I missili contro le moltitudini di Arrigo Levi

I missili contro le moltitudini GLI SS-20 SONO PUNTATI SU PECHINO, MA I CINESI NON PERDONO IL SONNO I missili contro le moltitudini «Potrebbe l'Urss scatenare una guerra contro un miliardo di uomini? Certo, ma non potrebbe deciderne la fine: sarebbe una guerra troppo lunga, di dieci o venf anni» - La Cina realista di oggi è più forte della Cina utopistica di Mao, una grande potenza mondiale - Anche se, all'interno, il potere di Deng deve fare ancora i conti con grossi problemi DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE DI RITORNO DALLA CINA — Dopo la morte di Mao Zedong, con l'avvento al po■e di Deng Xiaoping, è fini- . la Cina dei miracoli, la Cina dei miti e delle fantasie. Una volta si diceva: -La Cina è vicina». Ma la Cina vera era lontanissima e sconosciuta, quella -vicina» era una Cina immaginata o inventata, proiezione delle frustrazioni, delle inquietudini e dei sogni dell'Occidente. Ora che la Cina ha preso corpo e sostanza, ora che non sono più soltanto i sinologi a distinguere i fatti e i loro significati, ora che la Cina è visitata ogni anno da decine di migliaia di uomini d'affari, politici e turisti, ora che la Cina è, insomma, davvero più vicina e raggiungibile, essa ci appare più lontana e più diversa di quando era soltanto sogno di fantasia. Questo fenomeno è duplice. La Cina di Mao, con le sue grandi ambizioni, con le sue fughe in avanti verso rivoluzioni impossibili e con la sua inconoscibilità, si prestava splendidamente ad essere mitizzata.Non è più mitizzabile dal momento in cui prende coscienza di sé e dei suoi problemi reali, nel momento in cui scende dall'empireo dell'ideologia al terreno concreto della politica, e in cui apre un dialogo con il mondo. Questa nuova Cina si dichiara, e ci appare, più debole e carica di problemi di quanto apparisse la Cina di Mao o di Lin Biao, che lanciava la sua sfida a tutti i Paesi avanzati, capitalisti o comunisti, dichiarando di voler guidare la rivolta delle «campagne del mondo» contro le -città del mondo». Ma questa Cina, immersa nei problemi del suo sottosviluppo che oggi proclama e rivela al mondo intero, ha un peso ben maggiore negli equilibri e nella politica mondiale. La Cina maoista contava in verità poco, la sua sfida era soltanto a parole, le sue ideeguida erano troppo fuori della realtà. La nuova Cina, anche se -non è affatto forte», come ci dichiarava a Pechino la vedova di Zhou Enlai, conta molto di più ed è una vera grande potenza mondiale, non soltanto regionale (il che non può dirsi dell'India della signora Gandhi). Il rapporto di potenza tra il blocco occidentale e quello sovietico è ancora l'asse centrale degli equilibri globali: ma in questa equazione Est-Ovest la Cina figura oggi come un fattore determinante. La Cina ha un immenso esercito, anche se male armato, in più ha le armi nucleari e i missili intercontinentali, e ora ha messo in orbita anche i satelliti capaci di dare tempestivo allarme, in caso di un attacco nucleare sovietico. Ma forse la forza vera della Cina risiede nella sua risolutezza, nel vigore della sua vocazione nazionale. Durante gli incontri ufficiali che la delegazione del Parlamento eu jpeo ha avuto a Pechino, uno dei portavoce cinesi ci ha fatto tra l'altro un discorso che merita d'essere riferito per esteso. Rispondendo alla domanda: .Avete paura dell'Urss?», il portavoce ha detto: «Vi sono in questo momento dei missili sovietici SS-20 puntati contro di noi, anche se forse sono meno di quelli puntati verso l'Europa. Sappiamo comunque che ci sono SS-20 puntati su Pechino. Questo non impedisce ai 5.800.000 pechinesi di dormire tranquilli. Non abbiamo paura e non l'abbiamo mai avuta in passato. Il nostro non è un ottimismo cieco, è basato su ciò che noi abbiamo fatto. Potrebbe l'Urss scatenare una guerra contro un miliardo di uomini? Potrebbe scatenarla. Ma la fine di una tale guerra non sarebbe decisa dai sovietici. Non ci accusate di fare vanterie. Sappiamo bene che le nostre armi atomiche non sono nemmeno da lontano un pericolo per l'Unione Sovietica e che dobbiamo affrontare il problema della nostra modernizzazione militare. Ma sappiamo che chi provoca una guerra può proporsi di fare la guerra come la vuole lui: ma può poi trovarsi a dover fare una guerra tutta diversa. Se l'Urss scatenasse una guerra contro di noi, prevediamo una guerra non breve, non di due o tre anni, ma di dieci, forse venti anni. Le condizioni economiche dell'Unione Sovietica, i rapporti tra le varie nazionalità dell'Urss e quelli con le nazioni vassalle non consentirebbero una guerra di cosi lunga durata». Questo discorso era soltanto un passaggio di quello più ampio che ci veniva rivolto sugli equilibri mondiali nel momento attuale: su come l'America sia oggi una potenza sulla difensiva; su come l'Urss sia la potenza espansionistica «che approfitta delle difficoltà e del ripiegamento americano per dedicarsi a un'attività incendiaria in tutto il mondo»; su come la potenza militare sovietica sia oggi tanto grande da non permettere a nessun Paese «di far fronte da solo a questa spinta»; su come dunque tutti debbano unirsi per contenere l'egemonismo sovietico e assicurare al mondo p «un periodo di pace relativamente lungo». Ma il nocciolo di tutto il discorso era l'affermazione che «chi non è capace di assicurare !a propria difesa non può sperare di conquistare la pace col negoziato», concetto che veniva sviluppato, per quel che riguarda la Cina, nell'argomentazione che ho qui riferito. Questa argomentazione spiega meglio di ogni altra cosa perché la Cina sia diventata una grande potenza globale. Le basi di questa potenza c'erano già, ovviamente, negli anni di Mao. Ma la Cina di Deng ha acquistato consapevolezza della sua potenza: è Pechino, non Washington o Tokyo, che oggi -giucca la carta cinese», e la giuoco, per i propri fini Questi fini — lo sviluppo economico; la difesa dell'indipendenza e la realizzazione dell'unità nazionale; la conquista di un -periodo dì pace relativamente lungo» attraverso il contenimento dell'egemonismo sovietico e l'alleanza cino-occidentale—sono strettamente legati l'uno all'altro. Un fallimento grave in un solo settore comprometterebbe tutta la strategia di Deng. Bisogna tenere presente che il denghismo incontra e incontrerà molte difficoltà, suscita e susciterà molte resistenze interne. Deng Xiaoping ha vinto la lotta per il potere del -dopo Mao» e ha collocato uomini suoi nelle posizioni chiave: Hu Yaobang alla Presidenza del partito, Zhao Ziyang nella carica di Primo Ministro, mentre lo stesso Deng ha assunto la posizione cruciale di Presidente della Commissione Militare del Comitato Centrale. Ma Deng non ha eliminato gli avversari sconfitti: lo stesso Hua Guofeng è ancora uno dei vicepresidenti del partito, anche se è il sesto ed ultimo. La Cina di Deng ha -voltato pagina», ma ciò non vuole affatto dire che le lotte politiche siano finite, o che il potere di Deng non andrà incontro a nuove sfide. Alcuni osservatori occidentali sostengono per esempio che il successo di tutta la strategia di Deng, e il suo stesso potere, potrebbero essere compromessi da un fallimento della sua politica su Taiwan, del suo tentativo cioè di ristabilire con mezzi diplomatici e proposte molto moderate l'unità, anche solo formale, della Cina, compresa Taiwan. Altri osservatori si chiedono quanto possano ancora pesare sul potere di Deng e sul futuro del denghismo (anche se Deng sembra avere creato le condizioni per una successione ordinata), le vecchie accuse rivoltegli di essere un -dirigente impegnato nella via capitalista». Deng stesso sembra tenere presenti questi pericoli quando accentua, come ha fatto negli ultimi tempi, il tema della lotta contro -il liberalismo borghese» oltre che contro il -sinistrismo». Vi è stato un giro di vite contro gli intellettuali dissidenti. Gli incontri con intellettuali che noi abbiamo avuto durante la nostra visita in Cina sono stati i più deludenti e formali, con rarissimi slanci, da parte dei nostri prudenti interlocutori, a favore di una più ampia apertura agli intellettuali, che faccia dimenticare del tutto gli orrori della -Grande Rivoluzione Culturale». Ma la riaffermazione del principio che in Cina non può esservi licenza per i nemici del socialismo era categorica. Fa da contrappeso, a questa lotta contro il -liberalismo», quella contro il -sinistrismo», che Deng porta avanti attraverso un discorso sul maoismo dopo Mao. In uno dei suoi interventi più recenti, dell'inizio di settembre, Deng ha riaffermato ancora una volta (segno che occorre farlo?) l'opposizione alla vecchia politica dogmatica dei -due comunque», che si basava sull'impegno di accettare -comunque» qualsiasi decisione politica di Mao, e di seguire -comunque» qualsiasi istruzione di Mao. Questo era sbagliato. Il fatto è, dice Deng, che esistono oggi situazioni che non vi erano ai tempi di Mao: l'essenza del Mao Zedong-pensiero e del marxismo-leninismo è una frase di Mao, che egli affidò come insegna per la Scuola di Partito di Yanang: -Cercate la verità nei fatti». Guardando alla Cina d'oggi, chi ha vissuto nella Russia di Kruscev scopre moltissime affinità tra l'Unione Sovietica di ventanni fa e la Cina del tempo di Deng. Questo paragone è molto tentatore, ed è stato infatti proposto da diversi osservatori, per mettere in rilievo i fermenti di novità di una -demaoizzazione» concitata e ricca di ini¬ ziative. Non si può però dimenticare che all'analoga -destalinizzazione» di Kruscev seguì una Unione Sovietica burocratica e immobile, che dura ormai da quasi un ventennio. Potrebbe accadere qualcosa di analogo alla Cina, una volta che fosse uscito di scena Deng Xiaoping? Il fatto è che il cambiamento, in un regime autoritario e centralizzato, di stampo sovietico, qual è ancora la Cina, rischia sempre di andare troppo avanti; ogni passo compiuto nella nuova direzione ne suggerisce degli altri, fino a compromettere la stabilità del sistema. Per evitare che ciò accadesse, il partito sovietico riaffermò anche brutalmente il suo potere totalitario; ciò che è accaduto nell'Unione Sovietica del -dopo-Kruscev» potrebbe ripetersi nella Cina del -donnDeng». Questa è l'ipotesi che fanno alcuni esperti occidentali: l'età avanzata dell'uomo che oggi di fatto governa la Cina (Deng è nato nel 1904) impone fin d'ora di guardare a ciò che accadrà dopo di lui. Questa non è però una prospettiva immediata, il piccolo Deng appare solido e in forze. Ma, se l'Occidente è davvero interessato a consolidare il -nuovo corso» di Pechino e ad irrobustirne le basi nella società cinese, deve approfittare di questi anni per aiutare il denghismo a crescere e rafforzarsi. Di questo l'America e il Giappone sono certamente coscienti (anche se le posizioni di Reagan su Taiwan suscitano preoccupazioni). E l'Europa? L'Europa, come sempre, è più un'ipotesi di grande potenza che una grande potenza. Ha i mezzi per esserlo, le manca la volontà. In nessun luogo come a Pechino ci si rende conto che c'è nel mondo una grande -domanda» di Europa. Peccato che non sia pareggiata dall'-offerta» di potenza europea. Se ne gioverebbe la pace mondiale. Arrigo Levi Deng Xiaoping in una caricatura di David Levine Tutti i cittadini cinesi, anche i più giovani, ricevono un addestramento militare: «Siamo in tanti»