Il neofascista è stato assassinato perché era amico del Peci nero?

Il neofascista è stato assassinato perché era amico del Peci nero? L'ipotesi di una vendetta di terroristi di destra nel delitto di Monte Mario Il neofascista è stato assassinato perché era amico del Peci nero? «Volante rossa», con una telefonata, rivendica l'omicidio - Gli inquirenti: «Poco credibile» DALLA REDAZIONE ROMANA ROMA — La polizia è convinta che l'uccisione di Marco Pizzari, 23 anni, simpatizzante di destra e molto legato al «Peci nero». Luigi Ciavardini, sia avvenuta all'interno di una faida spietata e che sia soltanto l'inizio di una serie di vendette. Il terrorismo nero, a Roma, è stato duramente colpito nell'ultimo anno, soprattutto a causa dei «pentimenti» di alcuni fra i protagonisti degli episodi di violenza che hanno insanguinato le strade della città. Adesso è 11 momento della resa dei conti. In questa chiave gli uomini della Digos interpretano una telefonata arrivata all'Ansa il 23 settembre scorso. Una voce anonima avverti: -Nell'anniversario dell'inizio della repressione contro il movimento politico "Terza Posizione" cominceremo due settimane di lotta per la liberazione dei rivoluzionari prigionieri e per ricordare i fratelli caduti Nanni De Angelis e Francesco Mangiameli*. Ieri sera, sempre all'Ansa è arrivata la prima rivendicazione dell'assassinio di Monte Mario. Ma si tratta di una rivendicazione piena di inesattezze e sembra che la polizia non la prenda troppo sul serio. E' stata una donna, che ha detto di parlare a nome della «Volante rossa», a dire: -Abbiamo ucciso noi il ragazzo questa mattina, abbiamo sbagliato, il congegno non ha funzionato*. Quale ragazzo?, ha chiesto il telefonista. -Pizzari. Nei prossimi giorni uccideremo altri due in carcere*. Secondo la Digos l'errore fatto dalla donna nel dare per l'omicidio l'indicazione della mattinata di ieri fa pensare che la rivendicazione sia poco attendibile. A nome della «Volante rossa» fu rivendicato lo scorso anno l'assassinio del missino Angelo Mancia, un picchiatore molto noto nella città. Gli inquirenti, nel corso delle Indagini, finirono col ritenere! che la sigla di «Volante rossa» fosse soltanto una copertura per gruppi che volevano confondere le indagini. Una copertura adottata in quei casi in cui i «neri» decidono appunto di compiere vendette interne, cercando di addossarne la responsabilità a formazioni di colore opposto. Anche la data scelta per l'uccisione di Pizzari poteva indurre a una certa confusione: il 30 settembre del 77, a pochi metri da dove è stato ucciso Pizzari, cadde colpito dai fascisti il giovane Walter Rossi, militante di «Lotta continua». Proprio per questa ragione, gli inquirenti hanno voluto aspettare ad avere più elementi prima di indicare 1 una pista precisa. Chi era dunque Marco Plz| zari. l'ultima vittima del teri rorismo? Ex ufficiale dell'e¬ sercito e da poco congedato; il suo nome non compariva fra quelli dei presunti terroristi di destra. Era però un amico di personaggi di spicco nel gotha dell'eversione nera. Abitava nello stesso palazzo di Luigi Ciavardini, arrestato tempo fa in via Sistina, figlio di un maresciallo della Polstrada e autore dell'incursione davanti al liceo «Giulio Cesare» durante la quale fu ucciso il poliziotto Franco Evangelisti, conosciuto col soprannome dì «Serpico». Insieme con Ciavardini, cadde nelle mani della polizia un altro neofascista, Gianni De Angelis, che pochi giorni dopo si uccise in carcere. Si disse allora che il suicidio fu una conseguenza del fatto che De Angelis si sentiva tradito da un amico. Non si sa però se Pizzari possa avere avuto un ruolo in questa vicenda, oppure se i «camerati» lo abbiano sospettato ingiustamente. Pizzari aveva un diploma di geometra, il padre è un gioielliere, doveva sposarsi entro la fine dell'anno. Poco tempo fa aveva detto alla sua ragazza: -Forse torno sotto le armi, voglio intraprendere la carriera militare*. Invece aveva deciso di mettersi a lavorare col suocero che ha un'impresa edile. Sembra che la polizia cerchi anche dei possibili collegamenti con l'uccisione di Giuseppe De Luca. «Pino il Calabro», cassiere di un gruppo dei Nar, assassinato nel luglio scorso nella sua casa alla Tomba di Nerone. La sua morte fu rivendicata da un messaggio che lo indicava come «infame», cioè delatore.

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