Monolocale antiatomico vendesi di Stefano Reggiani

Monolocale antiatomico vendesi RICHIESTA IN AUMENTO DOPO L'ANNUNCIO DELLA BOMBA N Monolocale antiatomico vendesi Costa da venti a quaranta milioni, con tecnologia garantita dal governo svizzero - Gli italiani preferiscono il più grande (ventidue metri quadrati), vogliono star comodi - Anche se, secondo gli esperti, il soggiorno durerà un paio di settimane - Intanto il bunker, con porta corazzata, può servire da cassaforte DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE BRESCIA — Tranquilla conversazione tra uomini d'affari sull'apocalisse e sui modi tecnici per salvare la pelle. «Dopo rimarrà qualcosa, per forza». C'è un quadro con otto funghi atomici alle spalle dell'ingegner Francesco Avama, amministratore delegato della Securitalia: otto esplosioni colorate in toni leggeri, dall'ocra al rosa. Forse è l'unico imprenditore che tiene la bomba bene in vista in ufficio, vende rifugi antiatomici. Dal gennaio all'estate gli affari sono andati cosi così, nonostante una forte campagna di stampa; adesso c'è molta richiesta, dopo l'annuncio della bomba N. Dopo gli scontri nel Mediterraneo. Splende un pacifico sole di settembre sull'operosa Brescia, provincia dell'edilizia e delle armi, del tondino e delle pistole, in corso Matteotti 21 i muratori hanno alzato l'impalcatura per rifare la facciata, l'ufficio della Securitalia, prima ditta antiatomica (ce ne sono in Italia altre due, ItalbunkereScavedil), profuma di bosso e di vecchio giardino, una signora molto graziosa, Letizia Sorlini, cura la parte commerciale, riceve ì clienti, è pronta alle prime domande (quanto costa, quanto è grande, che garanzie ci sono). Dalla Svizzera sono arrivati, proprio oggi, gli amministratori e i tecnici della Sic (Sicurezza.civile), la ditta che fornisce le attrezzature antiatomiche alla consorella italiana. Si sono fondati apposta, per vendere i rifugi all'Italia: da loro, nel Canton Ticino, il problema è di competenza dello Stato, che fornisce i materiali e detta le norme di costruzione. Sotto il quadro delle otto bombe atomiche siedono con l'ingegner Avanza il dottor Dario Biagini, amministratore della Sic, i tecnici svizzeri guidati dal signor Giudice, la bella signora Sorlini coi suoi collaboratori italiani. E' una riunione al vertice, si parlerà di rifugi, ma anche di strategia, di filosofia civica, del confronto tra Svizzera e Italia. La dispensa Come incominciano i clienti? •Espongono il loro caso. Sto costruendo una villa e vorrei il rifugio antiatomico. Oppure: ho una vecchia casa e vorrei sistemare in cantina un piccolo rifugio. Oppure: ho un giardino e vorrei interrarvi un bunker». Di solito sono professionisti, commercianti, dirigenti, anche se i costi non sembrano elevati: due milioni e mezzo per persona, calcolando un metro quadrato ciascuno. Il rifugio più piccolo, una stanza di otto metri con l'aggiunta di un gabinetto e di un locale di due metri per la decontaminazione costa circa venti milioni ed è considerato capace di ospitare sette persone in letti a castello. «Ma gli italiani chiedono in genere il rifugio da ventidue metri quadrati, vale per quindici persone, pensano che una famiglia ci starà con qualche larghezza». Più in grande i costi, tutto compreso, vanno da trenta a quaranta milioni. Osservano gli esperti svizzeri: «Oli italiani amano la comodità anche nei rifugi». Si preoccupa l'ingegner Avama: «Chi vuole un rifugio non è un ricco in vena di bizzarrie. Magari una volta. Adesso si tratta soltanto di gente che ha viaggiato, che ha visto che cosa si fa all'estero». La ditta svizzera, attraverso la consorella italiana, fornisce soltanto lo schema di costruzione e le attrezzature (gabbie portanti, filtri). Poi bisogna trovare un'impresa per gli scavi e la colata di cemento. Ma voi controllate? «Mandiamo un ingegnere, perché la quantità di calcestruzzo sia quella giusta e a n e i e , , : e i a I 5 i l perché la chiusura risulti ermetica». Il bunker ha uno spessore che varia secondo la profondità dell'interramento, da trenta a settanta centimetri. Si entra attraverso un portellone pesantissimo con chiusura a combinazione. «Cosi si può usare il rifugio in tempo di pace come cassaforte». In Svizzera sono più pratici: «I rifugi sono adoperati spesso come cantine, al primo allarme bisogna sgomberarli dagli oggetti, al terzo essere tutti dentro». TVoti c'è nessun contatto con l'esterno? «Solo un buco esilissimo perché passi l'antenna della radiolina, per avere le notizie dal mondo e le eventuali istruzioni. L'importante è che non penetri neppure un briciolo di polvere». Due cunicoli di emergenza conducono all'esterno, uno parte dalla stanza principale, l'altro dal locale di decontaminazione C«Se uno vuole uscire in avanscoperta con la tuta protettiva e la maschera, che forniamo come corredo»), /cunicoli hanno l'uscita «oltre il limite di caduta delle macerie della casa soprastante». E per respirare? «C'è una pompa collegata col filtro dell'aria; la pompa è a mano, non bisogna far conto su nessuna forma di energia». E il gabinetto? «Non ha fogna, né reagente chimico. Solo un contenitore ermetico a perdere». Quanto ai cibi provvederà l'utente. Si consigliano alimenti energetici di poco ingombro: cioccolata, zucchero, gallette e acqua naturalmente. Si prevede una sosta di quindici giorni. E dopo, ingegner Avama? Come diceva quel titolo di Herman Cahn? Pensando all'impensabile. «Dopo, si tratterà di uscire e di raggiungere, adeguatamente protetti dalle tute e dalle maschere, una zona non contaminata. Ce ne sarà qualcuna. Il problema del dopo-rifugio riguarda il reinserimento sociale dei sopravvissuti». E' possibile che non trovino più né la loro casa, né la loro città. «Ma intanto sono vivi, sono sopravvissuti. E' questo che conta, no?». Il bunker italo-svizzero protegge i suoi occupanti se sufficientemente lontano dal punto dell'esplosione. «Per una bomba tipo Hiroshima, bastano trecento metri. Per una bomba più grande tre chilometri». / tecnici svizzeri sono abbastama sollevati dall'apparire della bomba N: «La difesa risulta più facile. La bomba N ha ridotta capacità distruttiva, uccide con le radiazioni, è fatta per penetrare nei carri armati, ma basta il cemento a tener fuori il pericolo». Ma voi, ingegner Avama, dottor Biagini, signora Sorlini e tecnici svizzeri, che cosa vi proponete? «Non solo di vendere rifugi, ma di aprire la strada ai politici. Questo non è un problema che possono risolvere i privati, si tratta di costruire un nuovo modello di protezione civile, se mai in Italia ce n'è stato uno». Edificante il confronto con la Svizzera: «Noi svizzeri pensiamo alla difesa da secoli. La nostra indipendenza è durata anche perché eravamo forti in difesa. Adesso tutte le collettività hanno il loro rifugio atomico, come quello del nuovo ospedale di Lugano. E sotto il Gottardo c'è un enorme reticolo di gallerie, utili rifugi per le nostre forze armate». smgfsciTsbgrvL'invasione Sul quotidiano 'Il dovere* di Lugano è stato spiegato bene che la superiorità dell'Urss sugli Usa è dovuta soltanto ai rifugi. «Chi ha più rifugi è più forte, è un semplice concetto strategico». Altro concetto strategico: «La guerra oggi si vince nelle retrovie». Infatti il problema è: •Quanti saranno i sopravvissuti in grado di organizzare una resistenza all'invasione presumibile dei nemici?». Ma non era il reinserimento sociale dei sopravvissuti? Forse, tutte e due le cose. Secondo i tecnici italiani e svizzeri c'è una filosofia nel nostro Paese: «In Italia il discorso sui rifugi è stato fino a ieri tabù, perché si pensava che non parlando della difesa antiatomica la questione non esistesse. E' un Paese che esorcizza le paure na- scondendole». E' probabile, ma qual è il modo giusto di guardarle? Naturale: «Come facciamo noi, come si fa all'estero. Abbiamo capito tutti che la guerra è possibile, che i più esposti sono i civili. Tante volte basta poco per salvarsi, il bunker non l'abbiamo inventato noi, c'è la garanzia del governo svizzero. Vogliamo fidarci del governo svizzero?». Mao insegna Nella propaganda si cerca di favorire le imprese, le cosiddette case a schiera sono le più facili per inserirci i rifugi durante la costruzione, è più delicata la situazione dei condomini, non si sa mai chi comanda, chi tiene le chiavi. Quanti sono i rifugi in Italia? «Una cinquantina dei nostri, pronti o in fase di realizzazione. Altri cinquanta, forse meno, delle altre due imprese specializzate. Neppure cento rifugi in tutto, ma la situazione sta cambiando. L'altro giorno al festival bresciano dell'Unità, i comunisti ne hanno parlato con chiarezza. La gente chiedeva: quanti di noi sono in pericolo? Facciamo i conti, pensiamo alla guerra». Ecco, voi ci pensate? «Per forza, è il nostro mestiere. Prevedere è anche vincere. Aveva ragione Mao, lui ha creato enormi rifugi sotto Pechino pensando che la gente dopo sarebbe saltata fuori a salvare il Paese». Ma non s'era detto che i sopravvissuti devono fuggire? E il «dopo» quanto tempo è? I tecnici italiani e svizzeri sono sostanzialmente d'accordo: «Una guerra atomica non può durare più di quarantotto ore, aggiungiamo quindici giorni in rifugio, aggiungiamo un periodo perché si crei un po' di organizzazione magari ascoltando le radio estere». Avete qualche previsione per l'Italia? «Chissà, uno sfondamento rapido del fronte, la linea del Piave come nella grande* guerra, per resistere almeno un giorno finché arrivano gli altri». Gli altri chi? «Mah, diciamo gli americani, la Nato. E' il momento di stare chiusi nei rifugi». Una radiolina, una lampada a pila, l'aria pompata a mano, quindici giorni. •Qualcosa fuori resterà, una zona non inquinata nella quale scappare. Magari attraversare il confine, entrare in Svizzera chi può, chi ha messo al sicuro qualche soldo». Sarà una passeggiata. Nella pratica d'ufficio dell'apocalisse sopravvivono per forza anche i vecchi peccati e le estreme sperarne, gli affari. Diceva Erich Fromm: «Cercherò di dimostrare che la pace è ancora possibile e che la tradizione umanistica ha ancora un futuro nel mondo». Stefano Reggiani

Persone citate: Biagini, Dario Biagini, Erich Fromm, Giudice, Herman Cahn, Letizia Sorlini, Mao, Sorlini