Anna Freud dovrebbe sapere che suo padre non ha mai abiurato

Anna Freud dovrebbe sapere che suo padre non ha mai abiurato Un intervento di Cesare Musatti sulle lettere rivelate in America Anna Freud dovrebbe sapere che suo padre non ha mai abiurato Nel numero scorso di «Turtollbri» Furio Colombo, in una sua corrispondenza da New York, dava notizia della consegna, al professor Jeffrey Moussiaeff Masson, da parte della figlia di Freud, Anna, di 284 lettere del padre scritte al medico Fliess. In esse Masson ha rintracciato I motivi che avrebbero portato il londatore della psicanalisi ad abiurare alcune tappe fondamentali della sua teoria. Abbiamo chiesto a Cesare Musatti, il maggior studioso del pensiero freudiano e curatore della sua «Opera» e a Paolo Boringhieri, che ha stampato in Italia tutti i suoi libri, in che modo le lettere inedite possono modificare il pensiero di Freud. NON ho ovviamente letto le lettere inedite di Freud, che il prof. Masson ha ricevuto personalmente da Anna Freud, e che egli si accinge a pubblicare. Tuttavia conosco quello che è stato il comportamento di Anna rispetto ai documenti lasciati dal padre. Così in occasione della pubblicazione dell'epistolario Freud-Jung. In esso — non essendo stata esercitata per le lettere dello stesso Jung una censura altrettanto oculata di quella esercitata da Anna per le lettere paterne — è possibile ricostruire gli elementi mancanti di Freud. Si constata così che è stato eliminato da Anna Freud tutto quello che aveva un carattere troppo intimo, o che riguardava terze persone. Penso che anche per le lettere a Fliess, Anna Freud abbia fatto per il passato altrettanto. Freud scriveva a Fliess molto confidenzialmente; gli raccomandava ad esempio di tener nascoste le proprie lettere; perché non le potesse leggere la giovane moglie, la quale avrebbe potuto rimanerne turbata o scandalizzata. Oggi è passato gran tempo. Anna Freud, unica cu¬ stode delle carte riservate paterne, ha ovviamente pensato che si potesse togliere ogni veto. A qualcuno le carte paterne le deve pur lasciare. Ma ormai non vi è veramente più nulla da scoprire, sul piano documentario. Da studiare certo si ci sarà ancora molto; come per ogni grande pensatore. Ma questo è un diverso discorso. Non esiste perciò alcuno scandalo, alcuna abiura, ed alcun Freud diverso da individuare. Quello che è stato pubblicato delle lettere di Freud a Fliess, ciò che risulta dalle opere stesse di Freud degli anni '95-'97 e poi degli anni successivi, e quello che ci ha raccontato Jones, il quale da Freud ebbe tutte le possibili informazioni e potè inoltre leggere tutte le lettere di Freud a Fliess, è più che sufficiente per ricostruire in modo esatto la storia dell'«abbaglio», preso da Freud in quegli anni. Anche se Freud, il quale fu sempre restìo a confessare di esser potuto incorrere in errori nella sua attività scientifica, ha atteso il 1924 (Autobiografia. Voi. X delle opere, nelle edizioni Boringhieri, cap. HI) per dare una spiegazione esauriente del suo errore circa la teoria che ora viene detta della seduzione, e che io meglio chiamerei dottrina del trauma sessuale infantile specifico. Come andarono le cose? Nel 1895, Freud, rinvangando nei propri ricordi della prima infanzia, trovò alcune immagini, che avevano carattere erotico e egli le interpretò come dovute ad atti di seduzione da parte del padre Sembrò pure a lui di aver riprodotto tali atti di seduzione nei confronti delle sorelline. Non solo, ma immaginò che anche fra le sorelline e il padre vi fosse stato qualche cosa. Pensò allora che i disturbi nevrotici, che egli stesso constatava su di sé (fobia per i viaggi e stati di angoscia) e gli elementi isterici presentati da alcune delle sue sorelle, avessero come origine questi remoti atti di seduzione. Tentò di controllare queste corrispondenze con alcuni pazienti dell'uno e dell'altro sesso. E gli parve di trovare una conferma. Di tutto questo informò Fliess (in particolare nella minuta K, Le nevrosi da difesa. Favola di Natale, «Opere», voi. E, pp. 49 e ss.), e in tre articoli («L'eredità e l'etiologia delle nevrosi» ( 1896), «Nuove osservazioni sulle neuropsicosi da difesa» (1896) e «Etiologia dell'isteria» (1896) - Opere, voi. II, pp. 187 e ss., 303 e ss., 329 e ss.) espose questa sua dottrina. Ma nel 1896 Freud aveva iniziato la propria autoanalisi. Accadde allora a Freud di trovare, attraverso questa, da un lato una clamorosa smentita alla dottrina del trauma sessuale infantile, dall'altro una smagliante scoperta: che lo compensava della sconfitta, e che apriva la via a quelle che sarebbero state d'ora in poi le basi della psicanalisi. Questa sconfitta che doveva convertirsi in una vittoria, ha una data precisa: il 21 settembre 1897. Quel giorno, reduce da un viaggio in Italia, Freud scrisse da Vienna una lettera a Fliess che tutti gli studiosi del pensiero di Freud hanno presente. I ricordi dei traumi sessuali subiti nell'infanzia non erano ricordi di fatti reali, ma reminiscenze delle fantasie sessuali dei bambini. In tal modo Freud scoprì insieme la natura del pensiero infantile per quanto riguarda la sessualità, la struttura dell'inconscio in cui quelle fantasie sessuali rimangono sepolte, e la funzione di queste fantasie inconscie per il futuro sviluppo della sessualità. Otto anni impiegò Freud per elaborare una dottrina generale della sessualità, pubblicata nei «Tre saggi sulla teoria sessuale», che è appunto del 1905 (Opere, voi. IV, pp. 451 e ss.). Ma tutto questo ogni studioso di Freud lo sa Parlare quindi ora di scoperte sensazionali, di abiure di Freud, o anche di lettere segrete, non ha proprio alcun senso. Potrei citare numerosi autori che da sempre conoscono questa vicenda e ne hanno scritto. Ma ho il pudore a farlo per rispetto verso questi studiosi. Così citerò soltanto me stesso, e non scomoderò illustri colleghi. In pieno periodo fascista, quando a rigore di Freud sarebbe stato proibito parlare, nelle mie dispense del corso universitario di psicologia a Padova dell'anno 1934-35, nelle edizioni del G.U.F. (ironia della sorte!) 1935, VUI e.f., a pp. 166 e ss., ho narrato tutta questa storia nel capitolo «La sessualità infantile». Nel mio trattato di psicanalisi finito nel 1938 ma (data la situazione politica) pubblicato soltanto dieci anni dopo (Einaudi 1949, poi Boringhieri). voi. I, pp. 63-71, ho in forma più estesa raccontato la medesima vicenda. E recentemente in una trasmissione radiofonica, richiestami dalla Rai, in cui scherzosamente fingevo di avere lo stesso Freud come mio paziente in analisi, ho pure raccontato questi fatti. Il dialogo fu riprodotto nel mio «Il pronipote di Giulio Cesare» (Mondadori, 1979, pagine 70). E lo ripeto, in parte qui, a conclusione di queste precisazioni: Musatti: Nel '94 suo padre aveva quasi ottant'anni. Morì due anni dopo. Proprio quegli anni la sua figura assunse una grande importanza per lei. Freud: Sono stati anni decisivi per la mia vita; elaborai la tecnica per la interpretazione dei sogni e, dopo la morte di mio padre, nel '96 inizia la mia autoanalisi nella quale la sua persona ebbe un grande rilievo. Musatti: All'inizio lei lo considerava responsabile dei tratti nevrotici presenti nelle sue sorelle e in lei stesso. Freud: Certo; mi ero convinto che avesse esercitato un'azione seduttiva in senso erotico sopra i suoi figli. Giacché prendevo per fatti reali quelle che erano state semplici mie fantasie della prima infanzia. E ritenevo che tali atti seduttivi e corruttori da parte del padre fossero generali per tutti quei bambini che poi in età adulta sarebbero divenuti nevrotici. Musatti: Già, fino a quel fatale 21 settembre 1897, quando si accorse del suo formidabile abbaglio. Freud: Fu un duro colpo. Però cominciai allora a comprendere la modalità del funzionamento del pensiero infantile. E poi mi riconciliai anche con la memoria di mio padre. Cesare Musatti Anna Freud Freud in una caricatura di David Levine (CopyrightN.Y. Rcvteaof Boote. Opera Mundi e per l'Italia .La Stampa»)

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