Il teorema Betancourt di Alfredo Venturi

Il teorema Betancourt OSSERVATORIO Il teorema Betancourt Quando si parla di Venezuela, non si può fare a meno di sottolineare la singolarità di questo caso politico nel suo contesto continentale. Una democrazia parlamentare circondata da dittature militari, un paese latinoamericano cosi «americano» e cosi poco «latino» da reggersi su un bipartitismo quasi perfetto. Ma si tratta di acquisizioni relativamente recenti: la lunga storia del Venezuela indipendente è stata, fino al 194S e poi ancora nel decennio '47-'58, una storia di «poteri forti», braccio politico di quei terratenientes per i quali l'espressione «riforma agraria» è sinonimo di apocalisse sociale. Se Caracas non è più la sede di un simile modello politico, lo si deve in gran parte a Rómulo Betancourt, lo statista morto l'altro ieri a New York. Una lontana ascendenza francese, una «venezuelanità» orgogliosa e tenace, ma non tale da fargli smarrire il contatto con un mondo in movimento. E ancora: una moderna capacità di mediazione politica, una parabola di pensiero-azione che lo porta dall'intransigente radicalismo giovanile al pragmatico realismo dell'età matura. Il 1945 e il 1958 sono le date-chiave dell'esperienza politica di Betancourt. Nel '45, il colpo di Stato contro l'ultimo dei successori del generale Gomez, il dittatore Angarita. Sale al provvisorio potere insurrezionale un uomo che da posizioni di estrema sinistra è approdato a un cauto riformismo interclassista. Betancourt, appunto, che ha fondato l'Action Democràtica e ora sconvolge i latifondisti parlando di riforma agraria. Non lo lasceranno lavorare a lungo, nel '47 s'inizia con un golpe il decennio di Perez Jimenez. Cosi Betancourt riprende la via dell'esilio. La sua ora suonerà di nuovo nel '58, quando si presenta sulla scena, rovesciando l'ultima dittatura, un'ala progressista delle Forze Armate. Nel '59 si vota, e Rómulo Betancourt, forte di un massiccio voto rurale, ha la meglio sull'ammiraglio Larrazabal, che aveva l'appoggio dei comunisti, ma deve accontentarsi di una platonica maggioranza nell'area metropolitana di Caracas. Questa volta la restaurazione democratica è definitiva. Ma proprio per poterlo essere, richiede nuovi sacrifici all'antica intransigenza di Betancourt. I suoi critici parlano di democrazia politica, nel senso di «soltanto» politica, denunciandone la carenza di reali contenuti sociali. E sono critici che parlano anche con il mitra: gli anni del boom, della «petrodemocrazia» in cui il Venezuela si presenta come il Paese più ricco e socialmente meno squilibrato del subcontinente, sono anche gli anni dela guerriglia castrista. Il sistema regge, e quando nel '64 scade il mandato di Betancourt, si avvia una caratteristica alternanza fra i due partiti maggiori: YAction Democràtica, che è nel filone socialdemocratico dell'Internazionale Socialista, e il Copei, che invece appartiene all'area democristiana. Oggi la stessa sinistra ha deposto le armi, i! partito comunista ha potuto uscire dalla clandestinità, e ci sono ex guerriglieri che siedono in Parlamento. E' la dimostrazione del teorema di Betancourt: in America Latina ci può essere stabilità politica senza bisogno di ricorrere ai generali. Alfredo Venturi Romulo Betancourt: una solida democrazia accerchiata da dittature

Luoghi citati: America, Caracas, New York, Venezuela