Handicappati protestano «Siamo un terzo mondo»
Handicappati protestano «Siamo un terzo mondo» Polemiche dopo la sentenza della Corte di Cassazione Handicappati protestano «Siamo un terzo mondo» DALLA REDAZIONE ROMANA ROMA — La sentenza con cui nei giorni scorsi la Corte di Cassazione ha affermato che i bambini gravemente handicappati possono essere esclusi dalle scuole normali, in quanto un loro inserimento indiscriminato violerebbe la Costituzione, continua a essere criticato da più parti. «Sono problemi che coinvolgono la stessa vita democratica e che andrebbero perciò affrontati e risolti in un rapporto di collaborazione e non a colpi di sentenze», ha commentato Lisa Muso, presidente del Coordinamento genitori democratici. • Ci sembrano molto gravi — ha aggiunto — le parti della sentenza che si richiamano alla inevitabile disfunzione che gli handicappati provocherebbero nel servizio scolastico e alla razionalità di eventuali strutture sociali. L'inserimento scolastico è una conquista della nostra società civile e contribuisce a respingere la morale utilitaristica che esclude dalla comunità i malati e i diversU. «La sentenza della Cassazione ha confermato che siamo senza aiuti — si lamenta Cecilia Cattaneo, madre di una handicappata e membro del comitato direttivo dell'Unione famiglie handicappati. •Nel resto d'Europa da più di trenta anni esistono numerose strutture in appoggio all'han¬ dicappato grave e alla famiglia che lo sostiene, strutture che noi chiediamo ormai da anni, e cioè salario minimo garantito, una vera assistenza domiciliare, personale specializzato, centri residenziali, case albergo, centri di appoggio. Tutti questi servisi potremmo averli tranquillamente anche in Italia se le scelte politiche, in questi ultimi anni, si fossero indirizzate verso questo settore, invece di trascurarlo e di fare di noi un terzo mondo-. Per le Associazioni cristiane lavoratori italiani (Acli) «non è possibile escludere anticipatamente qualcuno dal processo di apprendimento e socializzazione in classi normali. Infatti, solo durante l'azione formativa è possibile stabilire se la persona handicappata trae o meno vantaggi di crescita personale». La sentenza della Cassazione ripropone quindi, secondo le Acli, il problema dell'integrazione dei più deboli. Costituzione e leggi italiane — si legge in una nota — «affermano il principio del diritto all'istruzione per tutti e il dovere di adattare le strutture ai bisogni dei singoli alunni, e non viceversa. In questo quadro la sentenza può costituire oggettivo elemento di appoggio a coloro che si ergono invece a giudici per escludere anticipatamente chi può avere notevoli vantaggi a restare nel normale contesto educativo».
Persone citate: Cecilia Cattaneo, Lisa Muso
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