Anno d'argento, addio

Anno d'argento, addio Nel tratto terminale non c'è traccia d'ossigeno Anno d'argento, addio A Pisa l'inquinamento del fiume ha ormai raggiunto limiti intollerabili - Nei giorni scorsi si è registrata una ecatombe di pesci PISA — Sono ormai tanti anni che l'Arno non è più «d'argento» come diceva una canzone, ma in questi ultimi tempi è diventato un fiume morto: nel suo tratto terminale non c'è traccia di ossigeno nelle sue acque e quindi manca ogni forma di vita. Non solo: ma i liquami di ogni genere che ancora vi affluiscono, affluenti nascosti ma non troppo, lo hanno trasformato in una cloaca a cielo aperto; il fetore nelle giornate di sole è insopportabile ed i lungarni di Pisa, un tempo salotto tanto caro ai poeti, Leopardi in testa, sono diventati un luogo da evitare. Responsabili della morte del fiume sono gli scarichi industriali ed urbani che, fino a qualche anno fa spudoratamente e adesso con filtri in genere inadeguati, vengono introdotti lungo il suo corso e che contengono sostanze altamente tossiche come sale di cromo, tannino e residui organici. A Pisa la maggior parte della colpa dello stato di degradazione del fiume viene data agli scarichi provenienti dalla zona del cuoio (S. Croce sull'Arno, Ponte a Egola e terreni limitrofi) anche se il tratto urbano del fiume finisce col fare da collettore dei rifiuti che provengono da tutto il corso. Che comunque la maggiore responsabilità sia delle industrie è indubitabile. Una prova clamorosa si è avuta pochi giorni fa proprio in coincidenza con la riapertura delle fabbriche dopo le ferie estive. Com'è noto, ci sono alcuni pesci di mare che vanno a deporre le uova nei fiumi: entrano dalla foce e risalgono la corrente fino a trovare il luogo idoneo. Ebbene, la tregua concessa all'Arno dall'inquinamento a causa delle industrie chiuse aveva favorito un notevole ingresso di muggini (del tipo mugli cephalus», «mugil chelo» e «mugil auratus») nel fiume e molti di questi pesci lo avevano risalito per parecchi chilometri. Purtroppo nessuno di loro ha avuto scampo. Nei primi giorni di settembre ne sono morti a migliaia, asfissiati dai veleni reintrodotti in acqua e aumentati da quelli dei fossi fino allora trattenuti fuori dal fiume a causa della siccità e portati in Arno da un violento nubifragio. I poveri muggini sono venuti a morire proprio a Pisa in mezzo al tratto urbano: affioravano in superficie alla ricerca d'ossigeno e poi finivano lungo le rive morti. La corrente li ha portati fino al mare e le onde li hanno sospinti sulle spiagge di Marina e Tirnenia dove sono marciti prima che gli operai del Comune li portassero via. E' stata una moria impressionante, la più vasta che si ricordi: il loro fetore si è unito a quello del fiume, dolciastro e nauseabondo, e la corrente che li trascinava lentissimamente al mare ha dato ai pisani alcuni giorni di «spettacolo» veramente allucinante. A Pisa si sperava di vedere da quest'anno i primi risultati degli effetti della legge Merli, che impone depuratori e filtri ad ogni industria in modo da scaricare acque pressoché pulite, ma finora questi risultati non si sono visti ed anzi si teme che non si possano vedere neppure l'anno prossimo. Com'è noto, la legge Merli prevedeva due scadenze: la prima il 1° settembre scorso, la seconda il 31 dicembre prossimo entro le quali le industrie avrebbero dovuto ottemperare a quanto disposto; ma un decreto legge del 28 agosto dà facoltà alle Regioni di allungare di un anno tali termini. Questa nuova licenza di inquinare è fieramente avversata dai movimenti naturalistici, dai comitati antinquinamento e, a parole, da tutti i partiti politici; la Regione invece non si è ancora pronunciata e più d'uno teme che una qualche proroga venga alla fine concessa. Giovanni Nardi

Persone citate: Giovanni Nardi

Luoghi citati: Egola, Pisa