Che scenografo, quel modesto architetto

Che scenografo, quel modesto architetto UNA PIAZZA ROMANA RICOSTRUITA PER IL TEATRO DI BENEVENTO Che scenografo, quel modesto architetto BENEVENTO — SI può costruire una piazza, e di grande città, sul palcoscenico di un teatro? E' quanto è accaduto nei giorni scorsi nel Teatro Romano di Benevento, nel corso della seconda rassegna Città-Spettacolo diretta da Ugo Oregoretti. La piazza è quella di Sant'Ignazio a Roma, tra il Pantheon e Piazza Colonna, per fissare due punti di riferimento molto vistosi: o, se preferite tra il Collegio Romano e il Palazzo della Borsa. Se ci slete capitati, non potete certo averla dimenticata. Un incanto scenografico senza pari, tre ordini di palazzotti a tre plani, a doppio ordine di finestre, con porto ne ino in basso: uno al centro a far da perno visivo, gli altri ai fianchi, come di rincalzo, o ai lati, di quinta, quasi sghembi. Il tutto sotto una uniforme patina di rosso sfumante. La prima volta che si mette piede in quell'emiciclo mirabilmente armonioso, si pensa d'istinto: «Ma perché qui non hanno mai recitato Goldo¬ ni, Beaumarchais, Marivaux? Perché non hanno mai allestito un "Don Giovanni"?: Lo stesso ragionamento, o giù di 11, devono aver fatto Oregoretti e i suoi collaboratori. La loro è una Piazza Sant'Ignazio in vetro-resina. L'ha «messa in pianta» lo scenografo Gianfranco Padovani, è stata montata, pezzo per pezzo, in tre, quattro giorni. L'intenzione, è quella di fare delle sue serpeggianti sinuosità tardobarocche una sorta di scena permanente per le prossime edizioni della russe gna teatrale beneventana. Ma perché una piazza di Roma ricostruita a Benevento? Perché chi la progettò era un architetto napoletano, Filippo Raguzzini, che tuttavia a Benevento aveva fatto adeguato soggiorno. Nato a Napoli intorno al 1680 da una famiglia di mastri dei marmo, Raguzzini, dopo aver lavorato nel capoluogo del Sanino, passò a Roma al seguito del cardinal Vincenzo Maria Orsini, che sarebbe diventato papa col nome di Benedetto XIII. Lui e gli altri architetti I del clan dell'Orsini erano chiamati spregiativamente «i beneventani» dai romani, gelosi dei loro privilegi. Il Raguzzini, addirittura, si beccò 11 soprannome de' «lo Stroppiamuri» per certi lavori di riattamento impostigli dal pontefice. E neppure quando nel 1728, ideò, secondo espresso desiderio di papa Benedetto, una piazza «a guisa di fabbrica teatrale», ed era quel gioiello di Piazza Sant'Ignazio, neppure allora andò immune dalle critiche dei contemporanei: «r/n insieme di ridicole cose a foggia di canterini», sentenziò, col peso di tutta la sua autorità, France sco Milizia, probabilmente of- feso nel proprio gusto aulico da quell'ambiente raccolto- Non sono uno storico dell'arte, e non saprei ribattere al Milizia né al nostro altrettanto autorevole contemporaneo Giulio Carlo Argan, che nel '72 definì il Raguzzini «un modesto architetto di provincia-. Posso solo dire, da spettatore di professione, che po- I chi ambienti architettonici suggeriscono tante possibili messinscena come questo. Del resto, a Benevento, l'aver rimontato questa piazza non è fine a se stesso: è uno dei momenti della riappropriazione culturale di questa città da parte dei suoi abitanti, n direttore del Museo del Sannio, Elio Glasso, ha disseminato il centro di decine di edicole che documentano, con immagini assai gustose, la vi ta beneventana tra Sei e Settecento. I giovani che uscivano dalla rassegna «H cinema e la storia» a cura di Ugo Buzzolan o dall'applauditissimo | concerto jazz di Giorgio Ga! slini, li leggevano e commen ' tavano, a crocchio, scoprendo e e n - con divertimento gli arcigni divieti sulla balneazione promiscua dei loro antenati o il costo di un viaggio in carrozza, a tappe forzate, da Roma alla loro citta, due secoli or sono. Anche questo, in fondo, è un modo di prendere coscienza della propria storia. Guido Davico Bonino

Persone citate: Benedetto Xiii, Carlo Argan, Elio Glasso, Filippo Raguzzini, Gianfranco Padovani, Guido Davico Bonino, Marivaux, Orsini, Ugo Buzzolan, Vincenzo Maria Orsini