Un antipatico che piace a New York di Ennio Caretto

Un antipatico che piace a New York EDWARD KOCH SARA' RICONFERMATO QUASI SICURAMENTE NELLA CARICA DI PRIMO CITTADINO Un antipatico che piace a New York Di lui si è scrìtto che è un sindaco lunatico come la sua città, «generoso e infido, meschino e commovente» - Si mette in coda per andare al cinema, litiga con i poliziotti per evitare una multa in automobile, segue le mode come il «jogging» - C'è chi condanna e chi esalta la sua attività di amministratore: ha sanato il bilancio municipale, sacrificando però la sicurezza e la pubblica istruzione NEW YORK — Secondo un vecchio detto, ogni quattro anni i newyorkesi eleggono un sindaco solo per poter prendersela con qualcuno. Edward Koch, 105° sindaco di New York, non costituisce una eccezione, ansi è forse il sindaco più «sparlato* della storia metropolitana. Ma i newyorkesi che tanto amano insultarlo, lo hanno nominato una settimana fa candidato sia del partito democratico (a cui è iscritto ufficialmente) sia del partito repubblicano (di cui, per citare un'altra battuta, sarebbe la quinta colonna). Di certo dopo il successo nelle «primarie*, (quasi il 70 per cento dei voti), Koch l'anno venturo sarà rieletto sindaco all'unanimità. Non era mai accaduto, neppure con il leggendario Fiorello La Guardia, 11taliano più popolare d'America. Time ha descritto la con¬ ferma di Koch in termini di identità con New York. «Il sindaco è come la città: lunatico e coerente, coraggioso e cialtrone, generoso e infido, arrogante e cortese, meschino e commovente». Koch, ha scritto la rivista, «è uno di noi, né meglio né peggio: al suo posto non ci comporteremmo altrimenti». Lo ha chiamato «un sindaco per tutte le stagioni». Egli suscita insieme odio e amore, dispresso e ammirasione: i newyorkesi s'identificano in lui con tutte le sue virtù e i suoi difetti. Tale identità Koch la conferma facendo la loro vita: mettendosi in coda sui marciapiedi per andare al cinema, litigando coi polisiotti per evitare una multa in automobile, seguendo le mode come il « jogging* (la corsa per tenersi in forma). Per i suoi nemici, Koch è anzitutto un demagogo. Rimproverandogli uno stile di gestione troppo autoritario, il leader del sindacato municipale Gotbaum afferma che «se fosse nato tedesco, sarebbe stato un altro Hitler» (Koch è ebreo e non gli perdona questo insulto). Uno dei rivali da lui sconfitti, l'ex operaio democratico Barbato, lo definisce «il sindaco ayatollah». Ma c'è chi muove alla sua politica obiezioni anche più gravi. La comunità negra di Harlem lo considera un Tassista e i radicali lo etichettano mil boia* perché favorevole al ripristino della pena di morte. Koch reagisce male a queste critiche. A uno studente che gli chiedeva come potesse pensare di stroncare delle vite, rispose: «Ragazzo, quando prendi la maturità?». Per i suoi partigiani, la statura pubblica del sindaco è invece quella del predestinato alla Casa Bianca. Essi sottolineano che Koch sa mobilitare tanto i suoi collaboratori quanto la popolasione newyorkese. Suo è stato il felice slogan «The big appiè», la grande mela, e suo il merito dei sussidi per le autostrade del presidente Reagan, uomo di solito contrario a qualsiasi forma di assistenzialismo. In Koch gli amici vedono l'alfiere della classe media e quindi il depositario dell'etica puritana del lavoro e dell'integrità familiare (anche se non è sposato) e gli rivendicano una buona dose d'umorismo. Un giorno che un giudice troppo tollerante, dopo essere stato aggredito per strada da un teppista, gli confidò che avrebbe continuato a dimostrare clemensa, Koch esplose: «Prowederò — disse — a che vi capiti una seconda volta». Come politico e amministratore, Koch si colloca probabilmente a metà strada tra la condanna totale e l'agiografia. Egli ha sanato il bilancio di New York, più volte sull'orlo della bancarotta, ma sacrificando l'ordine e la sicurezza, nonché la pubblica istruzione: mai i crimini sono stati cosi numerosi ed efferati, e mai le scuole cosi disastrate. Dai tempi di La Guardia, il sindaco più ammirato da Koch al punto da averne occupato la vecchia scrivania, i servizi igienici e sanitari cittadini non sono sicuramente migliorati. Non riesce inoltre a risolvere il problema dei trasporti, aggravato dagli incredibili episodi di violenza della metropolitana. La domanda retorica che di continuo egli si rivolge di fronte ai suoi concittadini: 'Come me la cavo?; ad una attenta analisi non avrebbe pertanto una facile risposta. Il «New York Times*, che non abbonda negli elogi, gli dà la sufficienza: reputa New York simile all'Italia, cioè ingovernabile, e decreta che un altro sindaco potrebbe essere «un pericolo». Koch dubbi non ne ha: alla propria domanda risponderebbe che se la cava «tremendamente bene... Spiega anche perché. . " devoluto — dice — il 56 pe» cento del bilancio al 26 per cento più bisognoso della popolazione. Ho risanato 30 mila appartamenti. Ho rilanciato l'iniziativa privata creando centomila nuovi posti di lavoro». Koch non ha paura dell'antistatalismo di Reagan: come il presidente, egli crede nel libero mercato. A rnusa della revoca degli aiuti federali, l'anno prossimo potrebbe perdere un sesto delle entrate previste (15 miliardi di dollari in totale, il bilancio di una piccola nazione). Ha già avvertito che vi rimedierebbe con un aumento delle tasse. Koch è giunto alla carica dall'avvocatura prima e dalla politica poi. La sua biografia giovanile ricorda quella del grande commediografo americano Arthur Miller. Come Miller, Koch è nato nel quartiere newyorkese del Bronx da una famiglia di ebrei polacchi. L'eroe della sua infanzia fu Hersh Pinyas, una sorta di Robin Hood della Polonia che rubava ai ricchi per regalare ai poveri («Il contrario — protesta lo sconfitto Barbato — di quello che fa il nostro sindaco»;. // crack finanziario del 1929 mandò in rovina i genitori, e la famiglia dovette trasferirsi nel New Jersey. Il giovane Koch lavorò come usciere di teatro, come commesso viaggiatore, come cameriere. Chiamato alle armi nel pieno della seconda guerra mondiale, combatté sul fronte tedesco conquistandosi due decorazioni. Per fare il soldato. Koch aveva sospeso gli studi di legge. Dopo due anni in Baviera nell'ufficio legale delle forze armate americane, li riprese al rientro a New York. Iscrittosi al partito democratico si aggregò ad Adlui Stevenson, considerato allora l'erede di Roosevelt. Negli Anni Cinquanta divenne una figura nota agli intellettuali del «villaggio* ai margini dell'arte e della politica, «né carne né pesce», ammette egli stesso. L'ingresso di Kennedy alla Casa Bianca nel 'SI, l'entusiasmo per le «nuove frontiere*, lo indussero a cercare la candidatura al Parlamento. Quando il partito gliela rifiutò, scoppiò in lacrime e giurò che non avrebbe mai più tentato. «Sarebbe stata la fortuna di New York», tuona ancora Barbato. I democratici ci ripensarono nel '63e l'anno successivo Koch fece il suo ingresso al Parlamento a Washington. Vi sarebbe rimasto dieci anni. Per tutto quel periodo il futuro sindaco di New York vuotò con l'ala sinistra del partito, a favore dell'amnistia agli obiettori di coscienza, contro la pena di morte, per il disarmo unilaterale dell'America. Quando decise di lasciare Washington, lo portarono al potere nella «grande mela» le stesse forze che sospinsero Carter alla Casa Bianca: la maggioranza silenziosa che si era stancata di Nixon. e soprattutto le minoranze antiche. Lo appoggiarono i negri, sottolineando l'opera talvolta eroica di Koch come avvocato per i diritti civili, le sue puntate nel profondo Sud quando la polizia era ancora osti- le all'integrazione. Il fatto che quest'anno Koch si sia imposto anche ai repubblicani, dà la misura della sua metamorfosi nell'ultimo quinquennio. Carter, che non aveva percepito lo spostamento a destra dell'America, ha pagato le sue idee con la presidenza. Koch rimarrà sindaco, «modificandone lo stretto indispensabile». Egli continua a proclamarsi a sinistra «ma con raziocinio», un politico della via di mezzo, «un liberal con una marcia in meno» (il suo nemico Gotbaum lo corregge: «in retromarcia»I. Un simile fenomeno sarebbe inconcepibile in Italia, dove l'etichetta politica è indelebile: ma in America il travaso agli alti livelli dei partiti non è raro. Alle ultime elesioni presidenziali, uno dei candidati repubblicani più quotati era l'ex-democratico Connally. Un giornalista a New York incontra Koch quasi ogni settimana, o per un convegno, o per una cerimonia, o per una visita. E' un uomo alto (un metro e 851 con una calvizie accentuata, in perpetua lotta con un inisio di pancetta, più giovanile dei suoi 57 anni. Ha la voce in falsetto, tende a stare in maniche di camicia e a dare pacche sulla schiena. Più che del «leader* carismatico, dà l'impressione del politicante. Una volta gli ho chiesto quale sia il segreto del suo successo. «Semplice — ha risposto — sono il migliore». Dietro la sua scrivania c'è un cartello che ricorda una celebre frase di Churchill: «Sia pur male, ma parlate dime». Ennio Caretto Un'insolita immagine di Edward Koch: il sindaco (a sinistra) suona il sassofono accompagnato da Benny Goodman