Difesa: «Anche Ambrosio fu la vittima dei maneggi d'un impiegato infedele » di Clemente Granata
Difesa: «Anche Ambrosio fu la vittima dei maneggi d'un impiegato infedele » Lugano: la parola agli avvocati del «playboy» miliardario napoletano Difesa: «Anche Ambrosio fu la vittima dei maneggi d'un impiegato infedele » DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE LUGANO — Ci sono degli aspetti sui quali nessuno si è soffermato con la necessaria attenzione nella complessa storia finanziaria che ha portato, nel 1973-74, all'ammanco di 120 milioni di franchi patito dal Banco di Roma per la Svizzera e nella vicenda che segui la scoperta dell'ammanco, secondo il difensore di Franco Ambrosio, Marco Borghi, che ha parlato ieri davanti alle assise criminali. Aspetti che, se non sono tali da rendere legittimi i dubbi di collusione degli alti dirigenti della banca, possono tuttavia permettere di presentare il comportamento dell'imputato sotto una luce diversa e portare alla conclusione che egli non truffò, cosi come invece vuole il procuratore pubblico svizzero. Il primo aspetto è l'evidente imprudenza di un istituto bancario che, privo oltretutto dell'ispettorato di controllo imposto dalla legge, non svolge i necessari controlli sui saldi trimestrali dei conti dei clienti e non si rende conto che essi sono passivi. «Grave negligenza — ha commentato Borghi — e deve essere chiaro che il codice non ammette tutela penale per il negligentei>. Il secondo aspetto riguarda la transazione intervenuta nel giugno 1975, tra la banca (la quale ora chiede un risarcimento di 50 miliardi di lire) e Ambrosio, a circa un anno dalla scoperta dell'ammanco. In seguito alla transazione Ambrosio consegnò alla Svirobank 5 milioni di dollari, ma l'istituto di credito a sua volta restituì all'attuale imputato tutte le azioni delle società che facevano capo a lui per un valore che si aggirava attorno ai 30 milioni di franchi. •Ambrosio dunque — ha rilevato Borghi — restituì una parte notevole dello scoperto ed ebbe indietro dalla banca un rilevante pacchetto azionario. Sono questi i comportamenti normali di un truffatore e della vittima di una truffa?*. Il fatto è, secondo la difesa, che l'imputato beneficiò si dei prestiti dell'istituto di credito, ma non fece alcun artifizio, non ingannò né la banca con gli alti dirigenti della quale del resto durante il periodo incriminato non ebbe rapporti, né il vicedirettore Tronconi cui si appoggiò per avere i finanziamenti necessari. C'è l'ammanco, ma l'ammanco non è il risultato di una frode. Borghi ha ricordato che il primo ad escludere l'inganno o meglio a non parlare mai d'inganno subito per opera dell'Ambrosio, fu proprio Tronconi. In un memoriale redatto per conto della banca egli si assunse «ta piena responsabilità dell'accaduto» in una lettera scritta poche ore prima del suicidio, affermò di aver deciso di speculare sull'oro con Ambrosio perché doveva coprire una serie di ammanchi in banca. 'L'imputato — ha detto Borghi — non c'entrava con quelle perdite. Esse erano il frutto di precedenti malversazioni del Tron- coni che per riparare i guai commessi ed evitare una strada che avrebbe portato alle assise criminali decise di affrontare assieme ad Ambrosio il rischio della speculazione, la qual cosa però di per sé non èreato». Sicché la difesa ha voluto gettare sul tavolo della giuria la carta che a suo avviso può fornire da un lato la spiegazione del comportamento di Tronconi all'interno dell'istituto bancario (falsificazioni, ripartizioni di passivi sul conto di clienti inconsapevoli eccetera), un comportamento altrimenti «incomprensibile», dall'altro lato la prova della mancanza di dolo da parte di Ambrosio. « Tronconi — ha affermato Borghi — è il dirigente infedele, frustrato, desideroso di rifarsi, spinto a coprire buchi, è il dirigente che non ha di certo bisogno di essere ingannato per elargire somme. Ambrosio si presentò a Tronconi a viso aperto, senza millantare nulla, senza abbagliare il direttore della Svirobank. Cercò soldi e li ottenne. Quando Tronconi gli chiedeva di "rientrare", "rientrava". Era in buona fede, inconsapevole delle manovre di Tronconi: quindi deve essere assolto». Nel pomeriggio ha parlato il secondo difensore Gabriello Patocchi, il quale ha chiesto la sospensione del processo in attesa che sia definita la posizione di Ambrosio davanti all'autorità giudiziaria italiana. La sentenza sarà pronunciata lunedi o martedì prossimi. Clemente Granata
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