Atletica super a Roma di Gian Paolo Ormezzano

Atletica super a Roma Finita ieri la Coppa del Mondo: nessun record ma tre giornate di gare esaltanti Atletica super a Roma Un pubblico attento e ben disposto ha assistito (spesso sotto la pioggia) allo show offerto dagli azzurri e c. Pochi fischi, tanti applausi, un esempio (si spera) per il calcio. Pertini in tribuna: «E' uno sport che merita molto per l'impegno che da anni profonde verso i giovani» DAL NOSTRO INVIATO ROMA — La terza Coppa del Mondo di atletica leggera si è conclusa ieri a Róma, dopo tre giorni di gare tecnicamente basse e agonisticamente contorte, visitate da una pioggia che è parsa addirittura lustrale, visto che si è trattato di una sorta di consacrazione dell'atletica leggera presso le nostre coscienze. Già questo sport esisteva, per una sorta di dovere, nei nostri cuori, e per ragioni culturali esisteva nelle nostre eventuali intelligenze; e pertanto esisteva nei corpi degli atleti, e occasionalmente nei nostri corpi quando il cuore batteva più forte per un Berruti o per un Mennea, quando ci si alzava in piedi per una Simeoni. Dopo le tre giornate di Roma, qualcosa dovrebbe essere cambiato, almeno si spera. All'Olimpico ci fu il primo morto ammazzato in uno stadio (Paparelli, il 28 ottobre 1979), al Flaminio il primo ferito di quest'anno (Volpi, calciatore della Reggiana, colpito da un sasso nella partita contro la Lazio). E' insieme lecito e doveroso immaginare che dello spirito di queste tre giornate, specie l'ultima a stadio pieno e folla attenta nonostante la solita grande pioggia, qualcosa si trasferisca a tutto, a tutti, nel mondo dello sport. Ed è possibile pensare che da domenica prossima, quando comincerà il grosso calcio, l'Olimpico e con l'Olimpico altri stadi felicemente contagiatici ospitino gente un pochino migliore, vedano comportamenti un pochino migliori. Alcuni o molti degli spettatori della Coppa del Mondo dovrebbero essere anche gli spettatori del calcio. Ricordiamo che in questo sta¬ dio, ai campionati europei del 1974 e poi anche in altre grandi manifestazioni di atletica, c'era l'abitudine di fischiare chi si opponeva agli italiani. Stavolta, pur con l'Italia impegnata sovente allo spasimo, sono stati di regola applausi, e applausi competenti. Il pubblico è stato addirittura superiore all'evento, e si è letteralmente «accontentato» di gare povere. E ha usato i fischi, giustamente, solo per gli statunitensi che hanno rovinato i 100 con Lewis, disertato il martello con Powell, anzi senza Powell, preso in giro i 3000 siepi con Marsh (un mormone che ha giurato il falso sostenendo di aver aggirato la riviera perché spinto da un tedesco orientale), ridicolizzato la 4x100 schierando Steve Williams che è un ex atleta, al massimo un monumento, ignorato i regolamenti insistendo per far lanciare il peso, e casomai il disco, a Oldfield, vecchio campione scoperto a Roma come turista con la moglie. E il pubblico è stato anche quello che ha «nutrito», con la presenza e addirittura con la partecipazione, la «Maratonina» del mattino per le vie di Roma, quindicimila partenti, la gara vera vinta dall'australiano De Castella per gli uomini e dalla norvegese Waitz per le donne. Uno spettacolo quasi commovente. E ha preso il via, perché si, anche Sebastian Coe, in incognito. Un pubblico da record del mondo. E invece nessun record. Gare tattiche, si dice. Oppure stagione in calando, gente stracca. Ma forse è più giusto dire che i meetings, incentrati su una-due gare sparate al massimo, ci hanno dato primati, ce ne hanno promessi altri: quello di Roma, però, non è stato un meeting, gli atleti hanno corso per una classifica generale più che per il proprio ingaggio. Si sono impegnati con meno spasimo ma con più regolarità: non c'è stata nessuna gara bellissima, ma non c'è stata nessuna gara bruttissima. Ieri l'ultima giornata ha rassodato questa fiducia, questa fede in qualcosa di nuovo, presente Pettini, che ormai è il notaio di una.certa Italia buona, giusta, chi dice superstite chi dice rinata dopo una morte. Una piccola smagliatura i fischi, però leggeri, inferiori come decibel agli applausi, a Coghlan, colpevole di avere battuto Fontanella. Ma insomma Pertini ha potuto dire: .Sono contento di essere qui allo stadio. La nostra atletica merita molto, per l'impegno che va da anni profondendo per i giovani-. Cose ovvie, se si vuole, ma svincolate dal rituale-banale, proprio perché dette da Pertini. Le ultimissime gare (l'alto firmato, al di là dell'esito finale, da Peacock, negro Usa che ha risposto alla Roma fredda di clima tenendo la tuta anche per voli importanti; i 5000 belli di Fontanella terzo; soprattutto quei 400 delle donne, con la cecoslovacca Jarmila Kratochvilova, splendido nome da spia, vittoriosa sulla tedesca orientale Marita Koch che da quattro anni vinceva sempre) hanno fornito anch'esse il senso di un dovere, bene compiuto dagli atleti. Per il record ci vuole anche il piacere, ma il dovere è già dignità. Questa Kratochvilova, arrivata a un centesimo dal primato del mondo della Koch, è una trentenne abbondante, esplosa da poco. Fa l'impiegata, non è sposata, è brutta. Però, è sicuramente donna, brutta ma donna, brutta ma dolce, brutta ma onesta nei suoi sorrisi dimessi, nel suo naso lungo, nel suo corpo legnoso. Brutta, però lontana dagli ormoni e dagli omini. Ha detto che smetterà l'anno prossimo, dopo i campionati europei di Atene. Niente Olimpiade, non si sente di far bene sino al 1984. Ha chiesto comprensione in ceko, l'ha ottenuta da tutti, ad assensi, a sorrìsi, anche dopo due, tre, quattro passaggi di traduzioni. Gian Paolo Ormezzano Lo statunitense Mei Lattany esulta dopo la netta vittoria conseguita nei 200 metri della Coppa del mondo (Telefoto)