Da Malaparte alla Cavani «La Pelle» fa ancora scandalo

Da Malaparte alla Cavani «La Pelle» fa ancora scandalo La regista ci parla del suo film Da Malaparte alla Cavani «La Pelle» fa ancora scandalo -I Personalmente credo che i miei film siano tutti sperimentali, parlo ogni volta di qualcosa che mi intriga al momento; non appartengono ad un •filone» o se vi appartengono come nel caso di Francesco o Galileo (filone biografico? Storico?) credo di aver buttato all'aria inconsciamente o meno troppe aspettative del cosiddetto filone o «genere». Posso inoltre dire che in comune i miei film hanno «la crudeltà-: non vuol dire che hanno scene necessariamente crudeli. La questione è di stile e di immaginario cinematografico. Un esempio: nel Francesco racconto l'esperienza del protagonista non come un dato di fatto scontato ma la racconto nel suo farsi anzi nel tentativo di farsi. Considero quell'esperienza un rischio (esistenziale e di stile) per il protagonista e per il film e non la giudico né in bene né in male. Altro esempio: ne La pelle i protagonisti sono la popolazione e i conquistatori (vinti e vincitori) i quali si fronteggiano ancora ma non più con le armi e la retorica della guerra ma con le armi dell'economia e della sopravvivenza. Le armi dei vinti sono fantasia sesso volontà di vivere, quelle dei vincitori sono dollari sigarette cioccolata. Non è un pacifico scambio; è ancora una guerra rischiosa sui corpi e contro i corpi. Il rischio di quel duello è il rischio del film. • O Per chi fa spettacolo coinvolgere il pubblico fa parte del mestiere. Non amo i film noiosi o malfatti anche se avessero dentro il messaggio più urgente del mondo. Il cinema non è cronaca dal fronte e neanche un bollettino politico; il cinema sta alla cronaca del telegiornale o del documentario come la letteratura sta all'articolo del quotidiano. E' inevitabile d'altronde che quando esce un film o un libro saltino fuori i «dovrebbe essere» dell'opera stessa. Eppure si sa che l'opera sussiste solo in quanto è quello che è e che la sua motivazione sussiste solo in se stessa. La critica svolge un lavoro corretto — penso — quando si inserisce nella questione tecnica del rap¬ porto tra significante e significato. Esiste invece una critica cosiddetta contenutistica che privilegia il «significato» operando cosi un'azione di violenza sull'immaginario e fuorviando il lettore. C'è anche una parte della critica cinematografica (come letteraria) la quale teme che il coinvolgimento, l'emozione, che l'opera produce siano contrarie all'estetica e persino un poco immorali. Se l'emozione e il coinvolgimento fossero misurabili in decibel certa critica arriverebbe forse a stabilire la misura entro la quale l'autore dovrebbe tenersi. Oltre tale misura ci sarebbe l'eccesso. L'eccesso viene giudicato spesso come osceno, immorale, pericoloso e via dicendo. Ci sono opere di Seneca, di Shakespeare, Moravia, Belli, Lawrence, Miller, Celine ecc. che sono state gratificate nel tempo di questi giudizi perché peccano di eccesso. C'è una battuta di Roland Barthes che voglio ricordare: «L'opera propone, l'uomo dispone. Ogni fruitore dovrebbe esserne consapevole se non vuole lasciarsi intimidire dalle censure». O Per me la parola scandalo ha un senso positivo, persino evangelico. La vetusta idea che l'arte debba fare ordine nel caos, of» frire una finalità, un significato all'insignificanza fenomenica, dovrebbe essere in gran parte superata dalla scoperta anche recente che l'arte può compiere un'operazione ben più affascinante come quella di buttare all'aria i luoghi comuni, le aspettative, il solito repertorio di idee e anche riproporre il caos per guardarlo in faccia. Quando andò sugli schermi tv il Francesco (1966) tanti gridarono allo scandalo perché «Francesco non può essere cosi» o nel 1976 quando usci Al di là del bene e del male «perché Nietzsche non può essere cosi» e nel 1973 con Portiere di notte «non si fa di un ex-nazista il protagonista di un film» e anche «non può una vittima del lager aver amato un aguzzino» oppure a Cannes quest'anno per La pelle: «Un modo troppo cinico di raccontare fatti dolorosi» o •Napoli non poteva essere cosi». Per La pelle come per Portiere di notte e Al di là del bene e del male c'è poi la questione sesso. Io ho sempre pensato che il sesso abbia lo stesso diritto di apparire in un'opera cinematografica o letteraria alla stregua dei duelli, delle battaglie, delle feste di compleanno, dell'omicidio, dei bacetti della nonna, della sofferenza del minatore. Il problema non è mai di natura estetica. Vorrei citare in merito il parere di un fine critico: -A mio parere non ci sono dubbi: il mondo del sesso va perfettamente bene per la letteratura. Se finora è stato bandito la spiegazione deve essere storica, sociologica, forse psicologica, ma certo non estetica» (Guido Almansi: «L'estetica dell'osceno», Einaudi, 1974). Naturalmente il parere vale anche per il cinema. In ogni modo i miei film sono certamente diversi dalle aspettative di chi vuole trovare al cinema quello che sa già. non perché poi quello che sa già sia il vero ma perché è quello che è abituato a sapere. Lo scandalo è quindi ben poca cosa, è soltanto la cosa diversa da quella che per molte ragioni si vuole vedere o sapere. Qualcuno proprio a Cannes insinuò l'ipotesi che il mio modo di fare cinema sarebbe ben più accettabile se io fossi un uomo. Considero questa ipotesi inaccettabile e quasi una provocazione perché se anche fosse ipotizzabile sarebbe dimostrabile soltanto alle persone obiettive e cioè a quelle che sono già imparziali. . ... _ Liliana Cavani Un'immagine dal film «La pelle» A quattro mesi dal Festival di Cannes, si riaccende la discussione su «La pelle», in uscita oggi nelle sale cinematograliche italiane. La parola «scandalo» affiora immediata dalle cronache, condensa — o anticipa — le reazioni degli spettatori. L'aveva già provocata Malaparte, quando apparve il suo libro, nell'Italia del 1950. La riporta alla luce Liliana Cavani, che trova paladini e oppositori Cosa ne pensa la regista? L'abbiamo invitata a pronunciarsi su tre domande: 1) Che cosa c'è in comune fra la regista di «Francesco d'Assisi» e «Milarepa» e quella di «Portiere di notte» e «La pelle»?; 2) Il nuovo film ha suscitato a Cannes reazioni disparate, ma provocando un grosso coinvolgimento. E' un risultato che cerca lei o è un atteggiamento dei critici?; 3) I suoi film hanno provocato risentimento in una parte della critica e del pubblico. Qualcuno ha parlato di scandalo. Che senso ha questa parola per lei?

Luoghi citati: Assisi, Cannes, Italia, Napoli