Il ministro ci racconta cinque mesi di «guerra» di Mario Pirani

Il ministro ci racconta cinque mesi di «guerra» Bartolomei, il vino, la Francia, PItalia e la Cee Il ministro ci racconta cinque mesi di «guerra» Da cinque mesi la guerra del vino tra Italia e Francia non conosce soste. L'ultimo episodio è avvenuto a Bruxelles dove lunedi scorso il nostro ministro dell'Agricoltura, Giuseppe Bartolomei, ha polemicamente abbandonato la riunione per protesta contro l'atteggiamento francese sulla questione. Gli chiediamo i motivi specifici di un gesto cosi inusitato. •Perché i francesi volevano addirittura mettere all'ordine del giorno la modifica del regolamento comunitario sul vino, mentre seguitano a rifiutarsi di osservare quello vigente. Sia chiaro che fino a quando non ottempereranno alle norme che sanciscono la libertà degli scambi non avranno il nostro assenso ad alcuna modifica». Non le sembra che non si tratti esclusivamente di una vertenza sul vino ma del manifestarsi di una generale tendenza protezionistica che rischia di inquinare tutto il Mercato comune? «Sono, in effetti, molto preoccupato di quello che sta avvenendo. Di fronte alla crisi economica ognuno tende a pensare a sé, con misure nazionali di protezione. Si possono citare le protezioni tedesche sull'acciaio, ma indubbiamente in Francia la tentazione appare più forte che altrove. Lo si è visto nella campagna contro i mobili stranieri, contro la nostra uva da tavola, contro l'olio d'oliva spagnolo». Lei a Bruxelles ha parlato di terrorismo psicologico. A cosa si riferiva? «Alla campagna subdola che viene condotta contro il vino italiano, arrivando perfino a diffondere il sospetto che si tratti di vino algerino. Ora se c e qualche partita di vino italiano che non corrisponde ai requisiti, le autorità fran¬ cesi la contestino apertamente. Noi non copriremo ladronerie o sofisticazioni, ma non siamo disposti a subire un'azione di diffamazione concertata, di accuse generiche, di calunnie che mirano a danneggiare l'immagine del vino italiano nel mondo. Parigi non dovrebbe dimenticare che, almeno in parte, è la produzione francese, a causa della sua debolezza qualitativa, ad aver bisogno, per essere commercializzata, dell'arricchimento dei vini italiani». Le autorità francesi, però, si trincerano dietro al fatto che le partite di vino italiano non sono accompagnate dalla necessaria documentazione doganale. «E' un pretesto escogitato a posteriori per giustificare il blocco del nostro prodotto. Si Mario Pirani (Continua a pagina 2 in quinta colonna)

Persone citate: Bartolomei, Giuseppe Bartolomei

Luoghi citati: Bruxelles, Francia, Italia, Parigi, Pitalia