II 2000, un 'apocalisse: la fame condanna 700 milioni di uomini di Gerard Viratelle
II 2000, un 'apocalisse: la fame condanna 700 milioni di uomini II 2000, un 'apocalisse: la fame condanna 700 milioni di uomini ft Monde (PARIGI) Per molti anni ministro dell'Agricoltura nei governi De Gaulle, Edgard Pisani, socialista di vecchia data, con l'avvento della sinistra all'Eliseo è diventato Commissario della Cee per le relazioni con il Terzo Mondo. E' stato l'unico francese di rango a prendere parte ai lavori della commissione Brandt. Ecco l'intervista che ha rilasciato ai giornali di «Tribuna Internazionale». Siccome al riguardo c'è molta confusione, che definizione dà al termine «nuovo ordine economico internazionale» che per i Paesi del Terzo Mondo è diventato ormai un punto di riferimento obbligato e che adesso li preoccupa più che mai? Se si parla di significato, ritengo il termine piuttosto inadeguato. Per aver un ordine nuovo, occorre per lo meno che ne esista uno vecchio. Ebbene, secondo l'ottica del Terzo Mondo, questo ordine non esiste. Esiste invece lo squilibrio, la dominazione, gli scambi ineguali, in breve il disordine. Non possiamo quindi ignorare tale critica di fondo. In definitiva ciò che bisogna realizzare è piuttosto un sistema, non un ordinamento, un insieme cioè i cui elementi siano alla costante ricerca di adattamento reciproco secondo l'immagine che rispecchia la vita di noi tutti. Aggiungerei inoltre che in nessun caso il sistema andrebbe limitato all'ambito economico. In altri termini, dobbiamo mettere in discussione ogni cosa, l'economia, il denaro ma anche la cultura, l'informazione, la salute pubblica, ilpotere. Poi c'è da considerare che il sistema non è tanto internazionale quanto mondiale. Nella prima ipotesi, le nazioni vi compaiono come attori unici, mentre la seconda definizione coinvolge ogni cosa, persino le multinazionali. Ecco perché da tanto tempo si tenta, a prezzo di sforzi notevoli, di elaborare un codice di condotta che regoli il loro operato. Infine ritengo che se questa espressione intende avere qualche validità, essa dovrebbe includere un'idea complementare, ed essenziale, che fa parte del suo carattere per così dire contrattuale. L'ordine, o se vogliamo, il sistema, deve essere negoziato. Abbiamo già un modello a cui adeguarci, che è la Convenzione di Lomé, firmata fra la Comunità economica europea ed una sessantina di Stati dell'Africa, dell'America e del Pacifico. Quali allora potrebbero essere gli strumenti in grado di assicurare al Terzo Mondo una vera politica di autonomia alimentare? Prima di parlare di strumento sarebbe meglio parlare di necessità. Il disavanzo energetico, che pur ha creato tanti timori e che continua a minacciarci, è infatti meno gravido di conseguenze dello squilibrio alimentare che incombe sul mondo intero. La Banca mondiale ha pronosticato per l'anno 2000 da 700 a 800 milioni di esseri umani •condannati' a soffrire o wu> tire di fame. E' una prospe' va apocalittica, insopportai le e non dobbiamo dimenticare che la dipendenza alimentare del Terzo Mondo, anche se essenzialmente agricola, assumerà in futuro proporzioni ben più grandi e allarmanti di oggi. Le conseguenze saranno pertanto di natura geopolitica. Inoltre la situazione di molti Paesi emergenti diven¬ terà insostenibile in quanto diversi di essi non potranno più pagare in valuta pregiata il loro fabbisogno di cibo da importare. I passi da intraprendere sono, a mio avviso, i seguenti: 1. Occorre convincere gli uni e gli altri i Paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo, di assegnare la priorità assoluta alla politica agro-alimentare e far loro comprendere che l'obiettivo dell'autosufficienza sia riconosciuto come la base di qualsiasi politica di emancipazione. 2. Bisogna che il capitale tecnologico e soprattutto i mezzi di ricerca siano messi a disposizione delle nazioni emergenti in modo da fondare il loro sviluppo su modelli culturali e di consumo adatti alle rispettive realtà naturali e sociali. 3. Gli accordi internazionali sul funzionamento dei mercati verranno riscritti per porre le nazioni più povere al riparo dalle fluitazioni nei cambi che esse non sarebbero in grado di fronteggiare. 4. Le politiche agricole dei Paesi industrializzati dovranno intervenire immediatamente a favore degli Stati sottoalimentati ed incitarli nello stesso tempo ad incrementare la produzione locale in vista dell 'au tosufficiema. Ciò vuol dire che la politica agroalimentare dei paesi in via di sviluppo e la politica agricola della Comunità europea debbono procedere su binari paralleli. La revisione indispensabile della politica agricola comunitaria implica l'integrazione del Terzo Mondo come se esso fosse una delle sue dimensioni fondamentali. Concepita oltre un quarto di secolo fa per un Mercato Comune deficitario e cocciutamente ripiegato su se stesso, essa si deve trasformare adesso nello strumento previlegiato di questa Comunità che aspira ad avere responsabilità economiche di dimensioni mondiali e che nel contempo vuol avere cura dei propri interessi senza trascurare quelli impliciti nell'autonomia del Terzo Mondo a garanzia dell'equilibrio dinamico dei mercati mondiali. Potrebbe chiarire meglio questo quadro avveniristico? Il mondo occidentale, e in particolare l'Europa, rischiano di crollare sotto il peso di una produzione eccedentaria in campo alimentare, mentre milioni di uomini sono affamati e i mercati oscillano con ampiezze devastanti. Gli stati tendono sempre di più a rifiutare accordi di regolamentazione degli scambi, prodotto perprodotto. Fra una ventina di anni si può ipotizzare che alle eccedenze si sostituirà la carenza di merci a disposizione. Le leggi del mercato non basteranno insomma ad assicurare l'equilibrio mondiale e regionale delle necessità produttive. Bisognerà inventare altri meccanismi non per immoòilizzare il disordine, sotto il falso pretesto dell'equilibrio ma piuttosto per contenerlo e favorire invece lo sviluppo di altre forze produttive. Sappiamo tutti, qui alla Cee e in seno alla Commissione Brandt, che il mercato 'libero' è indispensabile. Esso non sarà però capace da solo di adeguarsi ai mutamenti umani, politici e strategici, facendo affidamento unicamente sulle proprie forze. Gerard Viratelle Edgard Pisani
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