LETTERE DALL'ITALIA di Guido Ceronetti

LETTERE DALL'ITALIA LETTERE DALL'ITALIA Che cosa salvare da Italoshima? Italia mi appare sempre più come puro ente metafisico, qualcosa che è oltre, dunque non qui... Non scherzo. Se c'è un modello ideale, un archetipo Italia, vuol dire che è veramente immortale, si può spegnere la luce e dormire tranquilli. E allora, che cosa importa Italoshima? Venga, e cancelli tutto: l'idea platonica Italia, nel suo cielo inaccessibile, ride; sotto altri soli ritroverà un giorno il suo bel corpo petrarchesco. Questo sarà fatto di particelle in ebullizione e tornerà a sparire; quella, raggio di sostanza divina, resterà sempre al riparo dai feritori umani e dalle alterazioni cosmiche. Italoshima è vicina o tarderà ancora? Quanto manca all'Ora? E che cosa resterà ancora, dopo, di Italia visibile, storica e vivente, di quell'Italia che non è più possibile celebrare, ma che non pochi — anche tra noi — amano ancora? La bomba migliore sarebbe quella che facesse sparire tutto, eccetto gli Italiani. Tutti vivi e salvi, senza più le città e i paesaggi, che abbiamo mostrato di non meritare e che sono diventati estranei ai più, anzi incomprensibili. — Cosa ci sta a fare quel pezzo di muro? — Oh proprio niente... E' la verità: niente. Niente che l'Italiano, diventato straniero al suolo, alle cose, possa capire. ★ ★ Del resto, anche senza bomba, l'Italiano, ormai sessanta milioni, è una piaga di prim'ordine: ancora una trentina d'anni di pace operosa e tutta l'Italia sarà Italoshima unicamente per virtù dei suoi figli e dei loro illuminati rappresentanti di sinistra, di destra, di centro, di centro-destra, di centro-sinistra, della Classe Imprenditoriale, dell'Impresa Pubblica, del Sindacato unitario e dello sporadico, del Turismo. La bomba biologica, la più tremenda di tutte, è quella di cui si parla meno: ma vedetene un po' gli effetti... In special modo, le popolazioni meridionali di questa Italia in marcia verso Italoshima, oltre che biologicamente le uniche rimaste attive e in grado di sopraffare col numero e il possesso della burocrazia statale tutte le altre, sono tra le più indifferenti alla metamorfosi della penisola italica in una Italoshima dell'anima, in una Italoshima senza radici e senza alberi, e quel che più gli importa conservare è l'Album delle foto dei matrU moni, il cui avvenire è sicuro. L'indifferenza, sia al bello che al principio morale ben radicato nel rispetto del dovere, è tre volte Italoshima... Raschiate via — coll'idolatria del guadagno e il disarmo del castigo, con visioni di brutto crescente e il distacco del lavoro dalla terra e dal cielo — la tensione etica, le funzioni vitali dell'anima, e avrete dei cadaveri deambulanti, ancora più inerti di quelli che possono produrre i Supermegatoni di provenienza amichevolmente nordafricana o uralo-caucasica. E l'invasione automobilistica, non è un'altra, già alle spalle, Italoshima? Ha lasciato qualcosa d'intatto, di pulito? Ha prodotto uno sconvolgimento s \ Una mostra a Milano * incalcolabile. La città italiana non è elastica o scomponibile come Los Angeles... L'automobile, da noi, ha mangiato le pietre, fatto saltare le mura. L'uomo-massa che c'è dentro non è più che un bambino, un bandito o un disperato. Eccoti, Italoshima. Interpretare i megatoni e i neutroni in termini unicamente politici e militari è soffocante e sbagliato. Cercate la connessione morale, la relazione metafisica, il senso religioso di questa nera nube: non sarà un esercizio inutile. — Allora, secondo te, quella Cosa... è inevitabile? — Io non faccio l'astrologo! Posso rispondere, con Virgilio: nec via mortis erat simplex, interpretando liberamente: la morte arriva per molte vie. Il tessuto morto (per restare in tema di Italia) che misteriosamente rianimarono le trombe della Rivoluzione Francese e diventò il fenomeno Risorgimento, è rimorto poco dopo il Piave, e qualche buona lapide funebre se ne può leggere nell'ultimo carteggio di Giustino Fortunato o, sfumatissima, tra qualche linea profonda di metafisica moiitaliana. A rileggere adesso le meravigliose, le travolgenti lettere dei condannati a morte della Resistenza italiana, si resta folgorati: la carica etica di quei fortunati era ancora enorme! Altro che compiangerli! Eppure era eco, residuo, ultimo grido, insomma miracolo, apparizione: il loro stupendo messaggio era sterile. E' ben poco calzante dire che «rappresentavano l'avvenire», è idiota farne cartelli indicatori «verso un Domani Migliore»: il meglio era tutto chiuso in loro, ed era un meglio finito, uno Ieri Migliore. Sfogato il piombo nelle loro nobili facce e schiene, cominciava, lentamente, l'Italoshima morale, preludio delle altre, dell'Altra... Sto girando e scandagliando, fin dove posso, un po' tutta l'Italia, e non voglio bende pietose. La sopravvivenza bisogna meritarsela, non con le marce nel vuoto del pacifismo politico, ma alimentando incessantemente il fuoco dell'inquietudine morale. Cambiamo gioco. Se, nella perdizione dell'Italia visibile sotto ceneri radianti (sappiamo che l'Italia ideale soltanto, è inaccessibile al loro solletico) fosse possibile salvare qualcosa, tu e tu e tu che cosa salvereste? Ecco fornita un'idea ai settimanali per le loro inchieste. E i letterati costretti a rispondere... e i politici... Uno salverebbe la Costituzione del 1947, un altro tutto Sandro Penna, altri un quarto di Burri, un Barolo del 74, l'Artusi, Siena, la Pirelli-Bicocca, il Passero Solitario, il barocco leccese, la finestra di San Pietro, una copia del Forcellini, i tortelli alla Mantovana, l'Ombra della Sera del museo etrusco di Volterra, la firma di Leonardo, i busti di Garibaldi, una messa di Vivaldi, l'urna di Santa Chiara, i dischi di Milly... (Me, per favore, non m'interrogate: ho pudore, ho il nodo alla gola). Tuttavia, per non concludere troppo in fretta, qualcosa dovrò pur dire. Certamente sarei io quello che salverebbe il dizionario del Forcellini, che non ho la fortuna di possedere; sarei dunque disinteressato. Ma, sul confine tra visibile e invisibile, qualche immagine di Italia da nascondere nel sacco in fuga, per ritrovarla nel silenzio senza fine, nei solidi bunker di Plutone, laggiù, al riparo da ogni Protezione Civile, dal fisco, dalla Cassa del Mezzogiorno, dall'Enel, dal Russo minaccioso, dai telegrammi di cordoglio, mi si presenta, piena di grazia. Ed è la visione della cattedrale di Trani, città oggi più famosa per il suo carcere che per il suo duomo. Trani è un pezzo di costa pugliese dove non sopravvive neanche un atomo di bellezza, all'infuori di quel punto sacro. La cattedrale sembra poggiare non sulla terra, ma sul mare, e dal mare, svolgendosi verso l'alto con un'ansia dolcissima e la certezza di toccare il cielo delle beatitudini, direttamente protendersi verso mondi superiori, senza contatto impuro con quel che è calcato da piedi umani. Trani è un termitaio senza testa né coda, ma la cattedrale è là, solitudine dell'infinito nel suo luogo d'esilio, testimone perfetto del Dio trascendente. Ed è la visione di Novembre, paesaggio di Antonio Fontanesi, ancora visibile a Torino. E' un paesaggio autunnale di campagna italiana (certo padana) di un secolo fa, capace di dare calma e refrigerio anche mentre ti rade il barbiere Idrogeno o ti stende per un massaggio il massaggiatore Neutrone. C'è una figura contadina solitaria, e intorno l'infinito, e la storia maledetta degli uomini ammutolita, finalmente. E del lago di Garda: ma devo immaginarlo senza l'imbrattatura dannunziana del Vittoriale, che è già Caos amorale di Italoshima. Lago di Garda: quando Dante ne accenna (Inferno, XX) dice «Suso in Italia bella giace un laco» (e loco rimerà, alla fine della terzina, con Benaco, nome classico del Garda) e la parola suso (di sopra, lassù) è importante per la collocazione e la definizione ideale di Italia. Siamo in basso, giù giù nell'inferno, tra immagini di stravolgimento fisico e dove «vive la pietà quand'è ben morta», e dire Italia, per Virgilio dottore, che narra la storia delle origini di Mantova, significa lo stesso che in alto, al di sopra di ogni inferno, e bellezza. E associare la bellezza dell'Italia e il suo star sopra rispetto al mondo infernale è una perfetta verità dantesca: questo lago è elevazione e rivelazione della luce. E' una specie di consacrazione e di definizione dogmatica: per Virgilio-Dante l'Italia ideale è inconcepibile giuso o brutta. Quanto all'Italia visibile, riflesso dell'immagine ideale, sembra piuttosto smaniosa di allontanarsi dal suo modello ideale, e in questo secolo non ha fatto che svuotarsi di bellezza con velocità dissenterica. Ma certi momenti sul Garda possono ricordare ancora l'Italia che sta suso, sorridere misteriosamente al contemplativo, ansioso di ritrovarne barlumi, tra gli sfregi e le lacrime. — E se tu dovessi evocare una stanza, una sola, la più giusta, la più indegna di sparire nel fiato della distruzione? — Non avrei dubbi. E' la stanza dove morì Alessandro Manzoni, in via Morone, a Milano. Quella stanza è ben suso. Lì davvero è passato l'alito del Dio nascosto e ha posato, e posa ancora «sulla deserta coltrice». La fiamma logora dell'abitante si è spenta, l'anima è partita e chi sa quali Adda ha attraversato, ma nella mirabile stanza non è difficile evocarla e farla tornare, per puro miracolo di comunione intellettuale. Guarda quel letto di ferro, della pace e della morte, dove un povero cuscino ha accolto la fronte malinconica di Alessandro come un sigillo di santità... L'Italia autentica non è stata soltanto neoplatonicamente bella; è anche, virgilianamente e dantescamente, umile (humilemque vidimus Italiam; «di quell'umile Italia fia salute») e lo splendore di questa umiltà è la vita di tutto quel che è manzoniano, pensiero, poesia, tavolino con lo specchio, occhiali, pettine: niente di inanimato. Tutti avranno capito. Per chi avesse qualche dubbio, dirò che Italoshima è parola di mia invenzione formata con Italia e Hiroshima. E' un composto di idea e di cenere. Guido Ceronetti

Persone citate: Alessandro Manzoni, Antonio Fontanesi, Artusi, Burri, Cosa, Giustino Fortunato, Russo, Sandro Penna, Vivaldi