Un computer per Suez canale che fu magico di Francesco Rosso

Un computer per Suez canale che fu magico Si chiude un'altra pagina, quella dei «piloti» Un computer per Suez canale che fu magico IL CAIRO — Il Canale di Suez si modernizza ed entra nell'era dell'elettronica con l'adozione di un sistema di controllo computerizzato, che rimpiazza cosi i «piloti* i quali da oltre cent'anni dirigevano il traffico lungo le 101 miglia del Canale con l'ausilio di undici cabine telefoniche. Il nuovo sistema è costato 17 milioni di dollari ed entrerà in vigore il 1* ottobre. Uno schermo grigio attraversato da una linea azzurrina qua e là deformata da piccole tumefazioni (i Laghi Amari): è il Canale di Suez in versione tecnologica, la via d'acqua più prestigiosa e contesa fra tre continenti (Europa, Asia, Africa) computerizzata come un problema d'aritmetica delle scuole elementari. A Port Said entra una nave, ed i radar la guidano lungo la rotta fino ad Ismailia, ai Laghi Amari, a Suez. Poi si riapre il mistero ampio del Mar Rosso con tutte le sue insidie per le rotte petrolifere attraverso il Corno d'Africa verso il Golfo Persico. Pochi congegni elettronici hanno seppellito un mondo già decrepito, un mondo che, a ripensarlo oggi con la mentalità di Stefan Zweig, forse era più gradevole di quello in cui viviamo. Richiamate alla memoria i romanzi di Emilio Salgari e di Agatha Christie, gli intrighi diplomatici e le guerre coloniali; ritroverete la storia del Canale di Suez sul quale tutto era veramente a misura d'uomo, nel senso che, da quando fu scavato, ciò che contava erano gli occhi, le orecchie, i muscoli degli uomini. Chi lo progettò, Negrelli o Lesseps? La controversia rimane; Lesseps ne ebbe tutta la gloria, ma anche l'ignominia, quando, nel 1956, finita la brevissima guerra tra la coalizione anglo-franco-israeliana contro l'Egitto di Nasser, il suo monumento che salutava i piroscafi diretti al Mar Rosso all'ingresso di Port Said fu ingloriosamente abbattuto dagli egiziani. Fu il momento in cui il Canale di Suez, nazionalizzato da Nasser, perdette ogni interesse strategico, intasato come fu da barconi di cemento. Ma fino a quel momento era stato la regale via d'acqua dell'Impero inglese. Inaugurato nel novembre del 1869 alla presenza di Eugenia de Montijo, imperatrice dei francesi, celebrato due anni dopo dalla rappresentazione deWAida, che Verdi scrisse su commissione, portava nel vasto mondo i funzionari di Sua Maestà Britannica. I treni partivano da Dover con un nome prestigioso, «La Valigia delle Indie», ed arrivavano a Brindisi. Le navi della «Compagnia delle In¬ die» accoglievano a bordo l'alta burocrazia, ufficiali, professori e sacerdoti, che da Brindisi, già un po' di Levante, puntavano su Alessandria d'Egitto dove scaricavano gli addetti all'impero africano, fino al Sudan del generale Gordon, all'Uganda, al Kenya. Altri proseguivano per Port Said, raggiungevano il Mar Rosso, l'Oceano Indiano e sbarcavano a Bombay, la perla dell'impero della Regina Vittoria. Era il momento magico del colonialismo inglese, ed il Canale di Suez era l'arteria attraverso cui filtravano la potenza e la ricchezza anglosassoni. Salgari scriveva La favorita del Mahdi in funzione antinglese nel Sudan, eppoi la serie dei gentiluomini-pirati che combattevano contro i sahib nelle giungle del Malabar e della Malesia. Passavano le affascinanti avventuriere rutilanti di gioielli falsi, gli onesti burocrati inglesi, gli eserciti di predoni in guanti gialli; l'India dei maharaja e delle maharani affascinava tutti, specialmente Kipling, l'aedo dell'imperialismo britannico. Il Canale di Suez convogliava questo mondo composito con la voce di un tecnico che dal palazzo della Compagnia del Canale, una miscela di moschea di Agra e di Victoria Station, comandava il traffico stando in contatto col pilota, il despota della rotta, con un rudimentale telefono. Non c'era pericolo di mine, si potevano ammirare i pescecani del Mar Rosso, si beveva champagne, si ballava al ritmo dei valzer di Strauss. Un mondo crollato come cartapesta nell'estate del 1956 quando Nasser nazionalizzò il Canale, rimasto chiuso al traffico praticamente fino agli accordi di Camp David. Ora funziona senza piloti; un signore anonimo, attraverso radar computerizzati, tiene d'occhio il Canale da Port Said a Suez. Certo è più semplice, sicuro, ma cosi disadorno, opaco. Francesco Rosso