ima volta.... idi .... a Hari

ima volta.... idi .... a Hari ima volta.... idi .... a Hari re quelle parola stranamente dolci e lumirie nel mosaico vivente che le trasformava rare nelle notti d'autunno della foresta di in trasparenti poesie che sarebbero finite il fermacarte del bancone del mago... nente all'improvviso le sue cene del martezh» fossi riuscita ad averlo a cena il martetCSBOfa ch&rpglt,passava immancabilmente en e con una svecchia modella di Mane ti hexaen si^sepnrava-'mai da due colomoBehé* in. una gabbia); Erano là entrambe, le mie tedi.. Dio solo sa quanti sorrisi e quante lmartedieera),per divertirmi a impedirgli Sempre invana Ed eccole là. le povere donventosamente tristi. E i due Mendès, che .rei! fondo-delia desolazione. Lui, tutto sindilacnnlér pallido da far patirà. E tutti gli ! dolore... -.~=r~ llarmé a riposare nel piccolo tranquillo ciatvins e tornammo numerosi a Villeneuve. C'erano Vuillard, Roussel Bonnard. Renoir. Lautrec, Voltarci, Georgette Leblanc, Mìrbeau, Coolus, Elémir Bourges, VaMottan, Maeterlinck e Claude Terrasse. La sera, a tavola, eravamo tutti orribilmente stanchi e i nostri nervi dovevano essere tesi al massimo. Non ricordo più a che proposito, tutta la tavolata fu scossa da un riso isterico. Io fui la prima a ritrovare la calma e a rendermi conto di quanto quel riso fosse atroce dopo la cerimonia del mattino. 'Non prendetevela, Mista; mi disse piano Renoir «non si seppellisce Mallarmé tutti i giorni». * * / nostri invitati non tardarono a lasciare Villeneuve e io avevo un tale bisogno di tranquillità che non insistetti molto per trattenerli. Solo Vuillard e Lautrec erano rimasti con noi Lautrec lavorava a un mio grande ritratto che voleva chiamareUè rovine d'Atene. Si era infatuato di quel brano di musica di Beethoven e dovevo suonarglielo continuamente, perché pretendeva di trarne l'ispirazione: 'Che belle rovine! Ahi che leggiadre rovine, ancora le rovine, Misial». E io dovevo suonarglielo per la decima volta. Allora, con rinnovata passione dipingeva in silenzio per un po'. Ma io non resistevo •al desiderio.di andare ogni tanta a dare un'occhiata al suo " lavoro, e mi rendevo assolutamente insopportabile recrimi• nando-a-proposito-dei miei occhi- che non erano abbastanza grandi, del mio naso che non mi sembrava abbastanza piccolo, del collo che non era abbastanza lungo... Insomma, gli davo talmente noia die, quando il quadro fu finito, si vendicò crudelmente facendo un'inverosimile caricatura d'una cena a casa mia che presiedevo con l'aria di una 'tenutaria:.. Per Lautrec l'estate finiva con l'apertura della caccia. Allora lo si vedeva vestito di un impermeàbile di gomma giallo limone con l'aggiunta di un cappello da marinaio d'un tessuto intonato, fieramente rialzato sulla fronte Con questa tenuta, che lui riteneva specificamente cinegetica, celebrava la sua apertura della caccia che consisteva nel giro scrupoloso di tutte le osterie della cittadina. Non ne trascurava una, per quanto infima fosse. Ogni autunno anche l'ultima bettola di Villeneuve vedeva puntualmente riapparire la. minuscola, fragile sagoma di Lautrec, ricoperta di gomma gialla, che faceva la sua 'apertura». C'era anche un altro sport che lui praticava con abilità consumata, con mio sommo diletto. La regola era la seguente: io mi sedevo per terra, in giardino, appoggia taa un al bero e immersa nelle delizie di un buon libro; Lautrec mi si accoccolava vicino, armato d'un pennello con l'aiuto del quale mi solleticava sapientemente la pianta dei piedi.. Questo esercizio, nel quale al momento opportuno intervenivano anche le sue dita, poteva durare delle ore. Io ero al settimo cielo e lui sosteneva di tracciare sulla pianta dei miei piedi dei paesaggi immaginari.. Né io né lui eravamo molto vecchi e Lautrec si concedeva spesso delle distrazioni impreviste! Fu così che una mattina, verso le undici la casa fu scossa da uno sparo improvviso che sembrava provenire dalle stanze occupate da lui Ci precipitammo su per le scale e irrompemmo in camera sua col cuore in gola, per trovarlo seduto alla turca sul suo letto che prendeva di mira un ragno che tesseva placidamente la sua tela sul muro di fronte.:. * * IO non sospettavo neanche lontanamente di conoscere Una donna che doveva rivelarsi la più celebre spia dell'epoca: Mata Hari ■ Molti anni prima della guerra, quando erocon la mia barca aDeauville, Claude Anet mi aveva raccomandato una giovane ballerina che voleva essere presentata a Diaghilev. Un mattino vidi arrivare sul ponte una giovane donna piuttosto ordinaria alla quale dissi amabilmente che la trovavo incantevole. Avevo appena finito la frase che eragià completamente nuda. Di punto in bianco era sgusciata fuori dal vestito, sotto il quale nonportava assolutamente nulla. Si atteggiò in qualche posa, cosiddetta "plastica" e accennò due o tre passi di danza. Io ero piuttosto irritata e lei non aveva il mìnimo talento. L'idea di presentarla a Diaghilev, dopo quell'infelice esibizione, non mi passò neanche per la testa, e la signora non restò a lungo nei miei pensieri Passarono molti anni scoppiò la guerra e Una sera Boni de Castellane arrivò al Meurice con la sua macchina per condurre Sert etnea vedere una danzatrice indù, della quale gli avevano detto meraviglie e che avrebbe ballato apposta per nói L'auto percorse diversi chilometri prima di arrivare davanti a una sordida casa della periferia parigina. Ci fecero salire al primo piano ed entrammo in una camera da letto che trasudava miseria. Quattro piccoli indù eoi turbante erano accoccolati in terra e strimpellavano delle chitarre. Finalmente, vestita di tre triangoli di Strass, apparve la meraviglia annunciata. Quale non fu la mia sorpresa nel riconoscere subito la mia candidata ai Balletti riusi... Non aveva, ahimé, fatto alcun progresso. Èra una banalissima ballerina da night-club, la cui arte si riduceva a mostrare il proprio corpo. I musicisti pizzicavano disperatamente le loro corde. Il tutto era pietoso, squallido e molto deprimente 'Dalle subito dei soldi», dissi a Sert 'sembra così miserabile: Avevo in testa una cosa sola, ricompensarla del disturbo che s'era presa e scappare prima possibile da quella sciagurata stamberga. Tre giorni dopo quella lugubre serata, Mata Hari fu arrestata. Quando seppi della sinistra parte che veniva attribuita a quella donna cosi insignificante, ne rimasi stupefatta. Quanto a Sert, con lei non aveva ancora chiuso... I balletti di Diaghilev, che si erano esibiti a Madrid, erano rimasti bloccati in Spagna. Mandel, allora al Ministero degli Interni mi rifiutava ostinatamente i Visti necessari al loro ritorno in Francia Per il puro gusto di farmi arrabbiare, sosteneva che quella compagnia cosmopolita doveva essere un covo di spie! Alla fine, Sert andò in Spagna di persona per riportare indietro Diaghilev. Qualche minuto prima di passare la frontiera, consigliò a Serge di controllare se, per caso, non avesse addosso qualche documento che potesse procurargli delle noie. 'Cosa vuoi che abbia?» rispose tt pòvero Diaghilev già esasperato per l'interminabile quarantena cìiè gli avevano fatto ■ fare »E' una domanda assurda, non ho assolutamente niente». Così dicendo, tirò fuori dalle tasche un pacco di scartoffie sul quale troneggiava una lettera'di Mata Hari! Il mio rifiuto non l'aveva per nulla scoraggiata: aveva continuato ad assillare periodicamente Diaghilev per corrispondenza. L'ultima delle sue lettere fu scaraventata fuori dal finestrino del treno da un Sert la cui fronte si era di colpo imperla ta di un sudore angosciato! Misia Sert (Da «Mista», per concessione dell'editore Adelphi)

Luoghi citati: Atene, Francia, Madrid, Spagna, Villeneuve