Senegal: mentre le esportazioni crollano salgono petrolio, dollaro e interessi

Senegal: mentre le esportazioni crollano salgono petrolio, dollaro e interessi Senegal: mentre le esportazioni crollano salgono petrolio, dollaro e interessi le soleil (DAKAR) Parigi, dicembre 1975. Cancun, ottobre 1981. I Paesi industrializzati, il Terzo Mondo. Gli stessi attori insomma, è cambiato soltanto il quadro, le minacce che incombono sui rapporti internazionali sono diventate quasi quotidiane. Bisogna dunque arrendersi all'evidenza. La sola proclamazione della volontà al dialogo non basta più. Bisogna impegnare i negoziati su una direttrice concreta se vogliamo evitare di infilarci a capofitto nella catastrofe. Bisogna ristrutturare le relazioni fra un Nord dal fiato grosso e un Sud sempre più esangue. La realtà detta le urgenze, non i dati programmati. In questo ambito così drammatico, l'aiuto non rappresenta più l'unica soluzione al problema. Basta in sostanza con l'assistenzialismo fine a se stesso che finisce per perpetuare una situazione già disperata. Capire dunque che il mondo deve adeguarsi, che il nuovo ordine a cui si punta deve es- sere per sua natura tridimensionale (politico, economico, culturale). Da una parte la civiltà dello spreco, dall'altra la lotta per la sopravvivenza. Ecco perché occorre superare l'antagonismo fra Est e Ovest e respingere la tesi secondo cui il Terzo Mondo viene condannato ad essere scrutato attraverso il prisma deformante di una storia falsificata e ingannatrice. E, per lo stesso ragionamento, va anche combattuta l'idea che il Terzo Mondo debba rincorrere perennemente le nazioni avanzate. Il nostro destino è invece quello di elaborare politiche nazionali ispirate allo sviluppo autogeno e autonomo. Non dimentichiamo perciò che nell'ambito di tale strategia il Terzo Mondo è molto diversificato. Le questioni irrisolte che assillano il Senegal non sono certamente uguali alle difficoltà che perseguitano il Bangladesh, il Brasile non è la Corea del Sud. Prendiamo appunto il caso del Senegal. Il suo mercato interno supera di poco i cinque milioni di consumatori, pertanto il ritmo di accrescimento economico risulta relativamente debole, rallentato inoltre dal fatto di dover destinare quasi il 40 per cento del reddito ottenuto con l'esportazione al finanziamento degli acquisti petroliferi. Il suo pro¬ dotto principale, l'arachide, è penalizzato dalla siccità permanente sulla quale si è innestata di recente la caduta delle quotazioni mondiali, circa il 20 per cento. Poi, al pari di tanti altri Paesi emergenti, il Senegal deve subire tutte le conseguenze del dollaro, troppo caro, e dei tassi di interesse, proibitivamente alti. Cosa attendiamo allora dal • nuovo ordine economico internazionale'? Basterebbe che i risultati fossero conformi alle proposte avanzate dal Club di Dakar: garanzia cioè di esportazioni remunerative. Il modello di adeguamento esiste, ed è rappresentato dal meccanismo messo a punto dalla Convenzione di Lomé, firmata fra i Dieci della Comunità economica europea e una cinquantina di Stati dell'Africa, dei Caraibi, del Pacifico, che prevede fra l'altro la cancellazione dei debiti rurali, la fissazione dei prezzi di raccolta agricoli, la regolamentazione per lo sfruttamento delle risorse minerarie, l'accesso ai mercati mondiali. Chiediamo una compensazione per la voce petrolio, in attesa dell'introduzione di fonti alternative energetiche, come il Sole. Alleggerendo i costi per l'approvvigionamento petrolifero, con il concorso dei Paesi produttori di greggio, si potrebbe liberare un'immensa liquidità da riversare immediatamente su altri settori che attendono di potersi incrementare. Fra i vari suggerimenti si parla da tempo di un fondo speciale che potrebbe fungere da •cassa di compensazione'. Infine, ci sono le ricette tradizionali: il trasferimento di attività industriali primarie e secondarie dal Nord al Sud, il prelievo fiscale sui bilanci militari. Il Nord deve giocare a carte scoperte. Dal suo atteggiamento dipende anche il futuro della cooperazione Sud-Sud (gli scambi interafricani rappresentano appena l'un per cento del commercio planetario). Diventa quindi essenziale la partecipazione del blocco socialista a questo dialogo incrociato. I Paesi socialisti non hanno infatti il diritto, per restare fedeli all'internazionalismo proletario di cui si fanno paladini, di incrociare le braccia con il pretesto di non avere alcuna corresponsabilità storica nel nostro'sottosviluppo. Non basta aiutare i movimenti di liberazione, quali essi siano. I diritti economici stanno alla pari dei diritti civili e politici. Oggi, per fortuna, non esìstono più imperi coloniali da spartire, ma un'umanità che aspira unicamente a progredire. Abdoulaye SyHa 11 vertice di Cancùn, che riunirà Capi di Stato e di governo di 22 Nazioni, nasce dal rapporto scrìtto un anno fa dalla Commissione presieduta dall'ex Cancelliere tedesco Willy Brandt. Scopo della Conferenza è di sbloccare il dialogo Nord-Sud per una più equa distribuzione delle risorse

Persone citate: Willy Brandt

Luoghi citati: Africa, Bangladesh, Brasile, Corea Del Sud, Parigi