, impegno attivo per la pace». Né hanno dato via libera a espressioni di augurio per la sua malattia (che la stampa sovietica aveva finora ignorato). Sicuramente ci sarà un telegramma di Breznev per il leader occidentale più vicino al Cremlino, ma forse oggi. E' il caso di precisare, tuttavia, che questa volta il silenzio di Mosca non è indifferenza, perché nessuno può dubitare del giudizio sovietico su Kekkonen e sulla Finlandia. Finora il Cremlino aveva seguito l'avvicinarsi del •dopo-Kekkonen* con una punta di apprensione, ma senza allarme: le «Izvestlja» avevano accusato la Nato di tentare una «operazione di discredito» ai danni dei rapporti fra la Finlandia e l'Urss. Il giornale aveva difeso «quello che non garba agli strateghi della Nato», e cioè «l'amicizia, la fiducia e la crescente collaborazione fra Unione Sovietica e Finlandia»: tre realtà sulle quali Mosca non ha mai dubitato. Ecco perché non trasuda, neppure dai giudizi privati della leadership sovietica, la minima ansia sul futuro finlandese. Taluni •segnali riservati* del Cremlino, anzi, indicherebbero la totale fiducia sovietica nel futuro dei rapporti bilaterali. Di fatto le relazioni fra Mosca e Helsinki non sono mai state cosi salde: sul piano economico la Finlandia resta di gran lunga il maggior partner commerciale dell'Vrss in occidente (l'interscambio ~è stato l'anno scorso di 3,9 miliardi di rubli, circa 6500 miliardi di lire) e sono quasi tutti finlandesi i pochi prodotti occidentali che si possono trovare nei negozi di Mosca. Sul piano politico la linea di riconciliazione e comprensione voluta e pilotata da Kekkonen ha fatto della Finlandia la più schietta delle •voci* filosovietiche in occidente, la sostenitrice di innumerevoli •proposte di pace* o 'piani per il disarmo* lanciati periodicamente dal Cremlino. Nel corso di 25 anni Mosca e la sua leadership hanno dimenticato che Kekkonen combattè contro i bolscevichi nella 'guerra d'indipendenza* del 1917, e che nel conflitto del 1939-40 si oppose alla pace. Trenta volte ospite dei sovietici (cinque di esse in visita ufficiale), Kekkonen è forse l'unico statista occidentale a poter vantare l'amicizia personale con tre successivi capi del Cremlino: Stalin, Kruscev e Breznev. Ma soprattutto era legato da sincera amicizia a Kossighin, col quale andava a caccia durante le vacanze nel Caucaso. Per una leadership chiusa e formale come quella sovietica, questo tipo di rapporti è raro, lascia profondi segni. Fu Kekkonen a organizzare la conferenza di Helsinki del 75, e fu lui l'unico statista occidentale alle •Olimpiadi del boicottaggio*, l'anno scorso. Per il suo 80° compleanno i messaggi augurali del Cremlino apparvero su tutti i giornali: un riguardo riservato in passato ai leaders dei 'Paesi fratelli». La stampa sovietica, per nulla scossa dalle accuse di •finlandizzazione* ripetutamente sollevate in Occidente, non ha mai esitato a indicare i rapporti con Helsinki come il migliore esempio di quanto Mosca vorrebbe con altri Paesi europei, primi fra tutti quelli scandinavi. Il silenzio del Cremlino a proposito della successione può essere interpretato, su questa falsariga, come un ulteriore segno di fiducia. I mass-media del Cremlino hanno addirittura taciuto i timori del pc finlandese, secondo il quale l'attuale primo ministro Koivisto, presumibile vincitore delle elezioni di gennaio, manca dell'esperienza necessaria a governare i rapporti con l'Urss. Quello finlandese, per Mosca, è un pc •scomodo»: non si dimentica che nel 1948, quando Stalin e Kekkonen (allora primo ministro) firmarono un accordo commerciale, tutte le attenzioni del dittatore sovietico furono per lui e non per la delegazione comunista venuta da Helsinki. Fabio Galvano
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