II pane e la parola dell'imam di Alfredo Venturi

II pane e la parola dell'imam PERCHE' AL CAIRO SADAT COLPISCE I SETTARI ESTREMISTI II pane e la parola dell'imam Carovita e rabbia islamica sono da sempre causa di sommosse - Non è facile padroneggiarli in un Paese che cresce di un milione 200 mila abitanti Fanno e quando dai mille minareti può essere proclamata la guerra santa contro i cento grattacieli e tutto ciò che rappresentano DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE IL CAIRO — «Ecco, questa non è più la città dei mille minareti». A indicare il brulicante paesaggio cairota dai bastioni della cittadella di Saladino è un giovane in barba e galabìa, un devotissimo insomma. I mille minareti naturalmente ci sono ancora: ma dall'alto della fortezza saracena bisogna cercarli, distinguere la loro snella spiritualità, compiere uno sforzo di dissociazione. Sui mille minareti incombono infatti i cento grattacieli, tratto dominante ormai di questa sterminata concentrazione umana. Non piace affatto, al giovane Ahmed in galabìa, quest'ultima traccia lasciata dalla storia sul palinsesto egiziano. A parlare in questi termini è stata, un secolo prima dei grattacieli, una gentildonna inglese. Lady Duff Gordon, che era venuta dat queste parti per curare una delicata salute e soddisfare una colta curiosità. L'Egitto, disse costei, è un palinsesto: con la Bibbia scritta sopra Erodoto e il Corano sopra la Bibbia. Una stratificazione molto più. traumatica, questa delle culture, di quella che in migliaia di anni il Nilo ha creato con le sue piene estive nel verde triangolo del Delta. Il Corano scritto sopra la Bibbia ha posto di fronte due religioni: una coesistenza sempre difficile e a volte cruenta. Una coesistenza che ora il regime ha riproposto nelle carceri, colpendo imparziale i «settari» dell'una e dell'altra fede. Quanto ai grattacieli, esprimono la nuova fede nel denaro e i trionfi dell'Occidente: il «negativo» della storia contemporanea per quanti, e non soltanto in Egitto, collocano al centro della vita e della storia i valori della tradizione islamica. Basta guardarsi attorno, lungo il Nilo, per capire come una profonda religiosità sia sempre stata elemento portante della cultura egiziana. Così al tempo dei Faraoni, cosi nei secoli del trionfante cristianesimo copto, così più tardi, con l'irruzione arabo-islamica. Così oggi: illustrando i motivi della grande purga di due settimane fa, quando 1536 egiziani sono finiti in carcere per «sedizione», e fra loro molti notabili delle due religioni, il presidente Sadat non ha forse accusato il laico Heykal, fra le altre cose, di essere solito «rompere pubblicamente il digiuno nel mese di Ramadan»? // Raiss è da sempre noto per la sua devozione. Nel gruppo degli «ufficiali liberi» che ventinola anni fa rovesciarono la monarchia, proprio Sadat era l'uomo che curava i contatti con ì Fratelli musulmani, e personalmente co/i il fondatore e «guida suprema» della confraternita, lo sceicco Hassan al-Banna. La rivoluzione fece conto del favore popolare implicito nell'appoggio dei Fratelli, che negli anni della soggezione anglo-monarchica avevano espresso con la predicazione e il terrorismo una diffusa volontà di riscatto. Ma presto due contrapposte visioni del mondo entravano in conflit- r l o a a a è i a e to: e gli uomini di al-Banna non se la sentirono proprio di dare una mano al regime laico. Loro volevano uno Stato teocratico, con nessun'altra legge al di fuori della sharia coranica. Fu così che Nasser, dopo essere sfuggito a un attentato, istituì un «comitato per la liquidazione del feudalismo». Dietro la mossa di Sadat sta una storia complessa d'intrighi e incompatibilità, e un più recente risveglio dell'identità islamica che deve molto, nonostante il conflitto teologico fra sunniti e sciiti, alle vicende iraniane. Il minareto stava riguadagnando terreno sul grattacielo: e due fenomeni paralleli venivano a turbare in prospettiva la stabilità del regime. Da una parte l'aumentata tensione fra gli estremisti musulmani e la minoranza copta, culminata nei sanguinosi scontri del giugno. Dall'altra la saldatura oggettiva fra l'opposizione religiosa e le varie opposizioni politiche: nazionalisti del vecchio Wafd, marxisti e altri laici progressisti, nasseriani filolibici. Ma perché proprio oggi? Perché Sadat ha sferrato i suoi colpi di scure contro i «settari» delle due religioni a tre mesi dagli scontri che ne sono la motivazione formale? La risposta ufficiale è che tanto è durata l'inchiesta. Ma bisogna anche considerare, si dice negli ambienti diplomatici del Cairo, alcune coincidenze. Proprio ieri, 23 settembre, si sono riunite all'ombra delle piramidi le delegazioni d'Egitto, Israele e Stati Uniti per riprendere la trattativa sull'autonomia palestinese. Poteva forse permettersi il governo egiziano il rischio di manifestazioni di piazza, o peggio, in una simile occasione? C'è chi sostiene die gli stessi servizi segreti israeliani, nei giorni del vertice di agosto ad Alessandria, abbiano discretamente informato i colleghi egiziani del fatto che qualcosa si andava preparando. Ma c'è una coincidenza di ordine più generale. A tre anni dalla pace di Camp David, il processo negoziale sta attraiwrsando una fase di particolare delicatezza. Per il prossiìno mese di aprile è prevista la restituzione all'Egitto dell'ultima fascia del Sinai ancora occupata dalle forze israeliane. E dopo che cosa accadrà? Proprio qui viene fuori quell'elemento che fornisce una convergenza politica immediata a forze così disparate come quelle che la recente operazione di polizia ha messo sotto chiave. Il comune denominatore per uomini come lo sceicco Abdel Hamid Kishk, il celebre predicatore cieco, o il giornalista nasseriano Hassanein Heykal, o l'ex viceprimoministro Abdel Salam Zayyat, accusato di capeggiare il complotto «sovietico», o il nazionalista Fuad Seragheddin, esponente del partito Wafd e del vecchio regime, è appunto l'opposizione alla pace separata, e in particolare al capitolo palestinese di Camp David. Quando fra pochi mesi il Sinai sarà stato completamente liberato, Sadat avrà esaurito la parte «positiva» della sua iniziativa di pace, consistente appunto nel recupero delle terre egiziane occupate, e si troverà di fronte quella parte che ancora appare «negativa»: il destino dei palestinesi. E' questo il forco mel'Eè dPrverti, neNdi vanene biaCipDIIA«EPDIFdPDIFdEDITd formidabile problema politico che ha determinato l'isolamento nel mondo arabo dell'Egitto, che del mondo arabo è da sempre il cuore e la testa. Problema che per motivi diversi, ma alla fine coincidenti, turba insieme l'opposizione religiosa e la politica. Non sorprende poi tanto, al di là delle motivazioni e delle valutazioni, che nell'imminenza di una difficile stagione diplomatica il regime abbia fatto pulizia in casa. Né che nel gioco delle molte coincidenze ce ne sia da registrare una connessa con gli equilibri regionali: la denuncia del complotto sovietico, l'espulsione dell'ambasciatore e dei tecnici russi proprio all'indomani delle voci provenienti da Tripoli, su una possibile alleanza formale libico-sovietica. «Il futuro è nella mente del Raiss»; cosi si risponde al Cairo a chi interroga sulle prospettive. In un Paese che cresce di un milione e duecentomila abitanti all'anno, il futuro è anche legato alla soluzione di un problema elementare di sopravvivenza. «Ciò che conta per un egiziano medio è il prezzo del cibo e la parola dell'imam»; cosi dice chi conosce questo Paese. Il prezzo del cibo, che in passato provocò gravi manifestazioni di piazza. La parola dell'imam, capace di risvegliare la religiosità storica degli egiziani, di lanciarli contro le chiese copte o contro i luoghi di piacere. Il motivo per cui gli imam sono finiti in carcere, e le moschee sono state nazionalizzate, e i sermoni dei predicatori dovranno basarsi su una falsariga ufficiale, è proprio questo: il rischio «iraniano» che la rabbia islamica alimentata dai fratelli arabi in collera con il Raiss. cercando di salvare dalla perdizione laica la città dei mille minareti, muova contro i cento grattacieli, e tutto ciò che essi rappresentano. Alfredo Venturi 11 Cairo. Contrasto fra i costumi tradizionali e i palazzi di una piazza nei quartieri moderni