«Sul sentiero dei mille draghi»

«Sul sentiero dei mille draghi» Una interessante mostra allestita alla Villa Manin di Passariano «Sul sentiero dei mille draghi» La rassegna testimonia i secolari legami di Trieste con le favolose Indie - Esposti, oltre a preziosi cimeli del XIV e XV secolo, porcellane, stampe popolari, dipinti su seta, legni intagliati e soprammobili UDINE — La mostra allestita dai civici musei di storia ed arte di Trieste alla villa Manin di Passariano ha un titolo suggestivo quanto il contenuto: mll sentiero dei mille draghi - viaggio nel mito dell'Estremo Oriente». Durerà fino al termine di ottobre. Al pianterreno della splendida costruzione palladiana, nove saloni testimoniano i secolari legami di Trieste con «te favolose Indie». «Un orizzonte utopico, spiega Laura Ruaro Loseri, direttrice dei musei triestini, nel quale per tanto tempo si confusero territori geografici differenti. Era il punto d'incontro della via della seta con le vie caro¬ vaniere: filtro di passaggio dei radi, sfuggenti e incompresi contatti con l'Oriente estremo». Nella prima sezione ci sono i ricordi dell'Oriente estremo, cosi come fu vagheggiato dagli antichi (da Erodoto a Dario I, Alessandro Magno e persino Giulio Cesare, fino a Odorico da Pordenone e Marco Polo) e i pezzi più preziosi e lontani nel tempo: fra questi, una scultura di Parvati (la dea madre unita a Siva; XIV-XV secolo) e la stele di un «illuminato» buddista (secoli VII-VIII dopo Cristo). Subito dopo, la mostra presenta un ambiente tipico cinese: una stanza nella stanza. In in- chiostro a colori su seta, giardini, palazzi, fiori, fanciulli, rocce, ci sono porcellane, vasi, piatti, ciotole con dragoni blu e decorazioni floreali anche stilizzate. Nel salone successivo, l'effetto — ottenuto anche con l'aiuto di un pannello divisorio in vetro e di un'opportuna interruzione della serie di opere appese alle pareti — è di sbirciare in un salotto arredato con suppellettili, mobili e vasi del tardo periodo Ch'ing (1800-1920). Qui le cineserie si confondono con gli esotismi: una campana della liturgia confuciana, una fiaschetta con l'ideogramma della longevità, ciotole con svastiche, pipistrelli e perle, piastrelle, zuppiere e tazze decorate «alla cinese» e «all'orientale», un rotolo con i disegni di 12 posizioni erotiche, una serie di oggetti acquistati in Cina dal 1880 al 1890 dai capitani del Lloyd (modellini di calzature, un catechismo buddistico, fiaccole, giornali, carte da gioco, fogli da bruciare in onore di divinità, madreperle istoriate, giocattoli). 'Nobiltà e ricchi sborsavano cifre enormi per le bizzarrie esotiche», racconta la dottoressa Luisa Crusvar, dell'organizzazione della mostra, «i gioiellieri incastonavano noci di cocco, uova di struzzo, conchiglie. Viaggiatori, marinai e mercanti memorizzavano gli scali nella rassicurante banalità dell'oggetto "tipico" o "pittoresco". Il salotto alla cinese o il fumoir alla turca costituivano i luoghi della fuga momentanea, della evasione privata, segreta, di una società tesa da contrasti sociali e trasformazioni». Nell'800, la penetrazione delle grandi potenze industriali assunse toni violenti: Pechino fu messa al sacco dall'esercito anglo-francese, i russi premevano a Nord, il Yuan Ming Yuan fu raso al suolo. Cosi, per sognare ci si rivolse ad altri miti: le isole del Giappone e il Tibet. A quei tempi sfuggente e misterioso, popolato di mostri, ibridi, dei terribili monaci inaccessibili, il Tibet aveva, come religione di Stato, il buddismo di matrice indiana: simbolo, il mandala, che, in sanscrito, significa cerchio. La quarta sezione della mostra apre con un mandala, tanto eccezionale quanto suggestivo, lavorato a inchiostro, colori e dorature, della prima metà del XIX secolo. Un margine circolare contiene un quadrato suddiviso in quattro triangoli confluenti verso il centro. Racconta cioè — secondo i dettami di quella religione — il percorso della conoscenza: dall'esterno del cosmo, fino al più profondo della nostra mente. Nella medesima sala, ceramiche, porcellane, legni intagliati, statuet¬ te, xilografie, stampe popolari che richiamano deità demoni e leggende giapponesi. La sezione successiva presenta un salotto — diffuso nell'800 — pieno di ninnoli, mobiletti, laccati, immagini di samurai, cartoline, ventagli e riproduzioni fotografiche di opere di pittori occidentali che s'ispiravano a motivi stereotipi giapponesi. Infine, due saloni dedicati a - il mito della grafica, gli esotismi, la donna e il guerriero». Dipinte su seta, ci sono cortigiane, fanciulle, concubine, attori, suonatrici di chitarra lunare; tante xilografie esaltano le gesta dei samurai. Al centro, un'armatura completa, spade e armi d'asta. Ornella Rota

Persone citate: Alessandro Magno, Laura Ruaro Loseri, Manin, Odorico, Ornella Rota, Yuan Ming Yuan