«Lo hanno chiamato boia ma i veri boia sono loro» di Susanna Marzolla

«Lo hanno chiamato boia ma i veri boia sono loro» I commenti a San Vittore, tra i colleghi dell'ucciso «Lo hanno chiamato boia ma i veri boia sono loro» MILANO — -La situazione nel carcere è sotto controllo. Gli agenti stanno reagendo con notevole compostezza e forza d'animo anche se l'emozione è grande», cosi, al telefono, uno dei vicedirettori di San Vittore. Fuori, questa emozione è palpabile: le guardie parlano, si sfogano, raccontano del loro collega e della vita che fanno. Da un lato c'è l'ufficialità delle dichiarazioni della direzione, che tende a smussare per quanto possibile la tensione. Dall'altro c'è 10 sfogo, la battuta non meditata, specchio però di uno stato d'animo che si è andato formando in anni di lavoro rischioso ed ingrato. « Vediamo se quelli del ministero hanno il coraggio di farsi vedere ai funerali, sapremo noi come accoglierli», dicono in diversi; 11 risentimento infatti è soprattutto nei confronti dello Stato che non aiuta, non protegge, anche nel caso di Francesco Rucci: «Lo sapevano che l'avrebbero ammazzato, che aveva ricevuto delle minacce. Perché non l'hanno trasferito? L'hanno mandato via solo per un periodo, ma a Bergamo, cinquanta chilometri da qui-. •Loro promettono ai detenuti delle cose che poi non mantengono e quelli se la prendono con noi*. Dietro a quel «loro» c'è il potere: il ministero, i «politici», la direzione carceraria. Sono «loro» che dovrebbero •mettersi una divisa e venire qui a vedere come si sta da soli con ottanta detenuti» ; sono ./oro. che 'Scrivono dietro alle scrivanie e non sanno cosa siano gli sputi addosso e le minacce continue». Dall'altra parte ci sono i terroristi, i «brigatisti» come genericamente li chiamano, identificati allo stesso modo in chi minaccia dentro al carcere e in chi, fuori, spara. E c'è in queste guardie la sensazione di essere semplici pedine di un gioco più grande: 'Per distruggere il sistema — diceva uno — sparano contro le guardie carcera¬ rie, ma noi cosa contiamo?». Questo «senso di abbandono» da parte dello Stato lo rilevano anche dai problemi sempre posti e mai risolti: i turni massacranti, i riposi che tardano mesi, la mancanza dei più elementari sistemi di sicurezza: 'Nelle torrette c'è la polizia con le radio ricetrasmittenti. Per noi dentro i raggi non c'è nulla con cui comunicare con l'esterno e sapere come stiamo è possibile dopo otto ore, al cambio della guardia». Solo quando si parla del collega ucciso il tono si fa più pacato, la rabbia rimane sullo sfondo. 'Era una brava persona, cortese e corretta con tutti» ; 'L'altra sera ho fatto il turno con lui — racconta una guardia —, mi ha parlato della sua vita, di sua moglie. Con lui si lavorava bene. L'hanno chiamato boia, ma i boia sono loro, che sparano alle spalle». La cronaca «ufficiale» di ieri registra solo una breve visita del segretario della Cgil, Lama, che si è incontrato con il personale civile e una delegazione di guardie. Tema di fondo la mancata riforma carceraria e le rivendicazioni che, civili e guardie, sono decisi a portare avanti. Anche i detenuti hanno fatto sentire la loro voce con un comunicato di «Radio due-tre», cioè dei reclusi «politicizzati» rinchiusi nel secondo raggio che conducono le rivendicazioni per migliorare le condizioni di vita nel carcere. Nel testo, intitolato 'Nessun partito può appropriarsi della nostra lotta», si dice che 'l'uccisione del brigadiere Rucci ad opera di ignoti non fa parte del nostro modo di condurre le lotte. Lo abbiamo dimostrato e lo dimostreremo nella pratica». Nel comunicato precisano che Rucci «nel secondo raggio, da quando ci siamo noi, non ha mai prestato servizio» e aggiungono: «Le lotte sono state portate avanti per sette mesi sema mai un episodio violento». Susanna Marzolla

Persone citate: Lama, Rucci

Luoghi citati: Bergamo, Milano