Vasari: l'artista nel palazzo

Vasari: l'artista nel palazzo UNA IMPORTANTE MOSTRA NELLA SUA CASA DI BORGO S. VITO AD AREZZO Vasari: l'artista nel palazzo Accanto alla coscienza che la pittura è «instrumentum regni», si avverte un'altra orgogliosa consapevolezza: che la forma riscatta chi serve il potere e gli rende nobiltà eguale o superiore a coloro che esalta - Le opere e i documenti raccolti nelle sale propongono al visitatore questo tema affascinante AREZZO — L'ultimo grande appuntamento dell'anno, fino al 29 novembre, è ad Arezzo, alla Casa del Vasari e alla Sottochiesa di San Francesco, esattamente sotto il coro affrescato da Piero della Francesca. Organizsata dalla Soprin tendenza di Arezzo (soprintendente Margherita Lenzini Moriondo), dalla Regione Toscana e dal Comune di Arezzo, la mostra dedicata a Giorgio Vasari (1511-1574), nella doppia configurazione dei suoi rapporti di massimo storiografo dell'arte italiana con l'ambiente storico e culturale del '500 e della sua attività iniziale di pittore fino intorno a metà secolo, è stata realizzata da Anna Maria Maetzke, soprintendente aggiunto di Arezzo, e da Charles Davis e Margaret Daly Davis, dell'Istituto Tedesco di Storia dell'arte di Firenze, con uno stuolo di collaboratori italiani, tedeschi, anglosassoni. E' da sottolineare, in un certo senso a livello simbolico, questa ampia collaborazione internazionale intorno a un personaggio straordinario, per fecondità operativa, per capacità di rapporti e di organizzazione culturale, per tutta una vita affissa, con passione e lucidità, nell'idea- della creazione figurativa come vertice e summa del pensiero umano e dell'immagine del mondo, come -virtùsuprema, e unica vera -degnila.* di Firenze, Roma, Venezia, eredi dell'antica classica età dell'oro, nei confronti di tutto il mondo occidentale. E' da sottolineare questa collaborazione, proprio in quanto Vasari fu, per almeno due secoli, modello assoluto, e non negato o nascosto, per tutta la letteratura artistica, dalla Francia alla Germania, dai Paesi Bassi alla Spagna. Basandosi sull'archivio del Vasari, le otto sezioni nella casa del Vasari, fra disegni originali, incisioni, medaglie, cammei, sculture, documenti, riproduzioni fotografiche, propongono in fitta e affascinante trama alcuni punti chiave: il rapporto fra le due case di Arezzo e di Firenze, anch'esse esemplari per un secolo in cui la .casa dell'artista' diviene modello di affermazione sociale e simbolico-culturale, già a partire dal Giorgione a Castelfranco, da Mantegna a Mantova, da Raffaello in Borgo a Roma; l'organizzazione e l'.invenzione- dei grandi apparati allegorici e decorativi profani e sacri, il rapporto, di pari nobiltà, con i protagonisti della scienza retorica storico-letteraria, da Giovio ad Annibal Caro, da Cosimo Bartoli all'Aretino, e la fondazione di quella che oggi chiamiamo l'iconologia, come realizzazione, fino alle estreme e più sottili possibilità e implicazioni, dell'-ut picturapoesiS', ma in certo senso ribaltata, portando al vertice la -pictura»; donde poi la concreta coscienza in Vasari che quella -pictura- è «instrumentum regni' sia profano, principesco assolutistico, che religioso, coscienza esaltata dalla trama di rapporti con i Medici da Ottaviano a Cosimo I, con Alessandro Farnese, con i papi da Giulio III a Pio V, con gli ordini religiosi. Il Vasari, dunque, artista come pochi altri al servizio — metodico, consapevole — del potere, della sua esaltazione retorica, della sua simbolizzazione, della sua vestizione figurale 'Classica',- ma altrettanto consapevole che la visualità, la forma esaltante, simbolizzante, e l'artista che la padroneggia, hanno raggiunto, con i «divinU Michelangelo, Leonardo, Raffaello, nobiltà, dignità pari, se non superiore, a ciò e a coloro che sono soggetti di esaltazione e simbolizzazione. Ed ecco allora il capolavoro in scrittura, le Vite degli artisti, l'uso dei rapporti con corti, ambienti culturali, letterati, poligrafi per dare con- S N cretezza e verità storica a questa -idea sublime' della creazione e della funzione delle immagini (la relativa sezione è anch'essa ospitata nella Sottochiesa di San Francesco); ma anche, in parallelo, dopo aver acquistato nel 1540 «una casa... da fare orti bellissimi nel borgo di S. Vito, nella miglior aria della città», la privata traduzione di quell'idea nella decorazione della casa lungo il decennio, con le sale -della Fama', dedicata ai grandi artisti, e di Apollo e le Muse, e soprattutto la sala principale. Sul camino, il calco della Venere degli Uffizi, cui fa riscontro l'affresco della Diana di Efeso, intorno, sull'alto delle pareti, le Virtù; sul soffitto, la vittoria della Virtù (la suprema virtù dell'arte e degli artisti) sull'Invidia e sulla Fortuna, cioè la mutevole incertezza del destino; sul basso delle pareti a monocromo rossastro, i mitici -exempla-, i fondamenti greci. Apelle, Protogene, Timante, Zeusi. In un angolo, il simbolo personale, fra illusionismo e pensosa cronaca privata: attraverso una finta porta, una stanza con finestra inferriata identica a quelle reali della sala, alla cui ultima luce un uomo in veste e berretta da casa legge (o rilegge dopo aver manoscritto?) un grosso volume. Giustamente, allora, gli ordinatori hanno proposto come -sezione' prima e fondamentale della mostra nella casa del Vasari la casa stessa, valorizzante il fitto tessuto didascalico di cui abbiamo detto, e i suoi significati, e i pochi scelti esempi - tipologici' della pittura vasariana: il Ritratto, densissimo di capillari allegorie, del gran tiranno Alessandro de Medici, e l'altro, in simbolica memoria, del Magnifico Lorenzo, la Toilette di Venere dal Museo di Stoccarda, rievocante una giovanile favola mitologica per Ippolito de Medici, le Tentazioni di San Girolamo di Pitti, la Pietà Chigi Saracini di Siena. Nella Sottochiesa di San Francesco abbiamo la nascita e il primo sviluppo della pittura vasariana, dove ancora prevale un personale impegno operativo, non da -imprenditore- direttore dei lavori, a parte i due stupendi affreschi apocalittici con grottesche, staccati da S. Michele in Bosco a Bologna, già affidati nel 1540 al primo fedele collaboratore, il Gherardi. Salvo le primissime opere, dal Trasporto del Cristo morto per Ippolito de Medici (1532) fino alla Deposizione dell'Annunciata ad Arezzo (1535), dove la durezza provinciale non sorregge il già ricco bagaglio culturale, la cocciuta fede nella pittura come -letteratura-poesiaracconto-filosofia simbolicaper gli occhi trionfa, dalle gran macchine di Camaldoli a quella della Concezione di Lucca, dalle visionarie nevrosi manieristiche delle predelle al felice recupero del Suici- ! dio di Giuda, probabilmente i da qualche soffitto veneziano, acquistato per prelazione dallo Stato, quest'anno, da un'asta Sotheby's; e fino ai netti anticipi di pittura -cattolica ortodossa- nelle colossali Stimmate di S. Francesco, anch'esse da poco riscoperte nel Tempio Malatestiano di Rimini. Certo (ma coerentemente), in Vasari V-illustrazione» prende gran vantaggio rispetto alla -pittura-. Ma, per questa, basterebbe a giustificare una visita ad Arezzo la presentazione — come illustrazione di un fatto folgorante in quel d'Arezzo nel momento in cui il giovanissimo Vasari cominciava a metter mano al pennello — della restaurata Pietà del Rosso Fiorentino per S. Lorenzo in Sansepolcro: una di quelle opere di fronte a cui la mente quasi si annulla, e che pure sono nate da una mente e da uno spirito sommamente dotati di -virtù' in senso vasa- riano- Marco Rosei «II suicidio di Giuda» del Vasari, acquistato quest'anno dallo Stato (con diritto di prelazione) ad un'asta di Sotheby's