I topi domestici di Roma di Lietta Tornabuoni

I topi domestici di Roma r. Persone di Lietta Tornabuoni I topi domestici di Roma Racconta una signora: « Vado al gabinetto, faccio per chiudere la finestra, e lo vedo là che mi guarda fisso con quegli occhietti lustri: grosso che pareva un gatto, una porchetta. Un altro po' mi prende un infarto, non parlavo più. Alla fine acchiappo la scopa: quello comincia a svolazzare da tutte le parti che pareva un uccello e poi, svelto che pareva un serpente, si rinfila dentro la tazza e sparisce». Immagine ormai consueta del paesaggio urbano, nella capitale e altrove, il topo di fogna diventa adesso immagine domestica nelle vecchie case popolari romane di Prima v a 11 e : «Cammini per strada e li vedi dappertutto. Tranquilli, come padroni. Ci stanno pure molte vipere e viperette». Ma in casa è diverso. Dal terreno smosso dai cantieri, dal sottosuolo inquieto, i topi risalgono attraverso i pozzetti di scarico e i tubi, s'affacciano ai water closets, scivolano fuori, si muovono per le stanze. Con avversari simili i gatti neppure ci provano: scappano. I topi non hanno paura: «Noi invece stiamo col terrore». Giorno e notte, non basta tener chiuse le tavolette di plastica leggera del gabinetto («con una musata quello l'apre»): sul coperchio vengono accatastati vasi da fiori con tutta la terra, oppure tre mattoni. Prima di usare il gabinetto, ogni volta si getta nello scarico l'acido muriatico («per avvelenare il topo») oppure vetri spezzettati («così se ne scappa ferito»). Nonostante tutto «a/ gabinetto ci andiamo con paura, t'aspetti sempre il mozzico nel sedere». Specialmente spaventevole, raccontano, è l'imperturbabilità del topo-gatto-porchettaserpente-padrone: «Anche se gridi, non si sposta. Mette la testa un po' di sbieco e ti guarda come per dire: ma che, sei scemo?». Telecomando. «Questo programma è conirò l'uomo», i stato il primo giudizio (di Elio Sparano, che involontariamente vi figura, insieme con il vicesegretario socialista Martelli, in atto di ricevere manciate di marmellata spiaccicate sulla faccia). Altri giudizi: qualunquismo, volgarità, lesi media, stravaganza, questo vostro televisore trasmette soltanto cretinate, il telecomando è impopolare perché ce lo hanno soltanto i ricebi, è tutto un pasticcio demente: «I dirigenti della terza rete Tv milanese si sono trovati davanti un oggetto misterioso, inconcepibile, e l'hanno accolto col massimo sgomento», dicono i giovani colpevoli Alberto Farassino, Mimmo Lombardozzi, Tatti Sanguinea. Chiamati a fornire una consulenza, l'hanno data in forma di programma paradossal-sperìmentale: settanta minuti montati in elettronica, diciotto ore di teletrasmissioni private selezionate, sette-otto milioni di costo tecnico e undici milioni di compenso agli autori. Tutto per raccontare quale uso faccia del telecomando, durante una serata, una famiglia brianzola da commediaccia italiana: padre orco, mamma lagnosa, nonna mugugnante attraverso la dentiera rotta, figlio piccolo mazingomane, figlio adolescente deviarne e punk, cane feroce che azzanna il televisore. Sgangheratamente commentate dalla famiglia teledipendente, le immagini sussultorie e frammentate evocate dal nervoso gioco delle tre carte serale del telecomando compongono uno stupidario ben noto: «Astrologhi, lezioni del pranoterapeuta, quiz, aste di quadri, maestre che insegnano a fare la maglia con la macchina Toyota, porno, cantanti dialettali, vecchi film, documentari sull'implantologia, televendita di tappeti. In più cinque telegiornali, parodia di quelli mandati in onda dalla Rai-tv durante il terremoto». Risultato: «Il solo speaker che abbia accettato di prestarsi per il commento è il dottor Carlo Colombo, ex dell'Eiar alla vigilia della pensione, che non appare sul video da vent'anni. I tecnici del centro di produzione Raitv di Milano hanno riso moltissimo. I dirigenti per niente: e infatti rifiutano di mandarlo in onda, questo programma». Perché Che sollievo, intervistare un regista americano di vecchio stile come Sidney met: domande, risposte. Lu battute, il meccanismo rodato funziona senza incepparsi. Vita privata («Mai stato innamorato di un'attrice? Mai. E' una fortuna? E' buon senso»); interpreti («Henry Fonda è un sogno, Faye Dunaway è totalmente insicura, Dick Burton s'è bruciato da sé, Audrey Hepburn è un calmo gioioso transatlantico»); lavoro e politica («L'arte non viene presa sul serio, e del resto neppure la realtà viene presa sul serio: come Segreta rio alla Difesa abbiamo il pazzo Weinberger, uno che parla di "guerra nucleare limitata" come se queste parole avessero un senso»). Dice: «I film di denuncia che ho sempre fatto servono a niente, a meno di niente». Al lora, perché li fa? Sorpreso, si mette a ridere: «Perché bi sogna farli. Non ci si batte aspettandosi d'avere un rico noscimento o una vittoria, ma perché è giusto»

Luoghi citati: Milano, Roma