Così due moderne ville della collina stanno morendo abbandonate da tutti di Gianni Bisio

Così due moderne ville della collina stanno morendo abbandonate da tutti Storia dell'ex Istituto psicopedagogico del Mainerò, un patrimonio di 2 miliardi al vento Così due moderne ville della collina stanno morendo abbandonate da tutti Acquistate nel '71 dalla Provincia e ristrutturate ospitarono fino agli inizi del '79 i bambini handicappati dell'ex Villa Azzurra - L'iniziativa non ebbe successo, i piccoli furono trasferiti all'Ipim - Da quasi tre anni le costruzioni sono lasciate a se stesse, esposte alle intemperie e ai vandali - Fino a quando e perché? Storie di sprechi, ovvero come un patrimonio immobiliare di oltre due miliardi può rimanere inutilizzato da tre anni, esposto all'azione demolitrice delle intemperie e dei vandali. E' la vicenda dell'ex Istituto psicopedagogico della Provincia di strada del Mainero 161, nato nel 1972 come esperimento d'avanguardia per far dimenticare quello che venne chiamato, agli inizi degli Anni Settanta, «lo scandalo di Villa Azzurra», il reparto psichiatrico riservato ai bimbi gravemente handicappati. Ora le «ville del Maine¬ rò», in una delle zone più belle della collina, sono vuote e abbandonate: i bimbi sono ospitati nel «repartino» dell'ex Ipim, in corso Giovanni Lanza e i fabbricati sono in sfacelo. La storia del 'Mainerò» incomincia nel 1971, quando la Provincia decide di acquistare le due ville, rispettivamente per 214 milioni e 165 milioni. Acquista anche 5840 metri quadrati di terreno accanto ai due fabbricati per 19 milioni. Totale 398 milioni. Le due case, originariamente progettate per ospitarvi cinque o sei famiglie, devono essere ristrutturate. I lavori vengono portati a termine quasi a tempo di record: l'opinione pubblica preme, si vuole tranquillizzarla con un istituto-modello. Ma. fin dall'inizio, l'acquisto lascia alcune perplessità, sia per l'ubicazione delle «ville» (decentrate, prive di collegamenti), sia per lo stato in cui si trova una di esse, la più grande, le cui fondamenta poggiano su un terreno molto instabile, rotto da una falda d'acqua che ha già provocato problemi anche per le altre abitazioni vicine. Per la ristrutturazione ed il consolidamento, si spendono quasi 600 milioni e in consiglio provinciale fioccano le polemiche. Dal 10 settembre '72, giorno in cui viene aperto l'Istituto psicopedagogico del Mainerò, agli inizi del '79 (quando si decise la chiusura con il trasferimento degli handicappati al »repartino* Ipim) ospiterà fino a 35 insufficienti mentali gravissimi con costi sempre più alti anche per la necessità di reperire personale specializzato con turni sulle 24 ore. Le polemiche non mancarono: si disse, ad esempio, che si era costruita «una prigione d'oro» e che il trattamento al Mainerò era discriminante rispetto a quel che accadeva nei reparti degli ospedali psichiatrici. L'esperimento non ebbe quell'esito che si sperava: ci furono incidenti, una ragazza annegò in un bagno, un'altra cadde da una finestra. I costi salirono dalle 40 mila lire al giorno «prò capite» del '73 fino a superare le 100-120 mila. E i risultati, nel recupero degli handicappati, furono alquanto modesti. Proteste dei parenti dei ricoverati ci furono fin dall'inizio per l'ubicazione dell'istituto, tanto che, in accordo con il Comune, si decise di istituire una linea di pullman utilizzata ancora oggi dagli altri abitanti della zona collinare. Anche sui servizi psicomedici del Mainerò fioccarono le critiche. I ricoverati si ridussero da 35 a 16, facendo salire ulteriormente i costi. A questo punto, il 17 gennaio '78, la giunta provinciale decise la chiusura graduale delle -ville» ed il trasferimento degli handicappati al 'repartino» Ipim. Il consiglio approvò la delibera non senza criticare la scelta che — disse l'opposi¬ zione — non teneva conto né della destinazione degli edifici del Mainerò, né dei problemi di inserire gli handicappati ultraquattordicenni in una struttura da sempre riservata all'infanzia. Il trasferimento venne completato agli inizi del '79. Da allora nelle due »ville» di strada del Mainerò abita soltanto un custode. Nessuna opera di manutenzione è più stata fatta, la falda d'acqua ha proseguito la sua opera demolitrice, le intemperie la loro e cosi pure i vandali. Unica novità: c'è una causa in corso contro gli originari proprietari proprio per non aver realizzato le fondamenta a regola d'arte. Ma, a regola d'arte, non è stata neppure condotta la gestione, a giudicare dai risultati. Gianni Bisio L'ingresso della villa abbandonata: al posto del giardino ora regnano le erbacce - Sullo sfondo la seconda palazzina, seriamente danneggiata

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